Il rifiuto e la paura del contatto fisico

ott 3, 2015 0 comments
contatto fisico

DI GIOELE D'AMBROSIO
Leggo un post su un social network: «Mi sto rendendo conto che più vado avanti negli anni e più mi infastidisce il contatto fisico con altre persone,  mi infastidisce la gente che si avvicina x abbracciarmi o per darmi i classici due baci sulla guancia. Ma è proprio necessario baciarsi? Per educazione non respingo però dentro di me mi viene il nervoso e come un istinto di urlare: “ma stai lontano, non conosci la distanza interpersonale?!”»
A questo post seguono una quindicina di commenti, tutti più o meno dello stesso tono, fatti da persone che condividono le stesse sensazioni: «Quant’è vero quello che dici! E quelli che quando ti parlano ti si avvicinano fino a farti fare gli occhi strabici ti sono capitati? E’ davvero maleducazione; è gente che non rispetta il tuo spazio vitale. Comunque anch’io sono come te!».






E pensare che John Lennon cantava “Love is touch, touch is love” ovvero  “L’amore è toccare, il tocco è l’amore”. Nei casi precedenti, invece, il contatto fisico è fonte di estremo fastidio o comunque di disagio. Queste persone, quando per esempio un collega mette loro una mano sulla spalla, diventano rigidi come fossero pezzi di marmo. Magari schivano anche i baci sulla guancia, gli abbracci o ancora, evitano i luoghi affollati dove il contatto fisico tra persone è quantomeno inevitabile (bus, metro, concerti, etc.).
Il contatto fisico tra due persone può assumere significati diversi, a seconda del soggetto che ne è coinvolto. Una carezza, una mano sulla spalla o anche il semplice sfiorarsi assumono un’accezione molto intima e profonda per alcuni, fino quasi a spaventare,  mentre per altri non hanno la stessa risonanza.
Tra i cinque sensi, il tatto è certamente il più sensuale. Non è un caso infatti che i seduttori, per esempio, cercano, nel contatto fisico, conferma della loro avvenuta conquista.

Il contatto fisico nella nostra infanzia

Nervosismo, angoscia, senso di soffocamento sono le sensazioni che solitamente assalgono chi rifugge il contatto fisico. Sentire che l’altro ha superato la distanza di sicurezza e magari ci sta abbracciando spontaneamente anche solo per dimostrare riconoscenza, ci  crea  disagio, imbarazzo, fastidio, malessere: è come sentirsi nudi, senza protezione.
Le cause di questo disagio vanno ricercate, prima di tutto, nella relazione con i genitori. Per esempio sarebbe utile chiedersi  che tipo di rapporto abbiamo avuto con il tatto quando eravamo bambini. Il corpo ha una memoria storica e porta su di sé segni anche invisibili. Non ha caso nei primi mesi di vita i pediatri consigliano alla madre e al padre di fare sentire al figlio la loro presenza fisica proprio attraverso il contatto, le carezze, l’abbraccio. Questo fa si che il bambino possa vivere un’esperienza positiva del proprio corpo, crescere sentendosi amato e protetto e allo stesso tempo possa sviluppare sicurezza di sè e fiducia negli altri.
Naturalmente però, un eccesso di amore, così come di troppo contatto fisico, prolungato nel tempo, può avere delle conseguenze opposte che si possono riscontrare nel futuro adulto: fuga dal contatto fisico e quindi dalle relazioni umane.

I segni del nostro passato

Il corpo ha anche dei segni visibili, è il testimone della nostra storia. Ognuno di noi potrebbe raccontare la propria vita osservando quel neo che ha nello stesso punto del fratello o della sorella, quel  dito rotto quando giocava in cortile con altri bimbi o quella cicatrice che testimonia la sua vivacità da bambino. Rifiutare di essere toccati significa anche rifiutare di  entrare in contatto con episodi del passato, perlopiù dolorosi, che sono rimasti ben impressi nella propria memoria. In questa prospettiva si possono inquadrare anche le malattie della pelle, come per esempio le dermatiti o l’acne giovanile. È come se la pelle si trasformasse in una corazza, in un confine invalicabile. In un certo qual senso si cerca di rendersi invulnerabili, invece al contrario bisogna riappropriarsi della propria vulnerabilità. Bisogna imparare a difendersi in modo diverso, sgravando il corpo da questo compito.
La nostra società è sempre più  “contattofobica”. Questo accade un po’ come reazione al sovraffollamento degli spazi che condividiamo giornalmente con altre persone e un po’ è dovuto alla frenesia del nostro vivere. In questo modo perdiamo il gusto di entrare in contatto con qualcuno, di avvicinarci e sentire la presenza di quella persona. Ognuno di noi ha uno spazio privato, una sorta di cerchio magico oltre il quale si sente minacciato, e non trova giustificazione per cui debba essere oltrepassato.
Ma c’è anche una paura più personale. Quella di essere privati della propria intimità. Per questo concediamo di essere toccati solo da chi amiamo o da chi vogliamo che ci ami: il contatto diventa allora il segnale della volontà di instaurare una relazione emotiva.

FONTE:http://www.quipsicologia.it/rifiuto-del-contatto-fisico/

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