Incassavano soldi dallo Stato per ospitarli. Ma poi sfruttavano i migranti come schiavi

mag 6, 2017 0 comments
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Di Nino Materi
Il trucchetto è sempre lo stesso: accreditarsi, formalmente, per un Cas (Centro di accoglienza straordinaria) e poi sfruttare la situazione inserendosi con attività truffaldine tra i buchi neri della burocrazia.
Qualche mese fa il gioco sporco era stato scoperto a Potenza, in Basilicata; ieri un business analogo (e ancor più in grande stile) è stato smascherato a Cosenza, in Calabria.
Ma per la legge italiana qual è lo status giuridico di un Cas? Si tratta di centri atti a «sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di accoglienza o nei servizi predisposti dagli enti locali, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti asilo». Peccato che i Cas siano divenuti la modalità ordinaria di accoglienza; insomma, l'eccezione si è trasformata in regola.
La conseguenza più grave? Ora al tavolo verde - nella partita di poker dei finanziamenti - siedono anche troppi bari che giocano con carte truccate.
Specchio di questa degenerazione è il blitz compiuto ieri dai carabinieri di Cosenza che hanno eseguito all'alba un'operazione contro il fenomeno del caporalato e lo sfruttamento dei migranti nel territorio della Sila. Quattordici le persone coinvolte (sei arresti e otto obblighi di dimora).
Tre i centri di accoglienza nel mirino dei carabinieri, che hanno accertato come i migranti fossero utilizzati alla stregua di «schiavi» da aziende agricola in combutta con i gestori delle strutture di accoglienza. In pratica i Cas incassavano non solo i soldi stanziati dal governo per l'accoglienza, ma anche quelli delle aziende agricole alle quali fornivano la manodopera.
Le indagini sono iniziate a settembre dell'anno scorso e gli elementi raccolti dai militari dell'Arma hanno permesso di accertare che i rifugiati, principalmente senegalesi, nigeriani e somali, venivano prelevati da due Cas e portati a lavorare in campi di patate e fragole dell'altopiano della Sila cosentina o impiegati come pastori per badare agli animali da pascolo.
In particolare, il presidente e due responsabili della gestione di un Centro di accoglienza straordinaria risultano accusati di aver illecitamente reclutato i rifugiati a loro affidati per essere impiegati in nero come braccianti e pastori in numerose aziende agricole del luogo, in concorso con i titolari di queste ultime. I responsabili del Cas dovranno anche rispondere della manipolazione dei fogli presenza dei rifugiati, che venivano dati come presenti nel tentativo di ottenere i finanziamenti previsti dalla legge a sostegno della struttura di accoglienza.
Vittime dell'imbroglio una trentina di rifugiati che sono stati sfruttati in nero per somme oscillanti tra i 15 e i 20 euro per una giornata lavorativa di 10 ore.
Nell'azienda agricola e casearia oggetto della truffa sono stati trovati alcuni migranti ospitati in una struttura fatiscente. Un tugurio per il quale i migranti pagavano un ulteriore «affitto» ai caporali-negrieri.

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