America Latina, attivisti sotto tiro

mar 7, 2012 0 comments
Di Caterina Amicucci
La finca San Francisco è un enorme latifondo nella regione guatemalteca del Quichè, un territorio indigeno abitato dai maya ixiles. La famiglia Broll vi si insediò alla fine dell'800 sottraendo quasi mille ettari alle comunità locali. Da allora la finca ha continuato a espandersi, rubando terra alle autorità indigene e ai contadini. Oggi si estende su migliaia di ettari e produce caffè, principalmente per la catena Starbucks. 
Nei mesi scorsi la comunità campesina di El Regadio si è sollevata, riappropriandosi della sua terra con l'aiuto del Cuc, il Comitato di Unità Contadina che è membro attivo di La Via Campesina, la rete mondiale dei movimenti contadini. Tuttavia Don Felipe, il leader della lotta di El Regadio, è stato arrestato, mentre Riccardo Busquez, un cittadino spagnolo responsabile della comunicazione del Cuc, è stato accusato pubblicamente dal viceministro della Giustizia guatemalteco di aver fomentato la rivolta e di essere un narcotrafficante. 
Cinquemila chilometri più a sud, in Cile, la regione dell'Aysen è in rivolta. Da dieci giorni un movimento sociale composto da pescatori, sindacalisti, studenti e autotrasportatori ha paralizzato porti, aeroporti e strade. Si tratta della Patagonia cilena, dove abitano poco più di 100mila persone. A causa del suo isolamento geografico i servizi educativi e sanitari sono scarsi e i prezzi dei combustibili e dei generi di prima necessità sono il 50% più alti rispetto al resto del paese.
Il «Movimento sociale per l'Aysen» pretende dal governo centrale nuove politiche di welfare: l'aumento dei salari minimi e delle pensioni, un nuovo ospedale, il miglioramento dei servizi educativi, sussidi per i combustibili e per l'acquisto di legname, indispensabile per far fronte al clima rigido e alle lunghe distanze da percorrere per il trasporto delle merci. Il governo di Pinera, al momento, sembra ignorare le richieste del movimento e nei giorni scorsi ha risposto con cariche e arresti alle proteste pacifiche dei cittadini. Mentre il ministro della Salute Jaime Manalich ha dichiarato pubblicamente che «uno dei dirigenti del movimento, Patricio Segura, è finanziato dalla campagna Patagonia Sin Represas», Patagonia senza dighe, indicandolo come il responsabile delle manifestazioni dei giorni passati ed aggiungendo «che è un'ovvietà assoluta e indiscutibile che ci sia un piano di Patagonia Sin Represas finanziato da attori nazionali e internazionali per radicalizzare questo movimento». Patricio è un giornalista indipendente, attivista della campagna contro il progetto Hydroaisèn, che prevede la costruzione di cinque dighe sui fiumi Pascua e Baker. Il ministro forse ha dimenticato che, dagli ultimi sondaggi, l'80 per cento della popolazione dell'Aysen è contro il megaprogetto idroelettrico.
Queste due storie che ci arrivano dall'America Latina non hanno in comune solo la strategia di criminalizzazione di attivisti e militanti impegnati nella comunicazione sociale e nell'informazione indipendente. C'è un altro dettaglio comune. In Guatemala l'Enel sta completando la costruzione dell'impianto idroelettrico Palo Viejo, proprio dentro la finca San Francisco. Le comunità indigene si battono da cinque anni contro la realizzazione dell'opera, per vedere riconosciuti i loro diritti ancestrali sul territorio e il loro diritto ad essere consultati - questa rubrica ne ha ampiamente riferito. 
Il progetto HydroAisèn ha come socio maggioritario Endesa, la società elettrica spagnola, oggi di proprietà dell'Enel. In fondo se al governo cileno di Sebastian Pinera e a quello guatemalteco di Otto Peres Molina, (un ex-militare) non dovesse bastare guardare al passato dei loro rispettivi paesi, possono sempre gettare un occhio a quello che succede in Val di Susa.


Da il Manifesto

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