Tutte le anomalie di alcune Ong su Libia e migranti svelate dai magistrati

mag 11, 2017 0 comments
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Di Stefano Vespa
Singoli appartenenti a Ong sono sotto inchiesta a Trapani per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il procuratore facente funzioni della città siciliana, Ambrogio Cartosio, ha confermato così davanti alla commissione Difesa del Senato quanto scritto la settimana scorsa dal settimanale Panorama, che nel prossimo numero torna sul tema specificando che su una decina di membri di Medici senza frontiere sarebbero in corso accertamenti da parte della Polizia. Cartosio ha sottolineato che l’indagine riguarda persone fisiche e non Ong in quanto tali.
ALCUNE ONG SANNO DOVE ANDARE A SALVARE
Il procuratore è stato chiaro sia nel definire certe modalità di intervento sia nell’esprimere dubbi sulla possibilità di polizia giudiziaria a bordo delle imbarcazioni umanitarie, come ipotizzato dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro. Innanzitutto anche a Trapani risultano interventi di Ong senza informare la Guardia costiera (come invece ogni Ong audita ha garantito al Parlamento), inoltre “registriamo casi in cui soggetti a bordo di navi delle Ong sono al corrente del luogo e del momento in cui si troveranno imbarcazioni di migranti: evidentemente ne sono al corrente da prima e questo pone un problema relativo alla regolarità di questo intervento”. Cartosio ha spiegato che non gli risultano contatti telefonici diretti tra le organizzazioni umanitarie e i trafficanti. Nello stesso tempo, “la presenza di navi delle Ong in un determinato fazzoletto di mare sicuramente costituisce un elemento indiziario forte per dire che evidentemente sono al corrente del fatto che in quel tratto di mare arriveranno imbarcazioni, ma questo da solo non è sufficiente per incriminare qualcuno per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
L’OBBLIGO DI SALVARE VITE 
La difficoltà di individuare responsabilità dipende anche dall’obbligo giuridico (oltre che morale) di salvare chi in mare rischia di affogare. Cartosio ha ricordato l’articolo 54 del Codice penale che regola lo stato di necessità e dunque un’imbarcazione che sta naufragando va soccorsa a prescindere dal luogo in cui si trova, “un principio che travolge tutto”. Se quindi “l’intervento è fatto nei confronti di persone che corrono pericolo di vita, siamo in stato di necessità e concordo al 100 per cento con l’azione dell’Ong che salva la vita. Sul piano tecnico-giuridico è un intervento legittimo”. Il procuratore ha escluso finanziamenti illeciti a favore delle Ong, le cui finalità sono solo umanitarie, e per questo nutre seri dubbi sulla possibilità che consentano l’imbarco della polizia giudiziaria, anche perché operano in acque internazionali nei pressi di Paesi con legislazioni diverse nei quali qualche volta certi reati non sono riconosciuti tali come in Italia. Sostegno alle indagini della magistratura e indignazione verso certe polemiche politiche sono stati espressi dalle Ong dell’Aoi (l’associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione), del Cini e di Link 2007 perché va evitata ogni generalizzazione.
AGENTI LIBICI CORROTTI
Altro punto dolente è la corruzione nella polizia e nella guardia costiera libica. A Trapani alcuni migranti hanno dichiarato di essere partiti “con l’ausilio di un gommone e soggetti con la scritta ‘polizia’ sulle spalle che hanno scortato il natante in mare aperto. Durante la navigazione è intervenuta un’imbarcazione della guardia costiera libica, un soggetto ha sparato in aria e ha cominciato a discutere: chiedeva denaro per far proseguire il viaggio” ha detto Cartosio. Sarebbe concussione, ma “noi non siamo competenti”. Un problema ben noto da anni e che preoccupa in una fase in cui l’Italia sta cedendo imbarcazioni alla guardia costiera libica per pattugliare le loro acque territoriali.
LE MANI DELLA MAFIA
Soggetti legati o imparentati con esponenti mafiosi si erano inseriti nel business dell’accoglienza e il procuratore di Trapani ha detto che alcune autorizzazioni sono state revocate. Nelle stesse ore la Direzione distrettuale di Bari ha emesso 15 misure cautelari a carico di altrettanti somali per un traffico di migranti. Otto di loro sono ricercati anche all’estero. Il flusso di denaro era notevole: attraverso money transer ogni migrante “valeva” 900 dollari. Non viene contestata l’accusa di terrorismo, ma la Digos e Squadra mobile hanno documentato contatti indiretti con un gruppo somalo filo jihadista. Sarebbe la conferma che il flusso di denaro legato al traffico di migranti contribuisce a finanziare gruppi terroristici.

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