In Bolivia la destra golpista torna a bloccare il Paese

nov 4, 2022 0 comments


Di Valeria Casolaro

La provincia di Santa Cruz, in Bolivia, si avvia oggi verso il quattordicesimo giorno di sciopero a tempo indeterminato: i cittadini hanno infatti iniziato una protesta contro la decisione del governo di Luis Arce di far slittare al 2024 il censimento, mentre la popolazione esige la sua realizzazione nel 2023. La questione è molto più politica di quanto potrebbe apparire: dalla realizzazione del censimento potrebbe derivare un aumento dei seggi assegnati in Parlamento per i rappresentanti del territorio in questione. Il più ricco della Bolivia e quello dove è più forte “Creemos”, il partito di destra e filoamericano guidato dal governatore Luis Fernando Camacho, uomo d’affari espressione degli interessi del capitalismo agricolo ed estrattivo nazionale, già tra i fautori del “golpe morbido” con il quale nel 2019 venne esautorato il governo guidato dal “Movimento al Socialismo” di Evo Morales, poi tornato al potere vincendo le elezioni del 2020.

Se il censimento verrà realizzato nel 2023, i risultati potranno incidere sulla distribuzione dei seggi per le elezioni del 2025, con l’aggiunta di un piccolo numero di deputati in Parlamento. A scatenare la protesta è stato il Comitato Civico della provincia di Santa Cruz al quale si sono aggiunti ora Comitati in tutti e 9 i Distretti della Bolivia, che minacciano uno sciopero nazionale a partire da lunedì 7 novembre se le richieste dei cittadini di Santa Cruz non saranno accolte. Nel frattempo, il governo ha organizzato per la giornata di oggi una riunione tecnica per cercare di trovare una soluzione al problema.

Lo sciopero indefinito è stato indetto a partire da sabato 23 ottobre dallo stesso governatore del dipartimento di Santa Cruz, Luis Fernando Camacho dopo un incontro al quale erano presenti anche rappresentati del governo ed esponenti del Comitato per il Censimento. La richiesta avanzata al governo boliviano (e respinta) era di anticipare il censimento al 2023 e che i risultati fossero disponibili entro 180 giorni dalla fine delle operazioni. In risposta, il governo ha suggerito di “ipotizzare un decreto supremo nuovo o complementare che non stabilisca la data di realizzazione del censimento”, in seguito alla quale Camacho e la maggior parte dei rappresentanti del Comitato hanno abbandonato l’incontro. Le ragioni addotte dal governo per posticipare il censimento al 2024 sono di varia natura, dalla pandemia alla volontà di privare di caratterizzazione politica il procedimento. «Il popolo boliviano esige che il censimento sia eseguito nel 2023» ha dichiarato nella giornata di ieri il secondo vicepresidente del Comitato Civico di Santa Cruz, «il governo deve spiegare perché non è stato fatto quest’anno e perché nel 2024, quando, teoricamente, disponeva di sufficiente anticipo per realizzarlo questo novembre quasi al 100%».

Lo sciopero di Santa Cruz, motore economico della Bolivia, sta causando la paralisi economica dell’intera regione. Per arginare in parte il problema, il governo boliviano ha adottato varie misure, tra le quali lo stop alle esportazioni di carne di manzo, olio, zucchero e derivati della soia (prodotti per la maggior parte a Santa Cruz) per garantire il rifornimento del mercato interno. Molti dei principali servizi sono stati interdetti: gruppi di sostenitori del governo, nel tentativo di interrompere le proteste, hanno infatti bloccato tutte le strade che collegano la città con il resto del Paese, impedendo il passaggio di cibo, veicoli e persone, mentre un gruppo di persone ha circondato la discarica della città impedendone l’accesso (poi liberato) ai camion per diversi giorni e causando l’accumularsi di oltre 12 mila tonnellate di rifiuti. Paralizzato anche il traffico cittadino, dal momento che alla protesta si sono aggiunti anche diversi conduttori del servizio di mobilità pubblica e che è impossibile rifornire le stazioni di servizio di carburante.

Oltre ai disagi all’economia, la questione ha portato anche a scontri diretti tra i sostenitori del governo e i gruppi di opposizione, nel corso dei quali vi sono stati lanci di pietre e petardi e che hanno causato la morte di almeno una persona, oltre a diversi feriti. Domenica 29 ottobre alcuni manifestanti, appartenenti alla Unión Juvenil Cruceñista (UJC), vicina alla politica di opposizione di Camacho, hanno cercato di occupare l’impianto di stoccaggio di Palmasola della compagnia pubblica Giacimenti Petroliferi Fiscali Boliviani (YPFB). L’iniziativa ha dato il via a violenti scontri tra manifestanti e poliziotti e cittadini intervenuti per «proteggere gli impianti» dalla «gente di Camacho», considerata «malvivente e malvagia» e «venuta per aggredire». La polizia ha riferito di aver fatto uso di «agenti chimici» per disperdere i manifestanti. La zona è stata liberata solo nella serata di giovedì 3 novembre, anche grazie all’intervento di alcuni abitanti della zona che sono intervenuti per rimuovere i detriti che ostruivano l’ingresso all’impianto e permettere il passaggio dei camion cisterna che da una settimana attendevano al di fuori dello stabilimento di potervi accedere.

Nella giornata di ieri il ministro per la Pianificazione dello Sviluppo boliviano, Sergio Cusicanqui, ha indetto una riunione tecnica per la giornata di oggi 4 novembre, alla quale sono stati invitati governatori, sindaci, associazioni municipali, rettori delle università pubbliche, rappresentanti delle comunità indigene e contadine e organismi internazionali, tra i quali le Nazioni Unite. Il compito della commissione tecnica sarà quello di stabilire la data migliore nella quale realizzare il censimento per poter così “dare certezza alle famiglie boliviane, in particolare a quelle di Santa Cruz”.

Nel frattempo, i Comitati Civici boliviani di ciascuno dei 9 Dipartimenti esistenti avvertono che a meno che non sia stabilito l’inizio del censimento nel 2023, lo sciopero assumerà carattere nazionale. Il governo “dispone di 72 ore” per abrogare il decreto 4760, con il quale il procedimento era stato fatto slittare al 2024. Il governo di Luis Arce, hanno scritto in un comunicato, “ha permesso lo scoppio della violenza contro il popolo del Dipartimento di Santa Cruz permettendo a gruppi che compongono il partito di governo del Movimento per il Socialismo (MAS) di realizzare un blocco genocidi intorno alla capitale” della regione, privandola così “di alimenti, energia e promuovendo la violenza fisica e psicologica contro la sua popolazione; solo per esigere attraverso uno sciopero, mezzo di protesta pacifico, il legittimo diritto del popolo di Bolivia a disporre di un censimento aggiornato e opportunamente realizzato”.

#CABILDEODIGITAL #LOÚLTIMO #LOIMPORTANTE
¡PARO CÍVICO NACIONAL! EL GOBIERNO TIENE 72 HORAS
BOLIVIA ENTRA EN ESTADO DE EMERGENCIA HTTPS://T.CO/KP7PVXUQZD PIC.TWITTER.COM/L7EHGL2LMP

— CABILDEO DIGITAL (@CABILDEODIGITAL) NOVEMBER 3, 2022

FONTE: https://www.lindipendente.online/2022/11/04/in-bolivia-la-destra-golpista-torna-a-bloccare-il-paese/

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