Libia, il petrolio riparte: produzione a 800 mila barili al giorno

mag 11, 2017 0 comments
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Di Rolla Scolari

La produzione di greggio libico ha toccato quasi gli 800 mila barili al giorno. Si tratta del livello più alto dal 2014 in un Paese che resta diviso politicamente e geograficamente. La produzione in Libia è salita in queste settimane grazie anche alla riattivazione ad aprile dei giacimenti di Sharara ed el-Fil, o Elefante, nell’Ovest, e martedì di quello di al-Bayda, nella parte orientale del Paese. Nonostante la situazione politica e della sicurezza, dall’estate scorsa i progressi a livello di settore energetico sono stati importanti: ad agosto 2016, infatti, la produzione era a meno di 200mila barili al giorno. 
Gli impianti, per quanto non fossero stati distrutti da anni di conflitti, sia all’est sia all’ovest, sono passati nelle mani di diversi gruppi e milizie e la loro manutenzione è stata per lungo tempo scarsa o inesistente. Da diversi mesi, invece, la Compagnia petrolifera nazionale, Noc, con una serie di operazioni di negoziato tra milizie, clan tribali e poteri locali, è riuscita a garantire la riapertura dei principali terminal e giacimenti e a attrarre investimenti stranieri. Secondo i vertici della società la Libia potrebbe arrivare almeno a un milione di barili al giorno, ma le divisioni politiche continuerebbero a causare rallentamenti nella ripresa petrolifera, cui è legata strettamente la crescita economica di un Paese con enormi necessità di liquidità. 

«Serve uno sforzo nazionale»
, ha detto nelle scorse ore il presidente della Noc, Mustafa Sanalla, che accusa il governo di Tripoli, sostenuto dalle Nazioni Unite e guidato da Fayez el-Sarraj, di lavorare contro la società energetica. A marzo infatti, il Consiglio presidenziale del governo di Tripoli ha annunciato che controllerà direttamente i contratti petroliferi con i Paesi e le compagnie stranieri, una funzione che ha finora avuto la Noc, assieme alla Banca centrale, l’unica istituzione nazionale funzionante.

La società energetica si oppone a questa nuova direttiva e in questa disputa politica è finita la compagnia petrolifera tedesca Wintershall, che secondo la Noc avrebbe negoziato direttamente con Tripoli ignorando un precedente contratto del 2010 con la società nazionale. Risultato: le è stato bloccato l’accesso al terminal di Zueitina e di conseguenza i tedeschi hanno cessato l’estrazione di circa 160 mila barili al giorno che avrebbe portato la produzione nazionale libica al traguardo simbolico del milione.
 

Prima della rivoluzione e poi guerra civile che nel 2011 hanno messo fine al potere di Muammar Gheddafi, la Libia produceva 1,6 milioni di barili al giorno. I vertici della società energetica contano tornare quasi a quella soglia – 1,5 milioni - entro la fine del 2018, ma ammettono di dover attirare per poterlo fare almeno 1,8 miliardi di dollari di investimenti. Il loro successo è legato quindi anche ai destini della frammentata politica nazionale e alla stabilità del Paese. La settimana scorsa, per la prima volta dall’inizio della crisi nel 2016, i due protagonisti della frattura, il premier al-Sarraj e il generale dell’est Khalifa Haftar, si sono incontrati ad Abu Dhabi, negli Emirati arabi, alleati del militare. Tra loro, avrebbero trovato un accordo su un voto non oltre la primavera del 2018 e sul tentativo di riunificare le forze armate della Libia.  

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