"Eterne adolescenti", la sindrome di Peter Pan interessa le donne tanto quanto gli uomini

dic 23, 2015 0 comments


Di Laura Eduati
Hanno trenta, quaranta, cinquant'anni. Si raccontano con onestà, ammettendo: non sono mai diventata adulta, non ho mai voluto crescere. Sono donne che lavorano, sono sposate, hanno figli, oppure sono single e non amano i bambini, non avrebbero mai voluto una famiglia eppure all'apparenza sembrano mature, risolte, forti, indipendenti.
Perché la sindrome da Peter Pan non è appannaggio esclusivo dei maschi, e un libro della giornalista e scrittrice Susanna Schimperna ora affronta questa realtà poco studiata, tenuta in nessun conto, quasi imbarazzante: anche le donne sono eterne adolescenti, non tutte certo, ma una solida porzione lo è certamente e non è semplice descrivere questa condizione al femminile. Non è soltanto l'abbigliamento giovanile, non è lo scappare di fronte alle scelte definitive.
In "Eterne adolescenti" (Cairo ed.) Schimperna prova a stilare un breve elenco delle caratteristiche che descrivono queste ragazze mai diventate donne nonostante l'età: la mania di buttarsi sul cibo o rifiutarlo; l'insulto volgare nei confronti delle donne "nemiche"; il rapporto con la madre, morboso o conflittuale; l'insicurezza mista al narcisismo nei rapporti amorosi, la volontà di piacere a ogni costo, la depressione perpetua: "Non piaccio a nessuno!"; l'incapacità di fissare obiettivi a lungo termine.
"Quello che non dovete togliermi è la possibilità di essere una dodicenne. Se devo immaginare l'età che mi sento dentro è proprio quella", scrive una delle donne che Schimperna ha interpellato per scrivere il suo saggio.
Un'altra rivela di essere rimasta adolescente ben oltre la maternità: "Mia figlia che dice 'Devo farti da mamma' mi intenerisce. Mio figlio che uscendo si raccomanda 'Non fare danni' mi fa sentire addirittura orgogliosa di me stessa, orgogliosa di aver cresciuto un ragazzo capace di essere protettivo e non bamboccio".
Non sono soltanto i sentimenti a rimanere congelati in una età giovanissima, ma è soprattutto l'approccio alla vita: "L'attesa passiva. Io aspetto che siano gli altri a darmi lavoro, amore, spago". Anche se ci sono figli adolescenti che costringerebbero a fare il salto:
"Non sono i miei vestiti - tutta la mia generazione va in jeans -, non è l'andare nei pub. È l'atteggiamento che c'è dietro. Io non parlo da adulta, non ragiono da adulta, non posso minimamente costituire per mia figlia il primo banco di prova di ciò che l'aspetterà nel mondo".
Per alcune è una dolorosa accettazione di un tratto della personalità che non si è mai stinto con gli anni, per altre è una rivendicazione orgogliosa: "La maturità cosa sarebbe, tornare a casa dopo l'ufficio e prepararsi
la minestrina? Passare le sere davanti alla televisione? Fare finta di essere asessuata? Io sono matura perché so godere di tutto quello che è bello nella vita. Amici, risate, cibo, sesso, un po' di alcol. L'avventura non è solo partire per l'Amazzonia", scrive una cinquantenne.
Per Schimperna non sempre il vivere in una lunghissima post-adolescenza è un male. Soprattutto perché evita agli uomini l'alibi di rimanere Peter Pan, sicuri cioè di trovare costantemente donne mature pronte a fare da madre o sorella più grande. Riconoscere che la società occidentale sta costringendo un numero sempre più alto di adulti a vivere come teenager, anche quando a trenta o quarant'anni vorrebbero un lavoro sicuro e una casa, porterebbe a mettere a frutto le qualità dell'eterna adolescenza: lo spirito vivo, la duttilità, la ricerca di una personale strada verso la propria felicità, senza dogmi né schemi.
"Naturalmente nulla si ottiene a costo zero. Per essere adolescenti in gamba e non semplici donnette spaesate, capricciose e pretenziose, dobbiamo ricordarci della incontestabile verità contenuta nell'espressione dello scrittore di fantascienza Robert Heinlein 'There ain't no such thing as a free lunch', cioè 'non esistono pasti gratis'. Dobbiamo come prima cosa smetterla di dare colpe agli altri, che si tratti dei nostri genitori (nostra madre, soprattutto) o dei nostri partner".



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