La battaglia di Laura Boldrini contro le notizie false. «La disinformazione in rete porta odio e violenza»

nov 29, 2016 0 comments
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Intervista di Marco Sarti a Laura Boldrini

Di Marco Sarti

«Vuole sapere l’ultima bufala che mi riguarda? Stando a quanto si legge in Rete, avrei proposto di assegnare la cittadinanza italiana agli immigrati che voteranno Sì al referendum. Come se per andare ai seggi domenica non fosse già necessaria la cittadinanza». Da almeno tre anni il web è pieno di siti che attribuiscono alla Presidente della Camera Laura Boldrini frasi mai pronunciate e storie inventate. «E non le dico i commenti terrificanti che seguono. Non è satira: purtroppo questa disinformazione si porta dietro una scia di odio e violenza che è difficile persino immaginare». E così Boldrini ha dichiarato guerra alle fake news. Un fenomeno tanto odioso quanto diffuso. Venerdì scorso, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook una piccola selezione degli insulti che riceve quotidianamente sul noto social network con i nomi di chi li aveva scritti. Mentre stamattina ha organizzato un convegno a Montecitorio per discutere di bufale e delle gravi conseguenze per chi ne subisce gli effetti. Senza dimenticare il ruolo di chi ha il dovere di porre un argine al fenomeno, a partire dal mondo dei media e dell’informazione. Presidente Boldrini, è possibile quantificare il fenomeno? Quanto è diffusa la pubblicazione di fake news in Rete? È un fenomeno molto diffuso e si sta allargando con conseguenze pericolose per la società. Il World economic forum ha inserito la disinformazione digitale nella lista dei rischi globali, capace di avere risvolti politici, geopolitici e, perfino, terroristici. Purtroppo non tutti hanno gli strumenti per decifrare e difendersi dalla disinformazione. Alcuni studi dimostrano come gli adolescenti, in particolare, difficilmente riescono a districarsi tra le notizie false. E non solo in Italia. Queste bufale si infiltrano e inquinano il web. Parliamo di un meccanismo molto grave: alterare la realtà e manipolare le opinioni pubbliche è un’operazione sporca, illegale. Come si interviene? Non bisogna abbassare le testa. È necessario che tutti si assumano le proprie responsabilità. Alla fine fa comodo a molti se girano notizie false, sparate senza alcuna verifica. I siti moltiplicano click, interazioni e pubblicitá. Ma se si accetta questa degenerazione l'informazione perde ogni credibilità. È un fenomeno che non sappiamo dove ci può portare.
assumano la responsabilità di quello che scrivono» Lei è molto sensibile all’argomento. Da tempo è attiva sulle questioni che riguardano la Rete. A Montecitorio ho istituito due diverse commissioni. Una sulla Rete, composta da esperti e deputati, che ha elaborato una Carta sui diritti e doveri in internet. È un progetto nato per tutelare i diritti dei cittadini digitali. Ma ho voluto anche creare una commissione contro odio, razzismo e sessismo, che abbiamo dedicato a Jo Cox, la parlamentare britannica assassinata alla vigilia del referendum sulla Brexit. E poi ho dato vita ad alcune operazioni di denuncia pubblica. Venerdì scorso, ad esempio, ho pubblicato sulla mia pagina Facebook nomi e cognomi di chi mi ha rivolto insulti e minacce. Sono una decina, presi solo tra gli ultimi, ma ce ne sarebbero a centinaia. È una galleria degli orrori che mi accompagna ormai da tre anni e mezzo. Volgarità, sconcezze e messaggi violenti completamente decontestualizzati. Credo che presto ne pubblicherò altri. È arrivato il momento che le persone si assumano la responsabilità di quello che scrivono. Un’operazione di forte impatto. Non c’era altro modo? Ho il dovere di denunciare queste vicende, anche per le migliaia di donne che vivono in silenzio la stessa condizione, così pure per quante non riuscendo a sostenere tutto questo hanno deciso di uscire dai social network rinunciando così a un loro diritto. Se non lo faccio io, che rivesto un importante ruolo istituzionale, chi altro lo dovrebbe fare? Noi donne non abbiamo fatto tante battaglie per l’affermazione dei nostri diritti per poi ritrovarci in questa situazione.

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