IL NUOVO AFGHANISTAN: LE MINORANZE

gen 14, 2022 0 comments


Di Vincenzo D'Esposito

Con la crisi afghana di quest’estate si è ribaltato il fragile sistema che fino a quel momento ha governato il paese e che avrebbe dovuto, secondo i progetti di Washington, segnare una netta cesura rispetto al passato. Il rapido e, tutto sommato, semplice ritorno al potere delle milizie talebane, tuttavia, ha fatto saltare completamente una struttura di governo che gli Stati Uniti avevano impiegato vent’anni per realizzare, senza una reale corrispondenza con i desiderata del popolo afghano. Sorge spontanea, però, la necessità di fare chiarezza circa la composizione della realtà definita come popolo afghano. Con il nuovo governo talebano, infatti, appare quanto mai evidente la divisione tra i gruppi etnici che gestiscono il potere e coloro i quali ne sono sistematicamente esclusi. La stabilità dell’architettura statale nei prossimi anni risentirà anche di questo particolare assetto.

Un quadro etnico variegato

L’Afghanistan è uno Stato senza una chiara nazione di riferimento. Il concetto di Volk, popolo attorno al quale si costruisce la macchina statale e che condivide un bagaglio comune di usi, costumi e lingua, è qui qualcosa di completamente assente. Il territorio estremamente aspro ha caratterizzato il paese in modo da assicurargli, da un lato, una capacità di difesa prolungata da attacchi esterni, come emerso sia durante l’invasione sovietica sia durante quella americana, ma privandolo dall’altro lato della capacità di autogestirsi compiutamente dall’interno. Montagne e deserti dividono in vari gruppi autonomi la popolazione afghana, che, non entrando realmente in contatto se non in alcune aree, non ha conosciuto l’amalgama necessario a fornire un minimo comun denominatore di valori condivisi tra i diversi gruppi etnici. Questi, difatti, rappresentano nella maggior parte dei casi un continuum con i gruppi presenti in altri stati limitrofi, essendo lo Stato afghano poco più che una mera espressione burocratica.

La particolare morfologia del territorio afghano ha favorito una distribuzione polverizzata degli abitanti, raggruppati intorno a strutture claniche, spesso in aspro contrasto le une con le altre. Tale assetto è reso possibile dal numero molto ridotto di grandi città, che pure esistono e rappresentano la punta più avanzata della società afghana. Talmente avanzata da portare ad un sostanziale scollamento tra i loro abitanti, meno legati ad una visione fondamentalista della società, e il resto del paese, strettamente conservatore. In questo quadro, tuttavia, si inserisce il problema ulteriore legato alla difficile ricomposizione nazionale, dovuto alla compresenza di numerose etnie differenti.

L’etnia prevalente, sebbene non maggioritaria in termini assoluti, è quella pashtun. Diffusa nelle regioni-centro meridionali e orientali a ridosso del confine con il Pakistan, questa ammonta al 42% del totale della popolazione afghana. Dedita prevalentemente alla pastorizia e con uno stile di vita seminomadico, l’etnia pashtun ha da sempre rivestito un ruolo centrale nella vita politica afghana, salvo brevi periodi.

Seguono, immediatamente dopo, le persone appartenenti al gruppo etnico tagiko, riconoscibili in quanto parlano una lingua persiana, praticano la religione musulmana sunnita ed hanno uno stile di vita prevalentemente sedentario. Ammontano a circa il 27% della popolazione totale e si collocano nella porzione centrale e orientale dell’Hindu Kush. Anche i Tagiki sono una delle etnie che maggiormente hanno contribuito a delineare la politica afghana.

Il terzo gruppo etnico dell’Afghanistan è rappresentato dagli Hazara, una popolazione turco-mongola di religione musulmana sciita. Gli Hazara rappresentano il 9% della popolazione afghana e sono insediati nella porzione occidentale dell’Hindu Kush. Si tratta di un gruppo etnico marginalizzato ed escluso dalla gestione del potere, spesso vittima di violenti attacchi a causa della diversa confessione religiosa.

L’altro gruppo rilevante per consistenza numerica è quello degli Uzbeki, con una popolazione che ammonta anch’essa al 9%. Distribuiti nel nord del paese, essi hanno saputo barcamenarsi tra le diverse fasi politiche dell’Afghanistan restando quasi sempre sulla cresta dell’onda.

A ridosso del confine con il Turkmenistan è presente una cospicua minoranza di Afghani di etnia turkmena, il 3% della popolazione totale, mentre a sud, nei territori desertici dell’Afghanistan, sono insediati i Beluci, raggruppando il 2% degli abitanti del paese. Altre etnie si spartiscono il restante 8%.

I talebani e il ritorno dell’egemonia pashtun

Un quadro etnico così frammentato è particolarmente esposto alle tensioni che si accendono tra i diversi gruppi. Un esempio è rappresentato dalla competizione tra le popolazioni di etnia hazara e pashtun per il possesso e l’utilizzo delle terre nelle zone in cui si ha una loro compresenza, come nell’Afghanistan centrale. La storica posizione di forza di cui godono i clan pashtun ha spostato l’ago della bilancia a favore di questi ultimi, anche se sia durante il periodo dell’invasione sovietica sia durante la recente invasione occidentale il loro ruolo predominante è stato ridimensionato a favore delle altre etnie. Il ritorno al potere dei talebani, tuttavia, ha riportato ad una situazione squilibrata sul piano interno, ricentralizzando il potere nelle mani dei Pashtun.

Le milizie talebane provengono prevalentemente da questa comunità. Essa ha forti collegamenti con il Pakistan e condivide una visione politicizzata della fede islamica, che ha manifestato tutta la sua influenza in questi mesi. Ciò è stato particolarmente evidente soprattutto a Kabul e nelle maggiori città afghane, dove la vita sociale era maggiormente laicizzata rispetto alle campagne ed ai villaggi isolati. L’estrema frammentazione dello Stato, tuttavia, ha fatto sì che il ritorno al potere dei talebani e la cacciata del governo di Ghani fossero facilitati dal mancato radicamento di molti degli usi diffusi nella ristretta fascia di popolazione urbana e contrastanti con la morale islamica più rigida. L’impopolarità dell’ex presidente e la corruzione imperante nel paese, poi, hanno fatto il resto ed hanno riportato le lancette dell’orologio a vent’anni fa.

L’affermazione dell’etnia pashtun è emersa progressivamente nonostante i ripetuti annunci concilianti da parte dei talebani. Il governo che questi hanno formato, infatti, vede una forte prevalenza di Pashtun, a detrimento delle altre minoranze, i Tagiki e gli Hazara soprattutto. Gli Hazara, in particolare, hanno visto il verificarsi di numerosi attacchi e di veri e propri attentati che hanno lasciato sul terreno migliaia di persone. L’odio religioso antisciita ha attirato l’attenzione dell’Iran, maggiore potenza sciita, che ha avviato contatti con l’altro Stato direttamente interessato al peggioramento delle condizioni delle minoranze in Afghanistan: il Tagikistan.

La minoranza tagika è stata quella più ostile ad un ritorno delle milizie talebane al potere, come evidenziato dalla resistenza antitalebana opposta dalle comunità stanziate nella valle del Panjshir. Il presidente del Tagikistan, Emomali Rahmon, ha assunto una posizione orientata alla difesa dei diritti della minoranza tagika in Afghanistan, più per ricompattare il proprio consenso interno che per una reale capacità di incidere sulla politica afghana. Ciò tuttavia lo ha portato ad avvicinarsi all’Iran per cercare di fare pressione sui talebani e spingerli a fare concessioni in tema di partecipazione e di diritti delle minoranze.

L’Uzbekistan ed il Turkmenistan, che pure vedono minoranze di Uzbeki e Turkmeni oltreconfine, hanno assunto un atteggiamento molto più dialogante, sia perché storicamente hanno un rapporto molto più distaccato con le minoranze presenti in Afghanistan rispetto al Tagikistan, sia perché hanno importanti interessi economici e commerciali nell’area. Il Turkmenistan, in particolare, è interessato a tutelare il progetto del gasdotto TAPI che dovrà attraversare l’Afghanistan e che non può permettere venga messo a rischio dai talebani, mentre l’Uzbekistan ha tenuto un approccio pragmatico e di dialogo verso Kabul per evitare qualsiasi ritorno del terrorismo in Asia centrale, soprattutto nella valle del Fergana.

L’ingovernabile “Tomba degli imperi”

Con il ritorno dei talebani si è aperta per l’Afghanistan una nuova fase, segnata dal ritorno del fondamentalismo nella vita pubblica e dalla presa di potere della maggioranza relativa di etnia pashtun. La corrispondenza d’amorosi sensi fra talebani e Pashtun è senza eguali nel paese, dato che i primi provengono in larghissima parte dalle file dei secondi e in molti casi ne rappresentano le istanze. In un sistema clanico e frammentato come quello afghano ciò significa sostanzialmente mettere in disparte le altre minoranze, generando preoccupazione da parte di alcuni degli Stati con maggiori interessi nell’area: l’Iran e il Tagikistan fra tutti.

Sebbene i nuovi talebani vogliano presentarsi come maggiormente aperti e dialoganti sia verso le minoranze etniche sia verso le altre grandi escluse dal processo di costruzione del nuovo Stato, le donne, nei fatti alle loro dichiarazioni non sono seguite azioni concrete. La visione fortemente conservatrice della maggioranza relativa del paese, che fra i talebani è maggioranza assoluta, ha iniziato a manifestarsi sempre più con il passare delle settimane e dei mesi dalla presa di Kabul.

Il costante clima di scontro fra fazioni avversarie, tipico dell’Afghanistan, tuttavia, non fa altro che tenere il paese impantanato nelle sabbie mobili, senza che vi sia un reale avanzamento economico e sociale. La mancata ricomposizione nazionale, che avrebbe dovuto condurre ad un rafforzamento dell’architettura statale, è causa di una costante oscillazione del potere tra vari gruppi etnici, senza che si riesca a trovare un terreno comune per la cooperazione. Solo attraverso un graduale superamento dei meccanismi clanici che affliggono il paese sarà possibile giungere ad una pacificazione interna e stabilizzare la politica afghana. Altrimenti ci si dovranno aspettare futuri rovesciamenti di potere come se ne sono visti fino ad oggi.

FONTE: https://www.eurasia-rivista.com/il-nuovo-afghanistan-le-minoranze/

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