Un sogno: un belpaese libero

lug 15, 2012 0 comments
Di Gianni Lannes
  In un Paese affondato nelle sabbie mobili degli interessi privati e personali, nelle meschine convenienze di ciascuno, dirsi tutto è il primo passo per costruire il futuro. Dirsi tutto, sì. Sono radicale,sempre.
 Essere radicali vuol dire andare alla radice delle cose. E alla radice di ogni cosa c’è l’essere umano.
L’Italia è militarmente e politicamente occupata dagli Stati uniti d’America: il nostro Paese non è sovrano né indipendente. Il belpaese paga miliardi di euro per mantenere le basi militari Usa che occupano il nostro territorio e da noi decollano per far guerra a mezzo mondo.
Il belpaese sborsa in euro e in vite umane i conflitti imposti dalle caste belliche e finanziarie. Il belpaese fa fronte con nuovi debiti al pagamento delle armi che lo “zio sam” ci vende per fare più morti e più distruzioni. Il regime partitocratrico succube di chi tiene in pugno con il terrore bellico il resto del mondo, svena le casse pubbliche sempre più indebitate.
Poi a cittadine e cittadini dicono che non ci sono risorse per la scuola pubblica, per la sanità, per la ricerca, per servizi pubblici dignitosi, per il lavoro, per le imprese, per le famiglie.
Chissà quanti anni e quante generazioni ci vorranno perché arrivi una nuova leva di italiani che sappiano scrollarsi di dosso la coltre della rassegnazione, dell’oggi a me e domani a te. Come se l’ex giardino d’Europa, fosse solo una gigantesca torta da spartirsi: appalti, subappalti, commesse, indotto pubblico e privato, posti al sole e posti in villa off shore.
Chissà se riusciremo in breve tempo a seminare quel seme buono a far germogliare di nuovo la sapienza delle madri, il coraggio dei padri, l’abnegazione dei nonni, di quelli che hanno fatto realmente grande l’Italia, prima che l’egoismo e il criminale calcolo del privato profitto dei nipoti e bisnipoti la riducesse in polvere. La crisi, il mutamento antropologico già sapientemente preannunciato da Pasolini, il pensiero unico, la dipendenza, l’assenza di memoria sociale.
Nel 1979 Leonardo Sciascia da parlamentare indipendente impronta la sua azione radicalmente: “Rompere i compromessi e le compromissioni, i giochi delle parti, le mafie, gli intrallazzi, i silenzi, le omertà; rompere questa specie di patto tra la stupidità e la violenza che si viene manifestando sulle cose italiane”. Mai come oggi ci rendiamo conto del fatto che l’intelligenza collettiva è dissolta, la voce della critica sociale è muta, la democrazia morta e sepolta.
Possiamo fare qualcosa? Ho il dovere di sperarlo e di essere contagioso. A questo serve la cultura. L’unico modo di combattere la paura di tanti è costruire speranze non solo per pochi. La paura è passiva, ma la speranza va coltivata, nei cuori e nelle menti. La paura è una componente essenziale della nuova miseria, assieme alla intolleranza e alla solitudine.
 Un destino da cui non si fuoriesce soli.
Occorre continuare ad affermare il più possibile, la verità, quella scomoda, che urtica, quella che obbliga al realismo.
Anche il giornalismo può ri-dare significato al reale a condizione di essere credibile. Bisogna ri-trovare la capacità di indignarsi, di re-agire, di ribellarsi, di stabilire che il bene di tutti venga prima dell’interesse di alcuni (pochi).
Unire sulle questioni fondamentali, anziché dividere sulle strumentali. Insieme possiamo piantare un seme importante. Insieme possiamo iniziare a cambiare il corso delle cose e degli eventi. Insieme possiamo disintegrare la passività.
Che il futuro sia comune: avanti, il destino è nelle nostre mani. SU LA TESTA!

Fonte: http://www.articolotre.com/2012/07/un-sogno-un-belpaese-libero/98581

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