MELONI: “CONTRO L’INDIPENDENTISMO MANDANO I FINANZIERI”

mag 24, 2012 0 comments
Di Carlo Melina
Il calvario è iniziato nel 2011, anche se Doddore Meloni, leader dell’indipendentismo sardo, lo racconta sorridendo: “Le divise non mi hanno mai fatto paura. Figuriamoci quelle della Finanza”. Tre figlie, ciascuna della quali con una propria società, l’eroe di Malu Entu, si è ritrovato le fiamme gialle in casa in quanto, sarebbe stato, all’oscuro del fisco, l’amministratore di fatto delle ditte Felix commerciale sr e Marceddì srl: “non era vero, ma per accontentarli, ho chiesto alle mie figlie di nominarmi amministratore unico”.
In seguito alla prima perquisizione, verrebbero sottratti a Meloni, e mai restituiti, materiale politico e tutti i documenti necessari per poter continuare le operazioni di contabilità delle due ditte: “I finanzieri mi hanno chiesto di andarmeli a riprendere in caserma, io ho risposto che mi li dovevano riportare loro, finché, chiusa l’istruttoria, sono stato accusato di 5 milioni di euro di evasione”. Per cifre simili, il codice italiano prevede il mandato di cattura. Ma Meloni, in favore del quale la stampa sarda scrive oramai d’ufficio, resta a piede libero. E, non disponendo dei documenti sequestrati, chiude le aziende, motivando così la sua scelta: “Ero stufo di essere preda dei loro comportamenti”. Comportamenti persecutori, come li chiama Meloni, che non si interrompono.
“Io lo sapevo che non venivamo da me per questioni di tasse, ma per la mia attività politica. La riprova c’è stata pochi giorni fa – spiega Doddore al telefono, reduce dalla consegna di 12.999 firme per il referendum sull’indipendenza della Sardegna – Le firme erano di più, precisamente 27.347, come certificato anche dalla stampa locale e italiana. Ma io ne ho consegnate di meno, per scaramanzia. La 13.000esima doveva essere la mia, ma siccome sono interdetto dai pubblici uffici, non ho firmato.”
Il successo dell’iniziativa referendaria attraversa il Tirreno e sbarca sul continente. Prima La Stampa di Torino gli dedica mezza pagina, poi, il 15 e il 16 maggio, la Padania la elogia, mentre Adnkronos batte comunicati internazionali sul cowboy sardo, patrono degli indipendentisti. Un successo a cui, secondo Meloni, la procura di Oristano non avrebbe voluto assistere: “Il 17 maggio il procuratore ha firmato un duplice mandato di perquisizione, e il 21 mattina, alle 7.00, sono arrivati il comandante della Finanza in persona, sei marescialli e un appuntato. Hanno controllato tutto, la casa, la macchina, il cortile e pertinenze varie, salvo portar via quattro scartoffie.”
Affatto intimidito, Meloni ricorda la perquisizione come un momento di gloria: “Sì, perché quelli che vengono da me, non sono quasi mai finanzieri sardi, che piuttosto si prendono un giorno di ferie o si danno malati. La verità è che molti, fra le forze dell’ordine, non solo hanno firmato per il referendum, ma, tolta la divisa, hanno promosso l’iniziativa con dei banchetti nelle varie città della Sardegna.” Fra gli attivisti che circondano Meloni c’è anche un gruppo di più di 6.000 persone che sta facendo pressione perché nell’isola i sindaci si rifiutino di applicare l’Imu: “una delle tante tasse imposte da un governo di tecnici, nominato da un golpista che applaudì i carri armati al loro ingresso a Praga.”
Impossibilitato a presenziare alla convention di Jesolo, Meloni auspica la nascita di un coordinamento di tutte le forze indipendentiste della penisola: “Ci vuole un organismo generale, i cui rappresentati si turnino a vicenda. Non un partito, ovviamente, con correnti, divisioni e personalismi. Il momento è buono, il centralismo democratico è finito, l’Italia scricchiola, e, tanto alla Germania quanto alla Francia, una sua frammentazione politica conviene tanto quanto conviene a tutti noi”.

Fonte:L'Indipendenza

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