ITALIA: CARCERE A MORTE

apr 24, 2012 0 comments

Accadia (FG) carcere discarica.
Di Gianni Lannes
La patria galera uccide senza pietà. Ben 186 morti nel 2011, di cui 66 suicidi e 23 decessi per cause da accertare. Cifre raggelanti - fornite dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) - ignorate dall’opinione pubblica. Ben 1128 decessi dal 1990 ai giorni nostri, mentre il tasso medio di sovraffollamento a livello nazionale è pari al 150 per cento. Celle strapiene ma gelide d’inverno o surriscaldate d’estate, disperazione, rabbia e rassegnazione. L’ultima rivolta in ordine temporale è  esplosa al carcere Montacuto di Ancona il 9 dicembre 2011: un detenuto  magrebino si è cucito le labbra con ago e filo. I numeri ufficiali (forniti oggi dalla Uil penitenziari) parlano di “una popolazione carceraria che ha sfondato quota 68 mila persone, a fronte di una capienza di 44.385 posti”.  Il capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Lonta, conferma “la perenne emergenza”.
L’ultima fotografia è nitida, nonostante la nebulosità dello Stato tricolore: «Carceri: in Italia crescono detenuti, sono 68 mila. 25 mila stranieri». Il Rapporto nazionale VII sulle condizioni di detenzione “Prigioni malate” dell’Associazione Antigone. Attesta che  «I detenuti ristretti nelle 206 carceri italiane sono 68.527 con 25.164 detenuti stranieri. Nel 2000 erano 52.784 i detenuti con 14.057 stranieri». In 10 anni, dunque, i detenuti sono cresciuti di 15.743 unità. Gli stranieri sono a loro volta aumentati di 11.107 unità. I due terzi della crescita della popolazione reclusa è stata quindi determinata dagli stranieri. L’altro terzo dai detenuti nati nel settentrione d’Italia. «La crescita degli stranieri in carcere - spiega Antigone - è provocata da leggi che puniscono l’inottemperanza dell’obbligo di espulsione e prevedono aggravi di pena per i recidivi».  
Accadia (FG) carcere discarica.

Prigionieri “extra” - I dati ufficiali dicono che i detenuti marocchini sono ora 5.330. Erano 3.096 nel 2000. I detenuti rumeni sono 3.045. Erano 529 nel 2000. I detenuti tunisini sono 3.225. Erano 2.148 nel 2000. Gli albanesi sono cresciuti di poco. Gli algerini, invece, sono rimasti numericamente gli stessi. Nel solo 2009 gli stranieri sono cresciuti di 1351 unità. I detenuti di origine del nord producono ben 9.782 detenuti ossia quasi il 15 per cento del totale dei detenuti e il 25 per cento degli italiani in galera. Mai stati così tanti nella storia penitenziaria italiana. Si pensi che nel 2001 i detenuti nati in Lombardia erano poco più di un terzo rispetto a quelli nati in Campania. Oggi sono pochi di meno. Crollano le presenze di detenuti pugliesi, campani, calabresi, siciliani, sardi. Crescono moltissimo i detenuti emiliani e toscani. I detenuti del centro Italia sono 9.291, quelli del sud e delle isole sono 17.612, mentre il centro-nord ha più detenuti del centro-sud. Crollano quindi detenuti delle 4 regioni del sud più a rischio di presenza di criminalità organizzata (Campania, Sicilia, Puglia, Calabria). Esse producono 17.439 detenuti ossia il 25 per cento del totale. Erano addirittura 25.668 nel 2001, ossia poco meno del 50 per cento del totale, stranieri compresi. Infine il rapporto mette in evidenzia il numero dei suicidi e morti in carcere: nel 2009 le morti sono state 113 di cui 72 suicidi, 18 da accertare, 22 per malattia e 1 per omicidio.  
Prigioni fantasma - Emergenza sovraffollamento: su 206 aperti 40 penitenziari in Italia risultano inutilizzati anche se nuovi di zecca. Ufficialmente ci sono almeno 40 “carceri inutilizzate”: da Ferrara a Reggio Calabria, da Pesaro a Monopoli, strutture costruite, talvolta già arredate, e poi lasciate lì, vuote e mai utilizzate. Ecco il dettaglio. A Reggio Calabria, il carcere di Arghillà: costruito ma non raggiungibile, per mancanza della strada di accesso. Ce n’è una, in mezzo alla campagna, ritenuta non idonea al trasporto dei detenuti. Pronto dal 2005, dotato dei più sofisticati sistemi di sorveglianza, costo complessivo intorno a 25 milioni di euro. L’allora Ministro della giustizia, Angelino Alfano, il 18 gennaio del 2010, in visita nella città, aveva assicurato il suo intervento presso il Dipartimento per l’organizzazione penitenziaria per sollecitare l’apertura della struttura. Ristrutturato e chiuso anche il carcere di Squillace. Carcere di Gela: cinquant’anni di lavori, ben due inaugurazioni: l’ultima nel 2007, con una cerimonia alla presenza dall’allora Ministro della giustizia Clemente Mastella. E’ costato oltre cinque milioni di euro, consegnato all’amministrazione penitenziaria nel 2009, è ancora inutilizzato, e il Comune paga per la sorveglianza. Carcere di Irsina, vicino Matera: costruito negli anni ‘80 con una spesa di oltre tre miliardi di lire; aperto solo per un anno. Chiuso, dopo essere stato inaugurato e aperto, il carcere campano di Gragnano, in provincia di Napoli. Pronto anche Morcone, in provincia di Benevento, mai messo in funzione. A San Valentino, in provincia di Pescara, c’è una struttura, completata nel 1994, mai aperta, in totale stato di abbandono: circondato da vegetazione incolta: ora ci pascolano capre e mucche. In provincia di Mantova, a Revere, i lavori fermi dal 2000; è una struttura da 90 posti, due milioni e mezzo di euro, incompleta, già saccheggiata. E in Emilia Romagna, nel ferrarese, è ancora chiuso il carcere di Codigoro, pronto all’uso già dal 2001. Nel carcere di Trieste, segnala il direttore Enrico Sbriglia, segretario nazionale del Sindacato direttori penitenziari, la capienza regolamentare è di 155, ma esiste anche una capienza ritenuta tollerabile (non si sa bene su quali parametri) che è di 190-200 detenuti. “Un dato non proponibile”, dice Sbriglia. “Esiste un equivoco di fondo, se non proprio una vera e propria stortura. Se si va in cinque in una automobile immatricolata per quattro, si viene sanzionati: il principio dovrebbe valere anche per le carceri”. Tutte le carceri del Friuli Venezia Giulia, Trieste, Udine, Pordenone e Tolmezzo, sono sovraffollate, e hanno superato ampiamente il limite regolamentare e quello tollerabile, eccetto Gorizia. Già, Gorizia: ha meno detenuti rispetto la capienza, solo perché il carcere è pericolante, fatiscente.
Non c’è solo il sovraffollamento. Ormai la crisi, il collasso, investe anche il quotidiano, il minimo essenziale. Quasi ottocento confezioni di carta igienica, oltre un migliaio tra spazzolini da denti e saponi per l’igiene personale, oltre seicento dentifrici sono stati regalati dall’Unicoop Tirrenio al carcere delle Sughere, a Livorno, per fronteggiare l’emergenza più volte denunciata negli ultimi mesi dal garante dei detenuti Marco Solimano. “Tante volte”, dice Solimano “abbiamo detto del sovraffollamento inaccettabile per un qualsiasi Paese civile. In più c’è il completo abbandono da parte del Ministero che da più di un anno non rifornisce i magazzini con i prodotti per l’igiene. Questo è un aiuto concreto, ma anche una testimonianza simbolica che vuole richiamare le istituzioni al loro compito”.
Puglia record nazionale - In provincia di Foggia le prigioni arrugginiscono senza aver mai ospitato un detenuto. Nel regno del silente in materia Vendola Nichi, oltre a Minervino Murge (Bari), struttura mai entrata in funzione, c’è il caso di Casamassima (Bari), carcere mandamentale condannato all’oblio da un decreto del Dipartimento;  a Monopoli (Bari), nell’ex carcere mai inaugurato, non ci sono detenuti ma sfrattati che hanno occupato le celle abbandonate da 30 anni. Ad Altamura (Bari), si aspetta ancora l’inaugurazione di una delle tre sezioni dell’ istituto. In Capitanata non sono state mai aperte le strutture mandamentali di Volturara Appula (Foggia), 45 posti, incompiuto, e Castelnuovo della Daunia (Foggia), arredato da oltre tre lustri. Addirittura ad Accadia (Foggia), il penitenziario consegnato nel 1993, è gestito dal Comune che l’ha ha trasformato in una discarica a cielo aperto. Sempre in zona, a Bovino, è presente una struttura da 120 posti, già pronta, chiusa da sempre come ad Orsara, Apricena e Rodi Garganico nella stessa Capitanata.      
Visita parlamentare - Una documentata interrogazione parlamentare, presentata  da Rita Bernardini e indirizzata al Ministro della Giustizia, Paola Severino, e al Ministro della Salute, Renato Balduzzi. L'interrogazione è un resoconto preciso della visita che la deputata radicale ha effettuato presso il carcere di Foggia lo scorso 24 marzo, accompagnata dai rappresentanti dell’associazione “Mariateresa Di Lascia”.
Atto d’accusa - La parlamentare descrive  le criticità della struttura “da dieci anni nel carcere di Foggia manca la figura del vicedirettore;  i detenuti presenti sono 710 a fronte di 378 posti regolamentari disponibili; 407 hanno una sentenza definitiva, 182 sono in attesa del 1° giudizio, 60 sono appellanti, 57 hanno fatto ricorso in cassazione, 3 sono gli internati e 1 detenuto è «da impostare»; gli stranieri sono circa il 30 per cento; il nucleo traduzioni della polizia penitenziaria deve far fronte a tutte le incombenze con 49 agenti effettivamente in servizio, mentre la pianta organica del 2001 ne prevedeva 64; per comprendere la mole di lavoro sopportata dal nucleo, basti pensare che nel 2011 ha effettuato 2.234 traduzioni di cui 137 solo per ricoveri in ospedale e 684 per visite ambulatoriali; il nucleo effettua spesso traduzioni presso tribunali fuori regione e si occupa del piantonamento in corsia negli ospedali di Foggia (D'Avanzo e ospedali riuniti), Cerignola, Manfredonia e San Giovanni Rotondo; ci sono agenti che ancora non hanno goduto le ferie del 2010;  il reparto detentivo ospedaliero pronto da tempo è chiuso in attesa del collaudo; l’infermeria del carcere è tale per modo di dire in quanto non sopperisce nemmeno alle minime cure, come mettere dei punti di sutura in casi di autolesionismo; i medici della ASL preferiscono mandare i detenuti in ospedale e ciò crea ulteriore sovraccarico di lavoro per gli agenti di polizia penitenziaria; incredibilmente il reparto risulta essere «centro clinico» tanto che nel carcere di Foggia vengono indirizzati detenuti malati prevenienti da altre realtà penitenziarie; all’ingresso che porta all’ufficio matricola e alle sezioni detentive c'è una parte recintata a causa della caduta di calcinacci dalla facciata che non viene riparata per mancanza di fondi; l'area verde destinata ai colloqui dei detenuti con i figli minori non è utilizzata per mancanza di personale; in 3 delle 4 sale colloqui esiste ancora il muretto divisorio; la chiesa è chiusa a causa di un cedimento delle fondamenta e, per questo motivo, la messa si celebra nel teatro dell’istituto; all’ufficio matricola ci dicono che ogni giorno ci sono molti nuovi ingressi: «del decreto Severino - afferma qualcuno - non ce ne siamo nemmeno accorti”.
Le richieste - In calce al documento Rita Bernardini chiede ai Ministri: “se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se intenda intervenire per ridurre, fino a portarla a quella regolamentare, la popolazione detenuta nel carcere Foggia;  se e quando intenda intervenire, per quanto di competenza, per colmare il deficit di organico della polizia penitenziaria, degli psicologi e degli educatori;  se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per quanto di competenza affinché sia assicurata un'adeguata assistenza sanitaria ai detenuti e l'assoluto rispetto dei livelli essenziali di assistenza;  quando verrà aperto il reparto detentivo ospedaliero pronto da tempo;  se corrisponda al vero la creazione di un «repartino» psichiatrico all'interno del carcere di Foggia; se siano stati previsti adeguati finanziamenti per le opere di ristrutturazione e per le iniziative trattamentali descritte in premessa; in che modo intenda intervenire in merito ai casi singoli segnalati in premessa; cosa intenda fare affinché sia rispettato il principio della territorializzazione della pena; se abbia mai valutato o intenda valutare la possibilità di utilizzare tecnologie tipo Skype per ridurre il costo delle telefonate effettuate dai detenuti ai loro congiunti; quali iniziative di propria competenza intenda assumere in relazione alle  criticità rappresentate in premessa con riferimento al ruolo della magistratura di sorveglianza;  se il magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari servizi del carcere di Foggia, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo; cosa intenda fare per incrementare le possibilità di studio per i detenuti;  se intenda intervenire per fare in modo che i bambini detenuti con le loro madri nel carcere di Foggia possano avere nel corso della giornata momenti di vita all’esterno dell’istituto senza vivere 24 ore su 24 l’incubo delle sbarre;  quali provvedimenti di competenza ritenga opportuno adottare al fine di modificare radicalmente le condizioni della vita penitenziaria nel carcere di Foggia, così da garantire finalmente il rispetto dei diritti alla dignità, alla salute, allo studio, alla tutela dei rapporti familiari dei detenuti e di quanto prescritto dall'articolo 27 della Costituzione riguardo alle finalità rieducative della pena”.
Che fare - “Si ricorra in modo più massiccio a misure alternative alla detenzione”, suggerisce il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti. Bisogna anzitutto “ripensare alle misure alternative alla detenzione e rimodularne i presupposti, non scaricandone la responsabilità solo sui magistrati di sorveglianza ma fornendo delle precise linee guida”. Si suggerisce poi “una moratoria generale sulla introduzione di nuovi reati. Abbiamo un sistema sanzionatorio penale molto farraginoso e pesante, che finisce per intasare completamente il sistema processuale. Continuare a moltiplicare i reati come ad esempio ora per quanto riguarda il cosiddetto omicidio stradale, vuol dire diminuire le possibilità di arrivare a effettive condanne dei colpevoli. Non introduciamo più nuovi reati per un arco di tempo, ne abbiamo già a iosa”. Sempre Vietti si dice favorevole alla depenalizzazione dei reati minori e osserva che “introdurre il reato di immigrazione clandestina non è servito ad accelerare le espulsioni”.
Errori impuniti - Negli ultimi 20 anni - segnalano i numeri istituzionali - il 40 per cento delle persone (ingiustamente) incarcerate è stata assolta a processo. Lo Stato in 5 anni ha risarcito oltre 210 milioni di euro per ingiuste detenzioni stabilite da giudici alquanto distratti o superficiali che, però, non hanno pagato di tasca propria o personalmente i macroscopici errori giudiziari. Incorrono tempi di modernità ottocentesca: ci rimettono sempre i poveracci. L’ex Ministro Cesare Previti invece di finire in galera è stato affidato ai servizi sociali, mentre Giulio Andreotti (“il prescritto per mafia” come ripete il giudice Giancarlo Caselli), se l’è scampata perché la riconosciuta associazione per delinquere di stampo mafioso è stata riconosciuta solo fino al 1980. Un fatto è certo: l’ingiustizia è sempre garantita a danno dei deboli e degli indifesi.
Accadia (FG) carcere discarica.

Bovino (FG) carcere fantasma.

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