Così l'Isis sta costruendo uno Stato: soviet, leggi e manuali per impiegati pubblici. L'esclusiva del Guardian

dic 7, 2015 0 comments
Di Laura Eduati
"John Kerry li ha bollati come mostri psicopatici. François Hollande li chiama barbari, Cameron li descrive come una setta della morte. Ma lo Stato Islamico è molto più di tutto questo".
Così esordisce uno scoop del quotidiano britannico "The Guardian" che è riuscito a esaminare oltre 300 documenti dell'Isis sulla costruzione di un apparato statale a cavallo tra l'Iraq e la Siria con tanto di province, ministeri per l'economia, l'agricoltura, la salute e l'educazione, regolamentazioni burocratiche anche bizzarre (come il divieto di giocare a biliardo e di allevare piccioni sul tetto) e l'obiettivo di arrivare all'autarchia politica e soprattutto economica.
Un progetto che gli esperti definiscono "sovietico" o maoista in quanto immagina di controllare a livello statale la produzione di greggio, ma che lascia comunque la libertà di impresa individuale. Uno Stato che il sedicente califfo Al-Baghdadi vuole materializzare sulle rive del Tigri e dell'Eufrate "con uno stile di vita islamico, una costituzione coranica e un sistema che funzioni" grazie all'addestramento "della generazione odierna" che deve essere in grado di "amministrare".
Il documento centrale, pubblicato in esclusiva dal Guardian, è un manuale di 24 pagine a uso interno dal titolo "Principi per l'amministrazione dello Stato islamico" compilato da Abu Abdullah al Masri, un nome che agli studiosi del Daesh ricorda il presidente dell'autorità per l'erogazione dell'energia elettrica a Raqqa, la roccaforte dell'Isis.
Il manuale rivela l'esistenza di numerose categorie di impiegati pubblici e funzionari che già si richiamano allo Stato islamico : si tratta di esperti di statistica, finanza, burocrazia e contabilità. A questi l'Isis vuole aggiungere nuovi dipartimenti incaricati di sovrintendere l'esercito,i servizi pubblici, l'istruzione e la propaganda: proprio in relazione ai media, il libello tratteggia la necessità di creare una agenzia di stampa centralizzata, supportata da agenzie minori nelle periferie.
Ma è l'arte della guerra a rimanere centrale e per questo il burocrate dettaglia come verranno impiegati i soldati del Califfo, suddivisi in tre gruppi: la leva militare per coloro che non hanno mai combattuto, i campi di addestramento e aggiornamento dei veterani che per due settimane l'anno dovranno tornare in caserma per conoscere le ultime novità belliche, e infine i campi per bambini. Una realtà, quest'ultima, purtroppo già conosciuta.
Il testo si focalizza inoltre sull'importanza fondamentale delle risorse naturali dello Stato Islamico, quelle che devono permettere al nuovo Califfato di esistere. Speciali comitati dovranno ideare e amministrare "i progetti di produzione" - una sorta disoviet con piani economici a lunga scadenza, insomma -, ma i sudditi del Daesh potranno comunque investire nell'impresa e nel commercio in tutte le aree, tranne quella dell'estrazione del gas e del petrolio.
Tuttavia il "core business" del regime sarà l'istruzione: "Il mattone sul quale sarà costruita la società dello Stato islamico". Lo scopo, sempre riportato dal manuale citato dal Guardian, è “la crescita di una generazione islamica istruita e capace di governare lo Stato islamico senza il bisogno delle conoscenze occidentali".
"Questo manuale non sembra prodotto da una organizzazione che commette quotidianamente atti orribili di brutalità senza senso. E questo è l'aspetto più agghiacciante. Se l'Occidente continua a vedere l'Isis come una banda di assassini psicopatici, rischiamo drammaticamente di sottostimarli", è il commento a caldo del generale Stanley McChrystal, a capo della coalizione militare in Afghanistan e responsabile dell'uccisione di Al Zarqawi, uno dei fondatori dell'Isis.
Al Baghdadi ha proclamato l'esistenza dello Stato islamico - o Daesh, come preferiscono i musulmani - nel giugno 2014. Da allora, riassume il Guardian, numerosi testi e documenti trafugati o fuoriusciti dal territorio occupato testimoniano la volontà di costruire una architettura statale, a base di regolamentazioni e leggi che vengono fatte valere in tutto il territorio.
Tra queste esistono gli obblighi di abbigliamento castigatissimo per le donne ma anche norme per i camionisti, che devono portare in ogni occasione un kit per la riparazione del mezzo in caso di guasto. Allo stesso tempo nei mesi scorsi i nuovi funzionari pubblici dello Stato islamico hanno emanato delle ordinanze per l'agricoltura e il commercio, come il divieto di esporre mercanzia sul marciapiede senza una licenza.
Uno dei problemi più concreti per il Califfato è l'uniformità di regolamentazioni nei territori che un tempo facevano parte della Siria e dell'Iraq: per questo è stata creata la provincia dell'Eufrate, a cavallo tra i due Stati, sotto la giurisdizione dell'Isis, dove gli abitanti vengono sottoposti alle medesime norme ma dove le monete sono addirittura tre: il dollaro americano, il dinaro iracheno, la sterlina siriana.
Nell'economia di larga scala l'Isis sembra non avere molta pazienza con "la mano invisibile" di Adam Smith e per questo ha applicato un controllo forzoso dei prezzi e delle rendite a un grande paniere di beni e servizi, dal taglio cesareo (70 dollari) allo zucchero (70 centesimi al chilo). Ma il Califfato non sta implementando uno stile sovietico sull'economia. Lascia liberala proprietà privata e permette ai cittadini la libera iniziativa economica anche in progetti di importanza statale come la costruzione delle strade.
Tuttavia per il momento il sistema economico del Daesh è traballante e non autosufficiente, specialmente per quanto riguarda le risorse. Prendendo ad esempio la provincia Deir Er Zor, lo studioso Aymenn Jawad al-Tamimi - citato dalGuardian - è riuscito a calcolare che quasi la metà (44,7%) delle risorse dell'apparato amministrativo viene dalle confische, il 27,7% dalla produzione di gas e greggio e soltanto un quinto dalla tasse imposte alla popolazione.
Allo stesso tempo, la stragrande maggioranza di questi introiti è stata spesa per il salario dei soldati (43,6%) e soltanto il 17,7% per i servizi pubblici come la sanità, l'istruzione, i trasporti. Eppure è proprio la sanità uno dei crucci maggiori del Califfato islamico, che negli ultimi mesi ha emanato numerosi editti per richiamare al lavoro medici e infermieri scappati dai territori conquistati dal Daesh. Coloro che non eseguono l'ordine rischiano la confisca di tutto ciò che possiedono. E ciò che preme molto ai guerriglieri Isis, una volta piantata la bandiera in un nuovo territorio, è proprio cominciare a cambiare le intestazioni, i timbri e le targhe negli uffici pubblici e negli ospedali per chiarire alla popolazione che ora è arrivato un nuovo Stato. Islamico. 

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