Iraq:milizie turche a Mosul per frenare l’Iran

mar 7, 2015 0 comments
Non si può restare a guardare, deve aver pensato il presidente turco Erdogan di fronte alla composizione dell’armata che ha lanciato in Iraq la controffensiva su Tikrit. Perché accanto a esercito governativo, milizie sciite e sunnite, volontari dalle altre province del paese, la parte del leone la sta facendo il generale Suleimani, capo dell’unità di élite delle Guardie Rivoluzionarie iraniane.
Non è certo una novità che l’Iran abbia da tempo poggiato i propri stivali sul campo di battaglia iracheno, primo paese a mandare armi ai peshmerga e primo a inviare le proprie truppe a sostegno del governo di Baghdad. Già in precedenti controffensive contro lo Stato Islamico i pasdaran erano in prima fila e Suleimani coordinava non solo i suoi uomini, ma anche le milizie sciite irachene vicine a Teheran, in primis le potenti milizie Badr, guidate da Hadi al-Ameri.
La Turchia, il cui primario obiettivo è da quattro anni la caduta del regime di Assad, per ora si era “limitata” ad un sostegno più o meno indiretto a gruppi radicali, tra cui proprio l’Isisgarantendogli un passaggio sicuro in Siria attraverso il confine turco, chiudendo un occhio sulla corruzione dilagante delle proprie forze militari dispiegate alla frontiera.
Ma il timore di un allargamento dell’influenza iraniana sull’Iraq, che nel post-Saddam è già tornato sotto l’ala di Teheran, è troppo pericoloso per il fronte sunnita, guidato da Ankara e Riyad. Potrebbe così cambiare la strategia finora adottata: non più un mero sostegno a chi combatte contro l’asse sciita tra Siria e Iraq, ma unità militari direttamente gestite dalla Turchia.
Per ora si tratta di voci, di dichiarazioni di funzionari anonimi: Erdogan starebbe organizzando proprie milizie da schierare nell’eventuale operazione per la ripresa di Mosul, dopo la prova generale di Tikrit, per controbilanciare il peso indiscusso dell’Iran sciita. Durante una visita a Baghdad e Erbil, poco tempo fa, il ministro della Difesa turco Yilmaz ha dichiarato che il suo paese “intende assumersi le responsabilità derivanti dal suo ruolo e dalla partecipazione alla coalizione”. Alla domanda se la Turchia intenda schierare le proprie truppe, Yilmaz è rimasto sul vago. A parlare è stato giovedì il premier Davutoglu, braccio destro del novello “sultano” Erdogan, che ha negato qualsivoglia partecipazione diretta di milizie gestite dalla Turchia in Iraq.
Eppure era stato Athil al-Nujaifi, governatore di Ninawa, prima provincia irachena a cadere in mano all’Isis, a parlare della decisione di Ankara “di prendere parte all’operazione congiunta per riprendere Mosul”: “La Turchia parteciperà militarmente alla controffensiva su Mosul”. Altre fonti governative, di entrambe le parti, hanno ribadito l’intenzione turca “di bilanciare le forze sunnite e sciite” e “di creare insieme ai paesi del Golfo una forza simile alle unità di mobilitazione popolare sciite”, gestite dall’Iran.
C’è chi dà già i numeri: 20mila miliziani saranno schierati a Ninawa da Turchia e Giordania, ha fatto sapere Saad al-Matlabi, membro della coalizione State of Law, partito di governo iracheno. Che ha aggiunto però che a Baghdad tale intromissione non piace affatto: “Tutti i piani turchi sono stati rigettati dal governo [iracheno]. Le idee proposte dalla Turchia sono volte a nascondere le accuse sul suo diretto coinvolgimento nel sostegno al terrorismo. La Turchia è una fonte di problemi in Iraq e Siria, per cui non è logico che prenda parte alla liberazione di regioni dal terrorismo”.
Che Baghdad voglia o meno, quello che sta a cuore ad Ankara – che potrebbe anche limitarsi ad armare milizie sunnite irachene – è mandare un chiaro messaggio a Teheran: l’asse sunnita non permetterà un rafforzamento di quello sciita. Campo di battaglia resta l’Iraq, già flagellato da otto anni di occupazione statunitense, dalla distruzione della struttura istituzionale e statale, dalla devastazione della sua economia e ora dall’Isis, fatto proliferare da chi oggi – Riyad in testa – dice di volerlo sradicare.
Da sradicare per l’Arabia Saudita c’è solo l’Iran. Nell’incontro di giovedì con il segretario di Stato Usa Kerry, il ministro degli Esteri, il principe Saud al-Faisal, ha parlato della necessità di un intervento militare sul terreno (e non solo di raid aerei) per evitare che l’Iran “si prenda l’Iraq”: “Tikrit è l’esempio delle nostre preoccupazione. L’Iran si sta prendendo il paese. Stiamo assistendo all’esportazione della rivoluzione islamica nella regione, dal Bahrain all’Iraq, dalla Siria allo Yemen”.
Fonte:http://nena-news.it/iraq-milizie-turche-a-mosul-per-frenare-liran/

Per approfondire sull'argomento:http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2015/03/turkey-saudi-plan-anti-iran-sunni-bloc.html

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