Coccodrilli e fast food: l’Expo 2015 umilia la cucina italiana

mar 6, 2015 0 comments
Expo 2015
Di Giuliano Lebelli
Tra gli scandali sugli appalti e il marketing dalla grafica dozzinale, l’avventura di Expo 2015 è partita decisamente male. Che a un evento internazionale sul cibo che si svolge in Italia, alla fine sia sotto i riflettori più il peggio del junk food internazionale che le prelibatezze della nostra tradizione è però decisamente troppo.
Accade per esempio che McDonald’s sia Official sponsor dell’Expo 2015. Seguito a ruota dalla Coca Cola che, leggiamo sul sito ufficiale dell’evento, “è l’Official Soft Drink Partner di Expo Milano 2015. Il brand è stato scelto in virtù del suo impegno sul fronte dell’innovazione e della crescita sostenibile, capace di generare ricchezza per le comunità, tutelando le risorse utilizzate e incoraggiando consumi e stili di vita equilibrati.”
Anche senza voler lanciare crociate retrò contro il cibo globalizzato, resta quanto meno bizzarro che un evento nel cui sito si denuncia che “c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessi per malattie legate a obesità o sovrappeso)”, poi si faccia sponsorizzare da bibite gasate stracolme di zuccheri e panini ipercalorici. Per tacere degli aspetti culturali: perché citare a ogni pie’ sospinto le tradizioni locali per poi lasciare campo libero ai più standardizzati dei cibi globali?
Ma c’è di più. All’Expo di Milano, infatti, potremo assaggiare il coccodrillo dello Zimbabwe ma non il maialino sardo, a causa del blocco dei suini che arrivano dall’isola per la peste suina. Il ministero ha infatti bloccato i maiali sardi ma ha autorizzato il paese africano a offrire nel suo stand carne di coccodrillo.
Contro la scelta del governo si è schierata l’assessore regionale all’Agricoltura Elisabetta Falchi: “È inaccettabile che il ministero della Salute e la Commissione europea stiano valutando di autorizzare l’arrivo all’Expo 2015 di prodotti animali provenienti da tutto il mondo, che non rispettano le normative vigenti nell’Ue e continuino a impedire il movimento delle nostre carni suine sane e termizzate, che è risaputo non creerebbero alcun problema di carattere sanitario”.
Con tutto il rispetto per la millenaria cultura culinaria del coccodrillo alla Harare.

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