Senatrice De Pin:l'importanza del dialogo per non consegnare il mondo alla guerra

apr 23, 2015 0 comments


Intervista di Margherita Furlan a Paola De Pin

Il 21 aprile, al Senato della Repubblica, si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione del disegno di legge costituzionale n. 1774, promosso dalla senatrice Paola De Pin. Il ddl intende intervenire sull'adesione dell'Italia alla Nato, soprattutto alla luce delle modifiche introdotte dal nuovo concetto strategico del 2010, peraltro ancora non ratificato dal parlamento italiano.  All'incontro hanno preso parte anche i noti giornalisti Manlio Dinucci, Giulietto Chiesa, Fulvio Grimaldi, lo storico Franco Cardini e padre Alex Zanotelli.

La senatrice, intervistata da Sputnik Italia, afferma che "a sessantasei anni dall'adesione dell'Italia al Trattato multilaterale che ha dato vita alla Nato, appare del tutto ragionevole considerare esaurite le motivazioni iniziali e invitare il governo a esercitare le proprie prerogative al fine di revocare l'adesione, inoltrando la notifica di disdetta, così come espressamente previsto dal Trattato stesso. Occorre considerare la trasformazione della Nato da struttura difensiva in struttura di controllo egemonico e proiezione, di fatto, dell'egemonia degli USA sul pianeta. Tale cambiamento rende oggettivamente non più coincidente, nell'attuale contesto storico, l'interesse della sicurezza nazionale con le strategie messe in atto dalla Nato".

Senatrice, quali sono le motivazioni che l'hanno spinta a un'iniziativa parlamentare sulla revoca all'adesione del Trattato Nord Atlantico? 
- "Da tempo è in atto una forte mobilitazione popolare per affermare la pace e i suoi valori, nel tentativo di dare piena attuazione alla lettera e allo spirito dell'articolo 11 della nostra Costituzione, introducendo il concetto e la pratica della neutralità militare dell'Italia nei comportamenti e nelle norme. Nel paese si va diffondendo sempre più la consapevolezza che la vera sicurezza può derivare soltanto dalla crescita della comunicazione sociale e della fiducia collettiva, e non dall'esclusione e dalla marginalizzazione dei "diversi" e degli "altri", dalla difesa armata dei cancelli e dei muri, dalla sottolineatura delle differenze — di cultura, religione, etnia — e dalla conseguente individuazione dei "nemici" assoluti. Per tutto ciò, è per me motivo di grande onore dare il via a questo incontro, con il quale vogliamo soprattutto, iniziare una campagna di sensibilizzazione  rivolta a tutti i cittadini".
La sua firma è presente anche tra i promotori della campagna #NoGuerra #NoNato, con cui in si stanno raccogliendo le firme per l'uscita dal Patto Atlantico per un paese neutrale. Quali sono gli obiettivi che la campagna si prefigge realisticamente di ottenere?
- "Bisogna essere consapevoli che la sfida che abbiamo di fronte è estremamente difficile. In primo luogo, perché la nostra è una battaglia per il momento minoritaria: sia all'interno del parlamento sia, probabilmente, nella società. In secondo luogo, perché i nostri avversari hanno dalla loro parte illimitati e sofisticati  strumenti, con i quali possono condizionare l'opinione pubblica e indirizzarne gli umori. A tutto questo noi possiamo soltanto contrapporre l'autorità morale e il prestigio culturale delle persone che anche in quest'occasione mi affiancano, oltre alla buona volontà dei cittadini consapevoli.Il "no alla guerra e alla Nato" che noi pronunciamo non è un vuoto slogan. Dietro queste parole, si può, nel tempo, delineare un programma politico, di cui già si intravedono alcuni punti chiave per instaurare una politica estera europea autonoma e svincolata dalle ipoteche atlantiche; per creare un comune esercito europeo, da impiegarsi —  naturalmente — non per aggredire il prossimo, ma con funzioni di reale pacificazione; per intraprendere rapporti internazionali improntati all'amicizia e al dialogo con tutti; con gli Stati Uniti, certamente, ma anche con le altre nazioni. Mi rendo conto che questi obiettivi possono sembrare lontani se non utopici. Essi però sono prerequisiti indispensabili perché l'unità europea non poggi sui piedi d'argilla della moneta e della finanza, ma su valori umani condivisi. La loro mancata attuazione — temo — consegnerebbe ai nostri figli e ai nostri nipoti un mondo dominato dalla lotta fra poveri, dai conflitti etnici e religiosi e dalla guerra".
Qual è la sua valutazione in merito alle guerre che, sotto l'ombrello difensivo della Nato, hanno interessato le regioni del Nord Africa, del Medio Oriente, la ex Yugoslavia, nell'ultimo ventennio?
- "La ragione della scelta per cui abbiamo voluto chiamare questa iniziativa #NoGuerra #NoNato è scritta proprio in queste vicende. Con la fine della guerra fredda e il crollo dell'URSS, la Nato, da alleanza difensiva, quale avrebbe dovuto essere, si è trasformata in un potente strumento di aggressione e distruzione. Sarebbe quasi superfluo ricordare le guerre in Libia, in Iraq, in Afghanistan e, prima ancora, il bombardamento di Belgrado, uno degli episodi più tristi della recente storia europea, se non fosse che questi interventi hanno provocato decine di migliaia di vittime — in larghissima parte civili — creando dei vuoti di potere in cui si sono facilmente inseriti i violenti,  i fanatici e i terroristi. In buona sostanza, milioni di persone, tra il Medio Oriente e l'Africa settentrionale, sono state trascinate in una endemica situazione di caos e guerra civile. E, per arrivare a questo brillante risultato, non si è esitato a ricorrere alle più sfacciate menzogne. L'esempio più clamoroso, ma non certo l'unico, è rappresentato dalla bottiglietta esibita al palazzo di vetro dell'ONU dal segretario di Stato americano, Colin Powell, quale prova delle armi chimiche possedute da Saddam Hussein. Si trattò, come tutti ormai ammettono, di un miserabile pretesto per scatenare la sciagurata invasione dell'Iraq".
- Come valuta la situazione geopolitica attuale?

- "Per molto tempo ho pensato che la politica bellicista potesse essere fermata senza rotture clamorose. L'elezione di Obama, in particolare, aveva suscitato grandi speranze in me come, credo, in molti altri. Purtroppo, nel momento in cui il presidente si avvia a concludere il suo secondo mandato, bisogna riconoscere che queste aspettative sono state deluse. Non solo non vi è stato alcun sostanziale cambiamento d'indirizzo rispetto alla precedente politica mediorientale degli Stati Uniti, ma si è addirittura aperto un nuovo contenzioso, questa volta con la Russia. In Ucraina, un presidente — magari pessimo, ma regolarmente eletto — è stato cacciato non tramite un voto del parlamento, ma in seguito a manifestazioni violente di militanti pagati e armati dall'estero. Il nuovo governo, non appena insediato, ha pensato bene di scagliare l'esercito contro il suo stesso popolo, aggredendo, in un'assurda lotta fratricida, le regioni del Donbass e provocando l'ennesima insensata carneficina. Il tutto con il fine di portare il paese nella NATO e di rendere impossibile ogni intesa politica ed economica tra Europa e Russia. Registi di questa operazione sono stati gli USA, con l'attiva complicità delle cancellerie europee. Solo il sussulto, peraltro tardivo, di Francia e Germania ha impedito che il mondo precipitasse nel baratro di una guerra dalle proporzioni difficilmente immaginabili. Di fronte a tutto questo — quando, cioè, anche un presidente teoricamente aperto come Obama agisce in modo irresponsabile — è evidente che i margini di mediazione vengono meno".
Fonte:http://it.sputniknews.com/opinioni/20150422/295419.html

Foto:http://metrocity.altervista.org

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