Il grigiocrate Mario Monti. Biografia non autorizzata…

giu 24, 2012 0 comments
Di Giorgio Ballario
Pare strano per un milanese “doc”, ma tutto iniziò a Torino. PiĂą di quarant’anni fa. La parabola del professor Mario Monti, da giovane e promettente docente di Economia a presidente del Consiglio di un’Italia commissariata e messa in svendita dalla finanza internazionale, prende infatti le mosse dall’arrivo del ventisettenne economista alla facoltĂ  universitaria subalpina. Monti viene invitato dal suo “mentore” Onorato Castellino, che successivamente sarebbe diventato preside di Economia e Commercio e presidente della Compagnia di San Paolo, la potentissima fondazione dell’omonimo istituto bancario. E fin dall’inizio giĂ  si scorge una delle costanti della vita professionale del “nostro”: la cooptazione. Uno strumento tipico delle Ă©lite di cui il professore ha sempre usufruito in prima persona e che, a sua volta, ha usato per tessere intorno a sĂ© una fitta rete di rapporti umani e professionali.
Nella Torino ancora “One Company Town” dei primissimi Anni Settanta, grigia e operaia, agitata dagli ultimi riflessi dell’Autunno Caldo e scossa dai primi vagiti del terrorismo rosso, il futuro premier si trova benissimo. Non al punto, però, di trasferirsi in pianta stabile: sull’asse Milano-Torino viaggia sobriamente in treno, in settimana trascorre le sue giornate dividendosi tra le aule universitarie e lo studio del professor Onorato, a due passi dalla facoltĂ  di Economia, e va a dormire (presto, si suppone) nel centralissimo Hotel Patria, un albergo di buon livello ma tutt’altro che lussuoso. Monti, insomma, è giĂ  un uomo in grigio. Ma non ancora un “grigiocrate”, per usare l’azzeccato neologismo coniato da Augusto Grandi, Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano, gli autori appunto del volume Il grigiocrate (edizioni FuoriOnda), biografia non autorizzata di Mario Monti, con la prefazione di Piero Sansonetti.
Ci metterĂ  un bel po’ a diventare da “grigio” a “grigiocrate”, ma intanto nel corso dell’esperienza torinese Monti entra in contatto (e in amicizia) con il gotha degli accademici subalpini, personaggi che poi ritroverĂ  nel suo iter professionale: Franco Reviglio, Giovanni Zanetti, Mario Deaglio e la moglie di quest’ultimo, Elsa Fornero, che gli studenti avevano soprannominato “Elsa la belva”. Ora anche gli italiani hanno capito il perchĂ©.
Via elencando, gli autori ripercorrono la lunga e proficua carriera di Mario Monti, decollata nel 1988 con la nomina nel CdA Fiat: «La presenza di Monti nei consigli d’amministrazione del gruppo torinese – scrivono Grandi, Lazzeri e Marcigliano – coincide anche (nel senso che è una coincidenza) con l’epoca delle tangenti pagate dalla Fiat ai politici. (…) Ma il problema è un altro. Monti sapeva? Davvero poteva non sapere? Consigliere silente e pure non vedente? (…) . D’altronde le vicende del professore nostro si sono spesso incrociate con quelle di Giuliano Amato (un altro della scuola torinese, ndr), il cosiddetto “dottor sottile”. Così sottile, così acuto che, pur essendo stabilmente ai vertici del Psi, non si era mai accorto di quanto gli stava succedendo intorno. SarĂ  per questo che, prima Amato e poi Monti, non si sono accorti dei danni che le loro rispettive  politiche economiche  provocavano all’Italia? E, ovviamente, neppure si sono accorti dei vantaggi assicurati da entrambi  alla speculazione internazionale. Pure coincidenze operative».
Il volume scritto dal trio per l’editore toscano FuoriOnda ha piĂą di un pregio: in primo luogo lo stile rapido, incisivo, giornalistico nel senso migliore del termine. Cita le fonti, fa nomi e cognomi, scava nel passato del Professore e soprattutto va a curiosare dietro le quinte. Ma c’è un’altra qualitĂ  da sottolineare: Il grigiocrate è un libro coraggioso, perchĂ© ha rotto il muro d’omertĂ  che da novembre a oggi ha contraddistinto la saggistica e l’informazione giornalistica su tutto ciò che circonda il premier Monti. Lo spettacolo, diciamo la veritĂ , non è stato edificante. SarĂ  anche una conseguenza dell’orgia (in tutti i sensi) berlusconiana, ma a partire dagli iniziali soffietti sulla sobrietĂ  dell’professore in loden è stato tutto un crescendo di lodi sperticate all’uomo della Provvidenza bancaria. Un’informazione dopata, ricca soprattutto di censure, omissioni, edulcorazioni, infingimenti, riguardi, squilli di tromba e lingue felpate che ha dimostrato una volta di piĂą la lontananza della casta giornalistica dal mondo reale e dagli umori dei lettori.
E se persino sui giornali italiani è capitato di leggere qualche accenno agli scheletri nell’armadio di Monti – dagli incarichi alla Goldman Sachs ai ruoli dirigenziali delle note organizzazioni mondialiste Trilateral e Bilderberg Club, fino al compito non troppo chiaro ricoperto per l’agenzia di rating americana Moody’s – è solo perchĂ© la vera controinformazione è circolata in Rete: sui blog, sui social network, su decine e decine di siti indipendenti. E lì ci si rende conto fin da subito quali sono le opinioni che prevalgono, fra la gente: basti dire che digitando le parole “Mario” e “Monti” su Google, la prima parola automaticamente associata dal motore di ricerca al nome del premier è “massone”…
“Il grigiocrate” ripercorre anche i primi mesi del governo Monti e sposa apertamente la tesi, che di recente sta trovando sempre piĂą adepti, secondo la quale il Professore non sarebbe affatto stato chiamato per salvare un’Italia ormai sull’orlo del baratro, bensì per affondarla definitivamente; salvaguardando però gli interessi di quelle stesse Ă©lite da cui proviene e che ha sempre servito nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera di tecnocrate. Nel capitolo intitolato «L’obiettivo non è il rilancio dell’Italia», Grandi, Lazzeri e Marcigliano lo scrivono con chiarezza: «Non a caso, appena insediato Monti, è cominciata la corsa ad accaparrarsi parti pregiate di Finmeccanica, 70 mila dipendenti, rispettati nel mondo. Tutela dell’italianitĂ  di aziende strategiche? Neanche a parlarne. Ce lo chiede l’Europa. In realtĂ  ce lo chiede la Francia, che alle aziende strategiche altrui è sempre stata interessata. (…) Ovviamente  è vietato ricordare che Sarkozy aveva fatto ricorso a Mario Monti per la commissione Attali, che avrebbe dovuto rilanciare l’economia transalpina. Forse il rilancio francese passa attraverso Finmeccanica».
E via con gli altri esempi, che riproducono vent’anni dopo gli scenari emersi dal famoso vertice del 2 giugno 1992 sullo yacht Britannia, quando una folta schiera di manager ed economisti italiani decise, in compagnia dei banchieri inglesi, l’avvio delle privatizzazioni in Italia. Che, com’è noto, furono il piĂą grande saccheggio di beni pubblici della storia repubblicana; avvenuto, proprio come capita adesso, in occasione di un forte “vuoto” della politica.
Ma il volume di Grandi, Lazzeri e Marcigliano ha anche un sottotitolo interessante: «Nell’era dei mediocri». E in questo caso non ci si riferisce certo al professor Monti nĂ© ai suoi collaboratori di governo. I mediocri, grazie ai quali rischia di riuscire alla perfezione l’opera di smantellamento dello Stato sociale, dell’industria strategica nazionale e in definitiva della vendita a mo’ di spezzatino dei pezzi pregiati del patrimonio italiano, sono in primo luogo i politici. Tutti, dal Pd al Pdl, passando per la Lega, Di Pietro e Vendola: prima con la loro incapacitĂ  gestionale e poi con il vile obiettivo di rimanere a galla come un tappo di sughero, sono stati loro, infatti, a spalancare le porte del governo all’uomo dei banchieri. E mediocri si sono dimostrati i giornalisti che di Monti e dei suoi tecnocrati offrono un ritratto agiografico, gli intellettuali che reggono loro bordone e in generale un po’ tutti gli italiani, che si fanno andar bene un governo salito al potere con metodi discutibili e che, come minimo, dimostra di non voler tutelare gli interessi della nazione nĂ© dei suoi cittadini.
Naturalmente un libro come Il grigiocrate non può trovar spazio sulla grande stampa nazionale, che infatti finora l’ha ignorato. Paradossalmente il pamphlet è piaciuto di piĂą a destra: Il Giornale ha scritto un articolo positivo, Libero l’ha citato in un fondo del direttore Belpietro, il Secolo d’Italia vi ha dedicato una pagina, ne hanno parlato diffusamente La Padania e il quotidiano online L’Occidentale, recensioni sono apparse su molti siti internet, blog e pagine di Facebook e Twitter e alcuni giornali locali. Silenzio invece da parte delle testate antigovernative dell’area di centrosinistra. E anche dai partiti ufficialmente critici con l’esecutivo Monti come Idv, Sel, Rifondazione comunista. Ambienti politici che si sono scagliati contro i tecnocrati legati all’alta finanza, contro i professori che usurpano il primato della politica, contro la sospensione della democrazia, il golpe bianco etc etc. Ma sul libro di Grandi, Lazzeri e Marcigliano hanno contribuito a calare una cortina di silenzio.

Fonte:Fondo Magazine

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