Il Bau Bau di Obama ai signori del rating

feb 6, 2013 0 comments
IL BAU BAU DI OBAMA AI SIGNORI DEL RATING

Di Paolo Gila

Il colpo battuto è roboante, ma potrebbe non avere proiettile in canna. E risultare così una pistolettata a salve. Insomma si abbaia per agitare le acque. Ma non si morde più di tanto. Letto nella sua struttura filigranata, la mossa dell'amministrazione Obama di intentare causa alla società di rating Standard & Poor's per aver "gonfiato" i giudizi sulle obbligazioni legate ai mutui sub-prime appare come uno spauracchio gigantesco. Tralasciando tutti i particolari (che sono già stati ampiamente pubblicati sui giornali) e detto in soldoni, l'accusa del Dipartimento di Giustizia al colosso del rating è di avere promosso la vendita di titoli spazzatura. Ok, ma quella spazzatura chi l'ha confezionata? Chi ha trasformato, con la cartolarizzazione, i mutui sub-prime a rischio in obbligazioni strutturate dal massimo giudizio?


I vertici della Lehamn Brothers e delle altre banche d'affari che hanno costituito la filiera produttiva dei titoli tossici non hanno precise responsabilità? Qualche lingua maliziosa negli Stati Uniti ha già cominciato a sottolineare che la decisione del Dipartimento di Giustizia di fare causa a Standard & Poor's - e per il momento solo a Standard & Poor's - sia la reazione tanto al downgrade degli Stati Uniti che la società di rating avrebbe operato il 5 agosto del 2011 quanto all'appoggio dato dai dirigenti del gruppo Mc Graw Hill, di cui Standard & Poor's fa parte, al candidato repubblicano Mitt Romney, avversario di Obama alla corsa presidenziale. Anche senza pensare a ripicche, che francamente appaiono del tutto inutili in questo frangente, le debolezze dell'impostazione sono altre:

1) la richiesta di un risarcimento danni per 5 miliardi di dollari è legata alla procedura civile e senza ammissione di colpa da parte dei vertici di Standard & Poor's - o di una loro comprovata colpevolezza - è una domanda che potrebbe cadere nel vuoto;

2) perché nella causa non sono state coinvolte anche le altre società di rating, Moody's e Fitch, che pure avevano partecipato nel 2007 all'indoramento della pillola sub-prime agli ignari risparmiatori?

3) come è stata valutata la somma dei 5 miliardi di dollari e a chi deve essere corrisposta, visto che il Fondo Monetario Internazionale aveva stimato in oltre 30 miliardi di dollari il danno procurato dai sub-prime al sistema finanziario?

Queste non sono questioni di poco conto, di fronte alle quali i legali di Standard & Poor's stanno lavorando per controbattere ogni accusa. Sappiamo già quale potrebbe essere l'impalcatura delle risposte e cioè che:

1) il rating è un'opinione e come tale garantita dalla Costituzione degli Stati Uniti;

2) che la società di rating Standard & Poor's ha agito nel rispetto della legge e dei regolamenti, e via discorrendo.

Di fronte a questo scenario, altamente conflittuale e non privo di debolezze da entrambe le parti, è probabile che la vertenza sia lunga e dispendiosa. E che serva al momento per altri scopi, di natura politica. Negli Stati Uniti esiste una legge, la Dodd-Franck, che è stata approvata per introdurre criteri di trasparenza e di correttezza per tutti gli operatori. Peccato che non sia stata ancora tradotta in norme operative, che mancano del tutto. E così l'attività del rating è lasciata ancora oggi ad una larga discrezionalità. Questo è il vero punto da attaccare: togliere discrezionalità a coloro che emettono giudizi. Finché non viene standardizzato un criterio di valutazione condiviso dagli operatori - come del resto si fa per ogni altro indicatore che viene certificato - il rating sarà sempre soggetto a influenze extra-metodologiche, restando di fatto un'opinione, pari alla sentenza di un mago. All'università di economia di New York esiste un dipartimento di dedicato che studia gli indicatori del rischio e della solvibilità: perché non affidare a questi esperti la supervisione dei metodi adottati dalle società di rating?

L'amministrazione Obama potrebbe lavorare per togliere opacità al mercato finanziario, come del resto chiede da tempo l'Europa, che nella scorsa estate si è pronunciata più volte sul problema e che ha visto diverse prese di posizione da parte dello stesso governatore della Banca Centrale Mario Draghi. Perché prendersela dopo 7 anni con una sola società di rating e non puntare invece dritto al cuore della questione, che è quella di sapere come si giudicano le società e gli stati?


Fonte:http://www.cadoinpiedi.it/2013/02/06/il_bau_bau_di_obama_ai_signori_del_rating.html#anchor

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