La crisi dell’acqua e il rischio delle migrazioni di massa: l’ombra di una nuova crisi

ago 21, 2023 0 comments


Guerre, fame, persecuzioni e tra poco l’acqua. I motivi che da decenni, se non secoli, causano i flussi migratori sono sempre rimasti gli stessi. In futuro, però, le cose sono destinate a cambiare: la mancanza di acqua potabile, il prosciugamento delle falde acquifere e dunque la cessazione di qualunque attività agricola o industriale che potrebbe sostenere un’economia, anche piccola, locale, sono le minacce che preoccupano maggiormente.

Quando manca l’acqua

La parola chiave è water stress – stress idrico – che, come spiegato dal World Resources Institute (Wri), è un termine che indica il rapporto tra la domanda di acqua rispetto all’acqua rinnovabile effettivamente disponibile. Più questo dato è alto, più è alto lo “stress” e dunque più ci si avvicina a un rapporto critico.

Uno dei motivi principali per l’aumento dello stress idrico è la crescita della popolazione, che ovviamente aumenta il bisogno d’acqua. Questo si unisce a un altro fattore, altrettanto importante: l’innalzamento delle temperature a livello globale, per via del cambiamento climatico, che in futuro potrebbe causare l’aumento delle aree aride, prolungati periodi di siccità e quindi una difficoltà maggiore nel reperire facilmente acqua.

I livelli di rischio

I livelli di rischio individuati dal Wri vanno dall’arido, cioè zone in cui non c’è acqua e non ne viene consumata, al “molto alto“, ovvero dove viene consumata più dell’80% dell’acqua rinnovabile disponibile all’anno. Le aree ricadenti in questa categoria sarebbero le prime a subire gli effetti dei fattori prima elencati.

Secondo i dati dell’Aqueduct Water Risk Atlas del Wri, pubblicato lo scorso 16 agosto, un quarto della popolazione mondiale, distribuita su 25 Paesi, viene esposta annualmente ad altissimi rischi di water stress. I tassi di rischio cambiano naturalmente durante l’anno, a seconda delle stagioni. Sempre secondo il report del Wri, infatti, almeno metà della popolazione mondiale, circa 4 miliardi di persone, viene esposta almeno un mese all’anno a questo rischio. Questo dato è destinato a crescere, con i dati che prevedono un aumento al 60% della popolazione nel 2050.

L’analisi del Wri tiene conto solamente delle acque in superficie, ovvero laghi, fiumi e riserve che si accumulano facilmente grazie alle precipitazioni. Le acque sotterranee, invece, sono più difficili da misurare, ma anche più lente nel rigenerarsi. Il problema sta proprio in questa ultima caratteristica, come riporta il Washington Post, Samantha Kuzma, a capo dell’Aqueduct Water Risk Atlas, spiega come la mancanza di dati su questo tipo di riserve d’acqua sia pericoloso: “Non riusciamo ad identificare quando quest’acqua rischia di finire”.

Attualmente, solo lo 0,5% dell’acqua presente sul pianeta è disponibile in forma liquida e potabile. Il restante si trova negli oceani, nell’atmosfera e nei ghiacci. Quindi, non riuscire a prevedere quanto una fonte d’acqua sotterranea riesca a essere sfruttata, in modo tale da non esaurirla, pone un rischio da tenere presente nella pianificazione di una risposta adeguata a una crisi simile.

Fonte: World Resources Institute

I flussi migratori

La crisi dell’acqua preoccupa. La possibile mancanza di una risorsa vitale come questa avrebbe effetti devastanti sulle popolazioni colpite, a partire dall’acqua potabile. Da qui, l’agricoltura, l’industria e l’economia subirebbero un arresto almeno parziale, se non totale. A seconda del livello di stress idrico.

A seconda dello scenario analizzato, ottimista, realista o pessimista, si possono prevedere i flussi migratori che potrebbero verificarsi in futuro. Come spiegato sempre dal Washington Post, molte zone rurali attingono da fonti d’acqua sotterranee, non sapendo quante queste possano durare, è molto probabile che inizialmente si verifichi una migrazione verso centri urbani più grandi, vicini a fonti d’acqua superficiali. Ma da qui, nel peggiore degli scenari, la necessità di abbandonare del tutto quella regione o addirittura quel Paese, è dietro l’angolo.

I Paesi più colpiti

Tra le aree più colpite attualmente dallo stress idrico sono la Turchia, il Libano, la Siria, l’Iran e l’Afghanistan, oltre che parti della Tunisia e del Marocco. La zona maggiormente interessata e anche più popolata è il sud-est asiatico, con l’India tra i Paesi principali che stanno già vivendo la crisi dell’acqua. La vasta penisola asiatica ospita attualmente 1,4 miliardi di persone. Una migrazione in cerca d’acqua, anche solo tra vent’anni, sarebbe praticamente impossibile da sostenere.

La diga di Chiba, in Tunisia, 1° aprile 2023. EPA/MOHAMED MESSARA

Il problema è anche il divario economico tra i vari Paesi maggiormente esposti al rischio di stress idrico. L’Italia, o la Spagna, ma anche alcuni Stati americani, fra cui l’Idaho, il Colorado, la California, l’Arizona, il Nebraska e il Nuovo Messico hanno a disposizioni risorse economiche che possono essere utilizzate per investire in piani di emergenza e di gestione delle risorse idriche. Possibilità che Paesi come il Libano o l’Afghanistan, economicamente in ginocchio, non hanno.

Un flusso incontrollato delle migrazioni, pensando anche ad un aumento della popolazione mondiale nel futuro, potrebbe causare una vera e propria guerra dell’acqua, ipotesi perlopiù già portata avanti da anni da diversi esperti del settore.

FONTE: https://it.insideover.com/ambiente/la-crisi-dellacqua-e-il-rischio-delle-migrazioni-di-massa-lombra-di-una-nuova-crisi.html

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