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Accadia (FG) carcere discarica. |
Di Gianni Lannes
La
patria galera uccide senza pietà. Ben 186
morti nel 2011, di cui 66 suicidi e
23 decessi per cause da accertare. Cifre raggelanti - fornite dal
Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) - ignorate dall’opinione pubblica. Ben 1128 decessi dal 1990 ai giorni nostri, mentre il tasso medio di
sovraffollamento a livello nazionale è pari al 150 per cento. Celle strapiene ma gelide d’inverno o surriscaldate
d’estate, disperazione, rabbia e rassegnazione. L’ultima rivolta in ordine
temporale è esplosa al carcere Montacuto di Ancona il 9 dicembre 2011:
un detenuto magrebino si è cucito le
labbra con ago e filo. I numeri ufficiali (forniti oggi dalla Uil penitenziari)
parlano di “una popolazione carceraria che ha sfondato quota 68 mila persone, a
fronte di una capienza di 44.385 posti”. Il capo dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria, Franco Lonta,
conferma “la perenne emergenza”.
L’ultima
fotografia è nitida, nonostante la nebulosità dello Stato tricolore: «Carceri:
in Italia crescono detenuti, sono 68 mila. 25 mila stranieri». Il Rapporto
nazionale VII sulle condizioni di detenzione “Prigioni malate” dell’Associazione Antigone. Attesta che «I
detenuti ristretti nelle 206 carceri italiane sono 68.527 con 25.164 detenuti
stranieri. Nel 2000 erano 52.784 i detenuti con 14.057 stranieri». In 10 anni,
dunque, i detenuti sono cresciuti di 15.743 unità. Gli stranieri sono a loro
volta aumentati di 11.107 unità. I due terzi della crescita della popolazione
reclusa è stata quindi determinata dagli stranieri. L’altro terzo dai detenuti
nati nel settentrione d’Italia. «La crescita degli stranieri in carcere -
spiega Antigone - è provocata da leggi che puniscono l’inottemperanza dell’obbligo
di espulsione e prevedono aggravi di pena per i recidivi».
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Accadia (FG) carcere discarica. |
Prigionieri “extra” - I dati ufficiali dicono che i detenuti
marocchini sono ora 5.330. Erano 3.096 nel 2000. I detenuti rumeni sono 3.045.
Erano 529 nel 2000. I detenuti tunisini sono 3.225. Erano 2.148 nel 2000. Gli
albanesi sono cresciuti di poco. Gli algerini, invece, sono rimasti
numericamente gli stessi. Nel solo 2009 gli stranieri sono cresciuti di 1351
unità. I detenuti di origine del nord producono ben 9.782 detenuti ossia quasi
il 15 per cento del totale dei detenuti e il 25 per cento degli italiani in
galera. Mai stati così tanti nella storia penitenziaria italiana. Si pensi che
nel 2001 i detenuti nati in Lombardia erano poco più di un terzo rispetto a
quelli nati in Campania. Oggi sono pochi di meno. Crollano le presenze di
detenuti pugliesi, campani, calabresi, siciliani, sardi. Crescono moltissimo i
detenuti emiliani e toscani. I detenuti del centro Italia sono 9.291, quelli
del sud e delle isole sono 17.612, mentre il centro-nord ha più detenuti del
centro-sud. Crollano quindi detenuti delle 4 regioni del sud più a rischio di
presenza di criminalità organizzata (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria). Esse
producono 17.439 detenuti ossia il 25 per cento del totale. Erano addirittura
25.668 nel 2001, ossia poco meno del 50 per cento del totale, stranieri
compresi. Infine il rapporto mette in evidenzia il numero dei suicidi e morti
in carcere: nel 2009 le morti sono state 113 di cui 72 suicidi, 18 da
accertare, 22 per malattia e 1 per omicidio.
Prigioni fantasma - Emergenza sovraffollamento: su 206 aperti
40 penitenziari in Italia risultano inutilizzati anche se nuovi di zecca. Ufficialmente
ci sono almeno 40 “carceri inutilizzate”: da Ferrara a Reggio Calabria, da Pesaro a Monopoli, strutture costruite,
talvolta già arredate, e poi lasciate lì, vuote e mai utilizzate. Ecco il
dettaglio. A Reggio Calabria, il
carcere di Arghillà: costruito ma
non raggiungibile, per mancanza della strada di accesso. Ce n’è una, in mezzo
alla campagna, ritenuta non idonea al trasporto dei detenuti. Pronto dal 2005,
dotato dei più sofisticati sistemi di sorveglianza, costo complessivo intorno a
25 milioni di euro. L’allora Ministro della giustizia, Angelino Alfano, il 18
gennaio del 2010, in visita nella città, aveva assicurato il suo intervento
presso il Dipartimento per l’organizzazione penitenziaria per sollecitare
l’apertura della struttura. Ristrutturato e chiuso anche il carcere di Squillace. Carcere di Gela: cinquant’anni di lavori, ben due
inaugurazioni: l’ultima nel 2007, con una cerimonia alla presenza dall’allora
Ministro della giustizia Clemente
Mastella. E’ costato oltre cinque milioni di euro, consegnato
all’amministrazione penitenziaria nel 2009, è ancora inutilizzato, e il Comune
paga per la sorveglianza. Carcere di Irsina,
vicino Matera: costruito negli anni ‘80 con una spesa di oltre tre miliardi di
lire; aperto solo per un anno. Chiuso, dopo essere stato inaugurato e aperto,
il carcere campano di Gragnano, in
provincia di Napoli. Pronto anche Morcone,
in provincia di Benevento, mai messo in funzione. A San Valentino, in provincia di Pescara, c’è una struttura,
completata nel 1994, mai aperta, in totale stato di abbandono: circondato da
vegetazione incolta: ora ci pascolano capre e mucche. In provincia di Mantova, a Revere, i lavori fermi dal 2000; è una
struttura da 90 posti, due milioni e mezzo di euro, incompleta, già
saccheggiata. E in Emilia Romagna,
nel ferrarese, è ancora chiuso il carcere di Codigoro, pronto all’uso già dal 2001. Nel carcere di Trieste, segnala il direttore Enrico
Sbriglia, segretario nazionale del Sindacato direttori penitenziari, la
capienza regolamentare è di 155, ma esiste anche una capienza ritenuta
tollerabile (non si sa bene su quali parametri) che è di 190-200 detenuti. “Un
dato non proponibile”, dice Sbriglia. “Esiste un equivoco di fondo, se non
proprio una vera e propria stortura. Se si va in cinque in una automobile
immatricolata per quattro, si viene sanzionati: il principio dovrebbe valere
anche per le carceri”. Tutte le carceri del Friuli Venezia Giulia, Trieste, Udine, Pordenone e Tolmezzo, sono
sovraffollate, e hanno superato ampiamente il limite regolamentare e quello
tollerabile, eccetto Gorizia. Già,
Gorizia: ha meno detenuti rispetto la capienza, solo perché il carcere è
pericolante, fatiscente.
Non
c’è solo il sovraffollamento. Ormai la crisi, il collasso, investe anche il
quotidiano, il minimo essenziale. Quasi ottocento confezioni di carta igienica,
oltre un migliaio tra spazzolini da denti e saponi per l’igiene personale,
oltre seicento dentifrici sono stati regalati dall’Unicoop Tirrenio al carcere
delle Sughere, a Livorno, per fronteggiare l’emergenza più volte denunciata
negli ultimi mesi dal garante dei detenuti Marco Solimano. “Tante volte”, dice
Solimano “abbiamo detto del sovraffollamento inaccettabile per un qualsiasi Paese
civile. In più c’è il completo abbandono da parte del Ministero che da più di
un anno non rifornisce i magazzini con i prodotti per l’igiene. Questo è un
aiuto concreto, ma anche una testimonianza simbolica che vuole richiamare le
istituzioni al loro compito”.
Puglia record nazionale - In provincia di Foggia le prigioni
arrugginiscono senza aver mai ospitato un detenuto. Nel regno del silente in
materia Vendola Nichi, oltre a
Minervino Murge (Bari), struttura mai entrata in funzione, c’è il caso di Casamassima (Bari), carcere mandamentale
condannato all’oblio da un decreto del Dipartimento; a Monopoli
(Bari), nell’ex carcere mai inaugurato, non ci sono detenuti ma sfrattati che hanno
occupato le celle abbandonate da 30 anni. Ad Altamura (Bari), si aspetta ancora l’inaugurazione di una delle tre
sezioni dell’ istituto. In Capitanata non sono state mai aperte le strutture
mandamentali di Volturara Appula
(Foggia), 45 posti, incompiuto, e Castelnuovo
della Daunia (Foggia), arredato da oltre tre lustri. Addirittura ad Accadia (Foggia), il penitenziario
consegnato nel 1993, è gestito dal Comune che l’ha ha trasformato in una
discarica a cielo aperto. Sempre in zona, a Bovino, è presente una struttura da 120 posti, già pronta, chiusa da
sempre come ad Orsara, Apricena e Rodi Garganico nella stessa Capitanata.
Visita parlamentare - Una documentata interrogazione
parlamentare, presentata da Rita Bernardini e indirizzata al
Ministro della Giustizia, Paola Severino,
e al Ministro della Salute, Renato
Balduzzi. L'interrogazione è un resoconto preciso della visita che la
deputata radicale ha effettuato presso il carcere di Foggia lo scorso 24 marzo,
accompagnata dai rappresentanti dell’associazione “Mariateresa Di Lascia”.
Atto d’accusa - La parlamentare descrive le criticità della struttura “da dieci anni
nel carcere di Foggia manca la figura del vicedirettore; i detenuti presenti sono 710 a fronte di 378
posti regolamentari disponibili; 407 hanno una sentenza definitiva, 182 sono in
attesa del 1° giudizio, 60 sono appellanti, 57 hanno fatto ricorso in
cassazione, 3 sono gli internati e 1 detenuto è «da impostare»; gli stranieri
sono circa il 30 per cento; il nucleo traduzioni della polizia penitenziaria
deve far fronte a tutte le incombenze con 49 agenti effettivamente in servizio,
mentre la pianta organica del 2001 ne prevedeva 64; per comprendere la mole di
lavoro sopportata dal nucleo, basti pensare che nel 2011 ha effettuato 2.234
traduzioni di cui 137 solo per ricoveri in ospedale e 684 per visite
ambulatoriali; il nucleo effettua spesso traduzioni presso tribunali fuori
regione e si occupa del piantonamento in corsia negli ospedali di Foggia
(D'Avanzo e ospedali riuniti), Cerignola, Manfredonia e San Giovanni Rotondo;
ci sono agenti che ancora non hanno goduto le ferie del 2010; il reparto detentivo ospedaliero pronto da
tempo è chiuso in attesa del collaudo; l’infermeria del carcere è tale per modo
di dire in quanto non sopperisce nemmeno alle minime cure, come mettere dei
punti di sutura in casi di autolesionismo; i medici della ASL preferiscono
mandare i detenuti in ospedale e ciò crea ulteriore sovraccarico di lavoro per
gli agenti di polizia penitenziaria; incredibilmente il reparto risulta essere
«centro clinico» tanto che nel carcere di Foggia vengono indirizzati detenuti
malati prevenienti da altre realtà penitenziarie; all’ingresso che porta all’ufficio
matricola e alle sezioni detentive c'è una parte recintata a causa della caduta
di calcinacci dalla facciata che non viene riparata per mancanza di fondi;
l'area verde destinata ai colloqui dei detenuti con i figli minori non è
utilizzata per mancanza di personale; in 3 delle 4 sale colloqui esiste ancora
il muretto divisorio; la chiesa è chiusa a causa di un cedimento delle
fondamenta e, per questo motivo, la messa si celebra nel teatro dell’istituto;
all’ufficio matricola ci dicono che ogni giorno ci sono molti nuovi ingressi:
«del decreto Severino - afferma qualcuno - non ce ne siamo nemmeno accorti”.
Le richieste - In calce al documento Rita Bernardini
chiede ai Ministri: “se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in
premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella
regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere Foggia; se e quando intenda intervenire, per quanto
di competenza, per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria,
degli psicologi e degli educatori; se e
quali iniziative di competenza si intendano assumere per quanto di competenza
affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e
l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza; quando verrà aperto il reparto detentivo
ospedaliero pronto da tempo; se
corrisponda al vero la creazione di un «repartino» psichiatrico all'interno del
carcere di Foggia; se siano stati previsti adeguati finanziamenti per le opere
di ristrutturazione e per le iniziative trattamentali descritte in premessa; in
che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa;
cosa intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione
della pena; se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di
utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate
effettuate dai detenuti ai loro congiunti; quali iniziative di propria
competenza intenda assumere in relazione alle
criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della
magistratura di sorveglianza; se il
magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari
servizi del carcere di Foggia, con particolare riguardo alla attuazione del
trattamento rieducativo; cosa intenda fare per incrementare le possibilità di
studio per i detenuti; se intenda
intervenire per fare in modo che i bambini detenuti con le loro madri nel
carcere di Foggia possano avere nel corso della giornata momenti di vita all’esterno
dell’istituto senza vivere 24 ore su 24 l’incubo delle sbarre; quali provvedimenti di competenza ritenga
opportuno adottare al fine di modificare radicalmente le condizioni della vita
penitenziaria nel carcere di Foggia, così da garantire finalmente il rispetto
dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti
familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della
Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena”.
Che fare - “Si ricorra in modo più massiccio a misure
alternative alla detenzione”, suggerisce il vicepresidente del Consiglio
Superiore della Magistratura Michele
Vietti. Bisogna anzitutto “ripensare alle misure alternative alla
detenzione e rimodularne i presupposti, non scaricandone la responsabilità solo
sui magistrati di sorveglianza ma fornendo delle precise linee guida”. Si
suggerisce poi “una moratoria generale sulla introduzione di nuovi reati. Abbiamo
un sistema sanzionatorio penale molto farraginoso e pesante, che finisce per
intasare completamente il sistema processuale. Continuare a moltiplicare i
reati come ad esempio ora per quanto riguarda il cosiddetto omicidio stradale,
vuol dire diminuire le possibilità di arrivare a effettive condanne dei
colpevoli. Non introduciamo più nuovi reati per un arco di tempo, ne abbiamo
già a iosa”. Sempre Vietti si dice favorevole alla depenalizzazione dei reati
minori e osserva che “introdurre il reato di immigrazione clandestina non è
servito ad accelerare le espulsioni”.
Errori impuniti - Negli ultimi 20 anni - segnalano i numeri
istituzionali - il 40 per cento delle
persone (ingiustamente) incarcerate è stata assolta a processo. Lo Stato in
5 anni ha risarcito oltre 210 milioni di
euro per ingiuste detenzioni stabilite da giudici alquanto distratti o
superficiali che, però, non hanno pagato di tasca propria o personalmente i
macroscopici errori giudiziari. Incorrono tempi di modernità ottocentesca: ci
rimettono sempre i poveracci. L’ex Ministro Cesare Previti invece di finire in galera è stato affidato ai
servizi sociali, mentre Giulio Andreotti
(“il prescritto per mafia” come ripete il giudice Giancarlo Caselli), se l’è
scampata perché la riconosciuta associazione per delinquere di stampo mafioso è
stata riconosciuta solo fino al 1980. Un fatto è certo: l’ingiustizia è sempre
garantita a danno dei deboli e degli indifesi.
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Bovino (FG) carcere fantasma. |
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