Vita da spia: istruzioni della Cia agli agenti segreti in viaggio

mar 13, 2017 0 comments
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Dovrebbero vigilare sulla sicurezza dello Stato, non riescono nemmeno a vigilare sulla propria. C’è qualcosa che non va nella Cia: lo dimostra il leak di documenti riservati finiti nelle mani di Wikileaks, e ora diffusi in tutto il mondo. E lo dimostra anche ciò che, proprio su questi documenti, viene scritto. La vita della spia, a quanto pare, sembra molto noiosa.
Un buon esempio sono le istruzioni (riportate dall’Economist) destinate agli agenti che viaggiano. Quali sono i trucchi in aeroporto? Come ci si comporta tra un volo e l’altro? Quali sono le raccomandazioni che un buon agente segreto deve tenere a mente? Chi si immagina di scoprire arcani tenuti nascosti ai comuni mortali rimarrà deluso: la vita della spia segue regole ispirate al più banale buonsenso.
“Se usate una carta di credito personale, assicuratevi di contattare la vostra compagnia e segnalate loro che andate all’estero”, suggeriscono. Ma va, che idea. Oppure: “Non lasciate alcun oggetto elettronico o importante incustodito in camera d’albergo (paranoico, sì. Ma meglio prevenire che curare”. Sempre più sofisticati.
Per chi viaggia in Germania, è bene sapere che: “Se si arriva la domenica mattina, bisogna aspettarsi di trovare chiusi la maggior parte degli esercizi commerciali (soprattutto i negozi di alimentari)”. Ma, per fortuna, “alcuni ristoranti potrebbero essere aperti”. Solo che “Le stazioni di benzina non sono indicate per chi vuole mangiare bene”. Cose che sanno anche i bambini.
In ogni caso, “se volate con Lufthansa, gli alcolici sono gratuiti! Bevete pure (con moderatezza)”. E sempre per restare in tema sbornia, “quando la missione è compiuta, comprate pure qualcosa al Duty Free, perché siete in gamba e ve lo meritate (mi permetto di suggerire una sigle edition di whisky per il viaggiatore)”. Nemmeno fossero dei rappresentanti commerciali.
Ma il meglio di sé la Cia lo dà quando spiega come evitare i controlli aeroportuali. Roba forte, penserà il lettore. Ma si sbaglia di nuovo: “Gli ufficiali di sicurezza – dicono – si concentrano di più sui viaggiatori che mostrano, senza nessun motivo apparente, mani tremanti o il respiro accelerato”. Segni di allarme sono anche i “rossori in viso, i sudori freddi, le arterie pulsanti” e “la mancanza di contatto visivo”. In sostanza, secondo la Cia, se qualcuno ha la febbre o una sincope incipiente, rischia di finire in manette.
Ma agli agenti americani non la si fa: nell’aeroporto di Budapest sanno che “vengono usate telecamere a circuito chiuso e finti specchi per osservare i passeggeri e cogliere segni di nervosismo”. Alle Mauritius, invece, le telecamere “hanno lo zoom, così si possono notare tutte le espressioni facciali”. In Israele i sospetti scattano “in presenza di un viaggiatore solo con uno zaino”, a Tokyo “se ci si sofferma troppo a studiare il controllo dei bagagli”.
Nel caso fatale in cui si venga fermati dalla polizia, il bravo agente non dirà mai “ah” né “uhm”, né si aggiusterà i vestiti né utilizzerà espressioni come “in tutta franchezza” o “lo giuro su Dio”. E neppure fornirà eccessivi dettagli sulla questione. C’è in ballo una missione che rischia di fallire. O peggio ancora, un aereo da prendere.

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