Sub iudice

lug 17, 2011 0 comments
Di Michele Fabiani

Subito dopo la condanna a 3 anni e 8 mesi per associazione sovversiva    
(il Pm ne aveva chiesti 9), ho dichiarato che il processo di cui sono 
stato vittima insieme ad altri tre giovani spoletini mi ricordava 
quello a Socrate. Vorrei chiarire meglio cosa intendevo dire. 
Ovviamente non volevo affatto paragonarmi a Socrate, né come filosofo 
né come vittima. Piuttosto, come ho spiegato sin da subito, sono i 
miei giudici a ricordarmi i giudici di Socrate.
Apro una breve parentesi di carattere politico generale. La politica 
italiana, con il diffondersi del berlusconismo e in generale con la 
corruzione, il clientelismo, il delinquentismo della classe dominante, 
ha vissuto nella cosiddetta Seconda Repubblica un fenomeno strano di 
polarizzazione e mistificazione allo stesso tempo. Quella che un tempo 
era la “lotta di classe” fra oppressi e oppressori, fra sfruttati e 
sfruttatori, con il crollo della sinistra tradizionale in ambito 
interno ed internazionale, è diventata una lotta fra giudici e 
politici. Questa mistificazione ha avuto come effetti il diffondersi 
di partiti giustizialisti di sinistra (un ossimoro fino a poco tempo 
fa) che vedono i giudici come eroi e come Salvatori della Patria 
contro il Tiranno dell’illegalità. Eppure non è la prima volta che 
dei “combattenti” contro la tirannia si trasformano in nuovi 
tiranni. Anzi, da anarchico quale sono, potrei dire che questa è una 
costante: sempre chi conquista il potere finisce per utilizzarlo in 
maniera autoritaria tanto quanto i propri predecessori.
Per esempio, ad Atene nel 399 a.C. . La polis si era appena liberata 
dal cosiddetto regime dei Trenta Tiranni. La democrazia restaurata era 
travagliata da tensioni interne, da un difficile rapporto con Sparta 
che aveva appena vinto la guerra e che era stata lo “sponsor” della 
tirannia, da una profonda frustrazione e voglia di rivincita. Il 
popolo, democraticamente – se così si può dire – pretendeva un
capro espiatorio. Venne quindi denunciato Socrate, che Platone definì 
l’uomo più onesto fra quelli del suo tempo. Nonostante Socrate si 
fosse opposto e non avesse voluto partecipare ad alcune azioni dei 
Trenta, venne comunque condannato a morte. Questo crimine contro la 
filosofia – come lo definirà Aristotele – ci ricorda molto da 
vicino quanto avviene nella nostra società democratica. Non tanto per 
il parallelismo fra Socrate e i nostri intellettuali perseguitati (non 
ce ne sono molti), quanto piuttosto per il parallelismo fra i giudici 
che hanno condannato Socrate e i nostri. I giudici di Socrate erano 
dei democratici, dei combattenti contro la tirannia dei Trenta. Anche 
il Pm che ha condotto l’inchiesta e poi il processo contro di me, 
Manuela Comodi, è un Pm democratico, una “combattente” contro la 
tirannia. E’ al vertice dell’Anm dell’Umbra, il sindacato 
focosamente anti-belusconiano dei magistrati. Come i giudici 
dell’inizio del IV secolo a.C. erano nemici dei Trenta Tiranni e 
nondimeno condannarono ingiustamente Socrate, così la Comodi da 
sindacalista dell’Anm combatte gli anarchici  umbri. Come è 
possibile che un tale paradosso continui a ripetersi nel  corso dei 
secoli? Mi permetto di citare alcune espressioni che il Pm Comodi ha 
usato in aula il giorno delle repliche, poche ore prima della 
sentenza.  Espressioni che forse, oltre a far arrabbiare i lettori di 
“micropolis”  o del “manifesto”, dovrebbero far infuriare gli 
elettori di centrodestra e i berlusconiani più sfegatati. Il Pm Comodi 
è arrivata a dire nella sua arringa conclusiva che le argomentazioni 
della Difesa le ricordavano gli slogan della propaganda per il 
cosiddetto “giusto processo”. A parte il fatto che è risibile 
l’accusa nei confronti degli avvocati di “pericolosi” anarchici 
insurrezionalisti di usare  slogan berlusconiani, ma la cosa più grave 
è un’altra: la magistratura italiana sta diventando così estremista 
e faziosa, che dare del berlusconiano all’imputato è diventata sul 
piano retorico un’arma di convincimento nei confronti della Corte!
Da quando ho 14  anni io manifesto contro Berlusconi – l’ultima 
occasione è stata  la straordinaria protesta del 14 dicembre – 
nonostante ciò sono  rimasto francamente agghiacciato dalle 
argomentazioni  del Pm. Se il Governo facesse davvero la commissione 
di inchiesta nei confronti dei giudici politicizzati, e se non fosse 
solo l’ennesimo escamotage per  difendere il premier dai sui problemi 
privati, credo che dovrebbe partire dal nostro processo e magari 
proprio da questa frase. Nonostante il nostro Pm sia così faziosamente 
anti-berlusconiana da accusare gli imputati di mutuare slogan dalla 
campagna sul “giusto processo”, come se questa fosse un’arma che 
usata davanti ad un altro giudice (si presuppone altrettanto fazioso) 
possa servire per  convincerlo a schierarsi con la sua tesi, bene 
nonostante ciò, con estremismo uguale e contrario si è accanita 
contro gli  anarchici umbri.
La mia inchiesta non è né l’unica né la più  grave. Invece che 
citare sempre il mio caso, cosa di cui francamente sono stanco visto 
che non amo affatto fare del vittimismo, vorrei parlare di un mio 
coimputato: Damiano Corrias. Damiano era accusato  solo di aver fatto 
una scritta su un muro, malgrado ciò il Pm ha chiesto nei suoi 
confronti ben 6 anni di carcere. Non è retorica la mia, non è uno 
slogan difensivo semplicistico. Damiano in tutto il processo aveva 
solo due capi di imputazione: l’associazione sovversiva e la scritta 
sul muro. Praticamente era accusato di aver
fatto parte di un’associazione terroristica, la quale gli aveva  
affidato un unico compito: scrivere su un muro. Un’accusa davvero 
ridicola. Infatti Damiano è stato assolto, mentre a me e ad Andrea
Di Nucci è andata peggio. Ma io mi chiedo: che coscienza ha una donna 
che chiede 6 anni di galera per un ragazzo di poco più di 20 anni, 
accusato solo di aver fatto una scritta su un muro? Riesce a dormire 
serena la notte? Qui c’è ben altro che un bravo servitore dello 
Stato che sbaglia.
Purtroppo questa nostalgia per il tintinnio di manette sta 
commuovendo  molti anche a sinistra, complice un generale crollo 
ideologico e quindi filosofico, prima che politico, che ha portato 
alla ricerca veloce di nuovi idoli. Non avendo più i maestri sacri del 
comunismo da venerare, questa parte della sinistra si è gettata in 
ginocchio di fronte alla semplificazione giustizialista. Si è passati 
dal Capitale al Codice Penale; da Marx, Lenin e Mao a Di Pietro, 
Saviano e Travaglio. Purtroppo Manuela Comodi, non è un caso isolato 
in Italia. Un’eroina, ben più famosa, dell’opposizione alla 
tirannia che poi diventa persecutrice dei comunisti la troviamo nel 
covo delle “toghe  rosse”, nel Tribunale di Milano, a gestire il 
più importante di  tutti i processi contro il premier: si tratta di 
Ilda Bocassini. La stessa che quando non è impegnata nella lotta alla 
tirannia, si mette ad arrestare giovani universitari, operai della 
Fiom, pensionati, accusandoli di costituire il nucleo delle “nuove 
Br”.
Allora io credo che occorra andare oltre la provincialità del mio 
processo. Penso che qui si apra un problema filosofico generale: 
occorre riscrivere una nuova, rivoluzionaria, filosofia della politica
adeguata ai giorni nostri, che ci porti fuori dalla crisi ideologica 
degli ultimi anni e ci salvi da tentazioni demagogiche. Una 
riflessione parallela corre sul piano politico. Attenzione: questo
“nuovo Cnl” che va da Vendola a Fini, da Di Pietro a Bersani, 
dalla  Lorenzetti alla Comodi potrebbe generare mostri. Giolitti era 
un corrotto e un corruttore, un po’ come Berlusconi.
Dopo Giolitti però è arrivato Mussolini


Pubblicato su Micropolis


Da Anarchaos

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