Scuola: l’ideologia classista del potere dietro le iniziative “pedagogiche” di Profumo

giu 15, 2012 0 comments
Di Barbara Albertoni
Navigo e m’imbatto in quest’articolo dove si fa della gran “filosofia” morale sul “copiare” e “far copiare” i maturandi all’esame di stato sostenendo in buona sostanza che sarebbe un valore impedire agli studenti di copiare agli esami con molta fermezza, addirittura istituendolo come “reato” penale.

Sinceramente,  non mi andrebbe mai di fare il poliziotto agli esami di maturità. Non l’ho mai fatto e non penso nemmeno che faccia parte del mio lavoro (è ovvio che per svolgere una prova ci vuole concentrazione e silenzio, ma il “filo spinato” mi spiace ma non l’adotto) . Inoltre non vorrei offendere nessuno ma leggendo certi appelli come quello del “ Gruppo di Firenze” mi vien da pensare che noi insegnanti, manovalanza intellettuale del paese, forse a furia di essere umiliata e sottopagata da decenni, siamo diventati una manica di deficienti.
Questo  Gruppo di Firenze avrebbe scritto al ministro profumo rivolgendogli la seguente richiesta
«Gentile ministro le chiediamo di garantire la regolarità dei prossimi esami di Stato, dando disposizioni per una vigilanza veramente rigorosa e mettendo in atto tutte le iniziative normative e tecniche utili a far sì che vengano premiati il merito e l’impegno invece della furbizia e della slealtà»
Intanto discuto il fatto di aver riconosciuto Profumo come interlocutore civile, quando è un tecnocrate affamatore messo lì senza neppure l’avallo degli italiani a perpetrare il crimine dei licenziamenti. Secondariamente un insegnante decente sa che è una carognata bocciare in quinta nelle scuole pubbliche, soprattutto quando gente molto meno meritevole ma piu’ ricca si diploma negli istituti privati facendo manovre di “passaggio” compiti che impressionerebbero Houdini. Invocare il “merito” in un contesto così mi sembra solo un gesto ipocrita asservito alle mire depauperanti dell’istituzione da parte di questo potere.
Profumo è il membro del governo Monti, che mette in atto le direttive di Goldman Sachs. Banchieri che fanno interessi diversi dal “bene” degli italiani: è di due giorni fa la dichiarazione con cui Profumo dice di voler predisporre la scuola italiana ad una grande campagna di convincimento dei “giovani” alla bontà dell’unificazione europea e il suo sistema di premiazione del merito è soltanto un modo classista di affrontare i problemi della formazione delle giovani generazioni. Non è premiando con le medaglie pochi ragazzi di buona famiglia,  seguiti, con mezzi economici e fiato dei genitori sul collo, che si fa “del bene ai giovani”, bensi’ ripristinando diritti e risorse per tutti: i disabili, i deboli, i figli dei lavoratori, i poveri, i periferici. Perchè solo allargando la possibilità di accedere ai libri, alle spiegazioni, all’apprendimento vero, al consolidamento delle abilità alla massa della gente si otterrà in futuro una società piu’ matura, consapevole e libera. Come diceva, semplicemente, Don Milani, che anche se è un prete famoso, guardacaso, il mainstream non gli dedica manco un documentarietto di un quarto d’ora.
Il cammino della scuola italiana, poi, lo potevamo leggere sotto forma di profezia nel documento di Licio Gelli “programma della loggia P2″ scritto nel 1982, quando le scuole italiane vivevano la loro piena funzione nell’essere gratuite e qualitative. Nel vocabolario di Gelli ricorre, come nelle istanze di questo “gruppo di firenze” il termine “meritocrazia”. Per Gelli “meritocrazia” vuol dire “scolarizzazione di qualità solo per i figli delle classi dirigenti”. Il documento del 1982 ha preconizzato il cammino destabilizzante e destabilizzato che la scuola italiana ha seguito finora. Questi docenti del “gruppo di firenze” senza volerlo depongono argomenti a favore della “linea Gelli” che possiamo leggere, appunto, nel programma della P2
l’involuzione subita dalla scuola negli ultimi 10 anni quale risultante di una giusta politica di ampliamento dell’area di istruzione pubblica, non accompagnata però dalla predisposizione di corpi docenti adeguati e preparati nonché dalla programmazione dei fabbisogni in tema di occupazione.
Ne e’ conseguente una forte e pericolosa disoccupazione intellettuale – con gravi deficienze invece nei settori tecnici nonché la tendenza a individuare nel titolo di studio il diritto al posto di lavoro. Discende ancora da tale stato di fatto la spinta all’egualitarismo assolto (contro la Costituzione che vuole tutelare il diritto allo studio superiore per i più meritevoli) e, con la delusione del non inserimento, il rifugio nella apatia della droga oppure nell’ideologia dell’eversione anche armata. Il rimedio consiste: nel chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio – posto di lavoro; nel predisporre strutture docenti valide; nel programmare, insieme al fenomeno economico, anche il relativo fabbisogno umano; infine nel restaurare il principio meritocratico imposto dalla Costituzione.
Sotto molti profili, la definizione dei programmi intersecherà temi e notazioni già contenute nel recente Messaggio del Presidente della Repubblica – indubbiamente notevole – quale diagnosi della situazione del Paese, tenendo, però, ad indicare terapie più che a formulare nuove analisi.
All’epoca Gelli voleva sopprimere l’automatismo titolo di studio=posto di lavoro. Oggi si è arrivati alla soppressione addirittura del “posto di lavoro” erigendo il precariato a suprema sintesi sociale, economica ed esistenziale del capitalismo. E il depauperamento di risorse della scuola (classi pollaio, carenze di attrezzature e di strutture, personale esiguo, accorpamenti selvaggi) è stato soltanto il progressivo indizio di tutto cio’. Nessun intellettuale si è eretto a difendere la scuola pubblica, anzi s’è mobilitato Alberoni per rovesciarci letame addosso, scrivendo panzane grossolane. De Mauro s’è pronunciato piu’ volte contro l’ignoranza diffusa del popolo italiano, ma mai nessuno s’è fermato a considerare le ragioni di una categoria additata come “fancazzista” e “incompetente”, schiacciata dalle famiglie dei ciucci e dalle istituzioni che smantellavano questa realtà anno dopo anno. Gli operatori scolastici tuttora combattono titanicamente contro la dozzinalità della sottocultura di massa propalata da media e TV che condizionano i rapporti umani e la società.  E la scuola in cui ci si mette in dialettica anche con “l’educazione” o la “diseducazione” della gente sono diventate  contesti spesso mobbizzanti, verso singoli e/o  gruppi.
Mi dispiace, ma non condivido che a fare le spese di tutto questo marciume cui gli italiani hanno assistito imbelli e i cui figli stanno subendo, siano i poveracci diciottenni che devono affrontare un “esame di stato”: dicitura pomposa per una pantomima ormai inutile, costosa, con un senso solo formale. Hanno appena finito di discutere sul fatto di togliere valore legale ai titoli di studio, proposta per ora accantonata ma che, come il nucleare, tornerà a farsi sentire. Copiate, ragazzi, copiate: non sarò io la “sacerdotessa” della “meritocrazia governativa” che si esprime impedendo di copiare agli esami di maturità. Mandassero i poliziotti anche a scuola durante gli esami se proprio vogliono diffondere questo verbo, tanto siamo abituati: oggi in Italia, oltre alle macerie di quella nazione che fummo, si vedono soltanto divise.

Fonte: http://www.cloroalclero.com/?p=10375

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