Quando il Cremlino sognava una guerra razziale negli Stati Uniti

gen 7, 2022 0 comments


Di Pietro Emanueli

Le società multietniche sono stabili quanto le controparti monoetniche? L’esperienza storica dice che rispondere non è affatto semplice. Perché la coesione, oltre che di etnia, è il risultato di una mescolanza di elementi, quali cultura, religione e trascorsi. Il motivo di cui sopra spiega perché sono esistite ed esistono società dove il pluralismo etnico non è mai stato un problema, ad esempio il Brasile, e società per le quali la multietnicità costituisce un fattore divisivo e conflittuale, ad esempio gli Stati Uniti.

Se la storia insegna qualcosa, a proposito della multietnicità, è che un regime che non controlla i membri delle varie comunità che compongono la multinazione ha ragione di temere il collasso, o meglio un’implosione in stile balcanico, ogniqualvolta incrocia un avversario abile nel gioco della “militarizzazione delle minoranze etniche”.

La Federazione russa ha sperimentato sulla propria pelle il potenziale distruttivo dell’arma etnica durante i primi anni Novanta, e da allora monitora con attenzione i sentimenti panturchisti delle popolazioni stanziate dal Tatarstan all’Estremo Oriente. La Francia è consapevole di avere un problema con i propri cittadini provenienti dalle ex colonie, vulnerabili al corteggiamento di Turchia e altre potenze. E gli Stati Uniti hanno avuto paura, sin dalla guerra fredda, che qualcuno istigasse contro le istituzioni la minoranza afroamericana. Una paura più che fondata alla luce delle Pantere Nere, della Nazione dell’Islam, dei moti di Black Lives Matter e di un piano sovietico di natura sovversiva, mai attuato, rispondente al nome di Pandora.

Pandora, parola d’ordine: guerra razziale

Pandora (Пандора) è il nome di un’operazione ipersegreta che, secondo il celeberrimo Vasili Nikitič Mitrokhin – l’autore dell’omonimo archivio –, il potente Kgb avrebbe voluto condurre nella costa orientale degli Stati Uniti nei primi anni Settanta. Secondo quanto raccontato (e documentato) dall’oggi defunto Mitrokhin, l’operazione Pandora fu concepita al termine di una disamina delle debolezze delle tessuto sociale statunitense stando alla quale sarebbero sussistite delle concrete possibilità di sollevare i neri contro i bianchi e dare il via ad una guerra razziale su scala nazionale.

Erano gli anni Settanta, del terrorismo politico delle Pantere Nere, dell’espansione della Nation of Islam e dell’Helter Skelter della Famiglia Manson. Negli Stati Uniti si respirava un’aria pesante – aria di guerra civile dai contorni razziali – e l’Unione Sovietica avrebbe voluto profittarne, soffiando sul fuoco del rancore e dell’odio con il duplice scopo di costringere il nemico a stare tra le mura domestiche e di screditare la regina delle democrazie agli occhi del mondo. Era dagli anni Trenta, del resto, che la macchina propagandistica sovietica denunciava il trattamento degli afroamericani nel mondo, all’insegna del motto “А у вас негров линчуют!” (let. E voi linciate i negri!).

Pandora avrebbe dovuto sancire l’elevazione delle misure attive (активные мероприятияdirette contro gli Stati Uniti, passando dalla strumentalizzazione della questione afroamericana a scopo propagandistico alla capitalizzazione della Rabbia nera (Black Rage) con fini politici. Nello specifico, secondo quanto si legge nell’archivio Mitrokhin, gli agenti del Kgb avrebbero dovuto compiere degli attentati nei quartieri afro di New York City, e probabilmente di altre metropoli, facendo ricadere la colpa su organizzazioni come il Ku Klux Klan e la Lega di Difesa Ebraica

Nel 1971, l’anno in cui avrebbe dovuto avere luogo il primo attacco, il Kgb iniziò a produrre volantini propagandistici e a diffondere bufale negli ambienti del suprematismo nero allo scopo di preparare il terreno per lo scontro razziale. I militanti del KKK e della LDE stavano aggredendo gli afroamericani di tutti gli Stati Uniti, da costa a costa, ragion per cui la resistenza nera organizzata avrebbe dovuto impugnare le armi e insorgere. Ragioni ignote, forse lo scarso attecchimento della propaganda, avrebbero però causato l’annullamento della missione alla vigilia dell’installazione delle bombe.

Il flirt infinito con la rabbia della Black America

La questione afroamericana ha trovato il modo di farsi nuovamente strada negli anni della guerra fredda 2.0. Questa volta, però, niente piani esplosivi. Anche perché, dato l’aggravarsi delle relazioni interrazziali negli Stati Uniti del Duemila, al Cremlino nessuno ha sentito e sente il bisogno di ricorrere a rischiose operazioni sotto falsa bandiera in stile Pandora.

La nuova strategia della Russia per la Black America presenta le seguenti caratteristiche:

  • È morbida, perché non contempla la conduzione di sabotaggi e azioni dure.
  • È mediatica, perché essenzialmente basata sull’utilizzo di piattaforme sociali, blog e siti web in funzione di amplificatori di notizie, diffusori di bufale o semi-verità e alimentatori di divisione e polarizzazione.
  • È deterritorializzata, perché non prevede il dispiegamento di agenti segreti sul posto né il supporto a partiti e/o movimenti estremistici.

Morbida, mediatica e deterritorializzata, la strategia della Russia per la Black America è principalmente, o meglio quasi esclusivamente, basata sull’utilizzazione dell’Internet Research Agency (IRA), una fabbrica di troll e soldati cibernetici che ha sede a San Pietroburgo, è conglobata nel circuito di Evgenij Prigozhin e la cui specialità sono le operazioni psicologiche in rete. L’Ira, come appurato dagli investigatori statunitensi, disinforma e polarizza l’opinione pubblica a stelle e strisce sin dall’era Obama, diffondendo bufale e contenuti divisivi tra i bianchi e i neri, tra repubblicani e democratici e tra nazionalisti bianchi e nazionalisti neri.

Le indagini degli inquirenti statunitensi concordano: in prima linea ogniqualvolta esplodano rivolte razziali e capitino episodi di brutalità poliziesca, gli psico-guerrieri dell’Ira hanno mostrato e continuano a mostrare una predilezione per Black Lives Matter e tutto ciò che riguarda la questione afroamericana, riuscendo persino nell’obiettivo di organizzare marce di protesta utilizzando dei profili falsi. Eventi eloquenti, per certi versi spaventevoli – perché indicativi sia del livello di divisione raggiunto dalla società americana sia del potenziale destabilizzativo delle nuove tecnologie –, utili per non dimenticare che un vaso di Pandora, talvolta, può essere scoperchiato anche senza bombe. Bastano una tastiera, un computer, una buona connessione e un profilo Facebook.

FONTE: https://it.insideover.com/politica/quando-il-cremlino-sognava-una-guerra-razziale-negli-stati-uniti.html

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