I campi di concentramento per prigionieri italiani in Australia durante la II guerra mondiale

giu 10, 2015 0 comments
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Il 10 giugno 1940 l’Italia entro` nella seconda guerra mondiale al fianco della Germania. Nel corso della guerra, la Gran Bretagna e i suoi alleati catturarono in Etiopia e nel Nord Africa circa 400’000 soldati italiani, che vennero mandati in campi di prigionia in ogni angolo della Terra, compresa l’Australia dove furono internati più di 18.000 prigionieri italiani.
Dopo l’8 settembre, invece che rimandarli in Italia, gli australiani pensarono bene di metterli a lavorare nei campi. Una vera immoralità, considerando che molti di loro erano stati catturati nel 1940/41 in nord Africa e che i loro commilitoni combattevano a fianco degli australiani contro i tedeschi. La paga era molto inferiore a quella dei lavoratori australiani, tanto che ci furono proteste dei sindacati contro l’uso di prigionieri italiani nelle fattorie australiane.

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Gli australiani all’inizio erano riluttanti a sobbarcarsi la responsabilita` e i costi di tenere prigionieri, ma gli inglesi li convinsero a prendersene un contingente. Cosi`migliaia di prigionieri incominciarono ad arrivare in Australia. Poi, dal 1944 in poi, quando l’Italia non era piu` in guerra con gli alleati, i prigionieri italiani diventarono una risorsa preziosa, e gli australiani richiesero a piu` riprese di riceverne piu`. Ma gli inglesi non furono completamente accomodanti, perche` avevano anche loro bisogno di prigionieri italiani da utilizzare come lavoratori economici.
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Giunti sul suolo australiano quei soldati furono internati in ben 30 campi, disseminati in punti diversi del territorio nazionale. Alla base del lavoro e della collaborazione naturalmente c’era il rispetto. Dalle testimonianze del tempo si evince che quei prigionieri erano trattati bene. Edilizia, trasporti, opere di difesa per calamità naturali, costruzione di strade, acquedotti, ponti erano i campi di impiego. Il maggior impegno fu loro richiesto per la costruzione della ferrovia transcontinentale che proprio in quegli anni era in fase di realizzazione. Le Autorità australiane che giudicarono gli operai italiani più dotati e redditivi, fecero si che dal 1944 il Governo disponesse che solo i prigionieri italiani potevano essere internati in quei campi e per quei lavori. Altri militari furono messi a disposizione degli agricoltori lontani anche una giornata di viaggio dal loro campo. Gli agricoltori e gli allevatori che dietro regolare autorizzazione delle Autorità prelevavano prigionieri internati, dovevano fornir loro vitto e alloggio per tutto il periodo dei lavori. Non erano tenuti però a pagare alcun compenso, in quanto dovevano versare al Governo una tassa di una sterlina a settimana per ogni prigioniero utilizzato e il Governo stesso, dopo aver trattenuto sulle somme versate la parte di sua spettanza, stornava dei fondi che andavano, per l'ammontare di quindici scellini individuali, a ciascun prigioniero utilizzato.
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In quegli anni molti prigionieri hanno lavorato sodo negli allevamenti bovini e nelle fattoria, in modo da ottenere un giudizio positivo da parte dei datori di lavoro australiani.
Questa circostanza ha contribuito a generare un ambiente più favorevole per la migrazione italiana del secondo dopoguerra.
Dopo il conflitto, l’atteggiamento degli australiani nei confronti italiani gradualmente è iniziato a cambiare con il crescente apprezzamento della loro importanza per lo sviluppo economico
Allo stesso tempo, l’esperienza bellica ha contribuito a rimuovere gran parte dell’attaccamento politico e sentimentale che in precedenza gli italiani avvertivano verso il loro paese.
Di conseguenza, la fine della guerra, ha incoraggiato la naturalizzazione di molti immigrati catturati come nemici allo scoppio del conflitto mondiale.
Alla fine del 1947, solo il 21% degli italiani residenti in Australia non era stato ancora naturalizzato.
Molti naturalizzati alla fine del 1940 hanno fatto in modo di fugare i sospetti causati dalla guerra.

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Entro i primi anni 1950, le autorità australiane formalizzarono accordi per la migrazione con i Paesi Bassi (1951), la Germania e l’Austria (1952). Essi hanno inoltre introdotto un sistema di chiamate personali, aperta agli italiani, al fine di consentire alle famiglie separate dalla guerra di potersi riunire (pienamente efficace nel 1952).

La chiamata personale era una garanzia di assistenza agli immigrati e di contatti al loro arrivo in Australia, al fine di aiutarli a valutare tutte le possibilità di occupazione.

A differenza del periodo ante-guerra la maggior parte degli immigrati degli anni 1950 e 1960 è partita prevedendo di stabilirsi permanentemente in Australia.

All’interno di questi due decenni, il numero degli italiani arrivati in Australia è stato così elevato che il loro numero è aumentato di dieci volte.

Anche se non ci sono dati precisi, trattandosi del censimento australiano sui nati-Italiani, il gruppo etnico italiano con i loro figli nati in Australia potrebbe essere avvicino agli 800.000 individui, classificandosi numericamente come il primo non di lingua inglese tra le comunità etniche in Australia.


FONTE:http://pulcinella291.forumfree.it/?t=68934346

PER APPROFONDIRE:http://www.italianpow.info/

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