TERRORISMO: I killer di Berlino e Marsiglia sono passati da Aprilia

ott 3, 2017 0 comments
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Di Marco Menduni

È vissuto per qualche anno con la moglie ad Aprilia (Latina), Ahmed Hanachi, tunisino, l’uomo che domenica ha ucciso due ragazze alla stazione ferroviaria di Saint-Charles, a Marsiglia, prima di essere abbattuto dalla polizia. È vissuto ad Aprilia anche Anis Amri, il terrorista tunisino autore della strage di Berlino del 19 dicembre 2016, 12 vittime travolte dall’autoarticolato che aveva rubato, ucciso poi in un conflitto a fuoco con due poliziotti quattro giorni dopo a Sesto San Giovanni, al confine con Milano. 


È una circostanza, che potrebbe superare la semplice coincidenza, sulla quale gli investigatori dell’antiterrorismo hanno iniziato a indagare ancora prima che Hanachi, ieri sera, venisse formalmente identificato dalle autorità tunisine. C’è la riprova che persone legate all’estremismo islamico sono passate in Italia prima di riuscire a varcarne i confini e realizzare progetti di sangue. C’è poi un sospetto preciso: che ad Aprilia, in particolare nella frazione di Campoverde, in quelle campagne costellate di casolati isolati ma a due passi dalle grandi vie di comunicazione e a 40 chilometri da Roma, ci sia stata in passato una base logistica per tunisini vicini all’estremismo. Non jihadisti formati, ma persone sbandate irregolari, che proprio qui potrebbero aver subito l’indottrinamento che li ha portati poi alla radicalizzazione. 

Amri, sbarcato a Lampedusa, era finito in carcere per 4 anni dopo una rivolta nel centro di accoglienza. Scarcerato, ha vagato per l’Italia per poi raggiungere la Germania, cavandosela con lavoretti offerti dai connazionali. Era stata decretata la sua espulsione, ma la Tunisia non l’aveva riconosciuto come suo cittadino; non era rimasto che liberarlo. Quando Amri, dopo la fuga da Berlino che è stata ricostruita solo nella sua parte finale (da Chambery a Torino, poi alla Centrale di Milano, poi in autobus fino a Sesto San Giovanni) è stato ucciso dagli agenti italiani, si è subito cercato di capire quale potesse essere la sua destinazione in Italia. Il primo sospetto: Aprilia. L’antiterrorismo ha perquisito il casolare dove, per alcuni mesi del 2015, l’attentatore di Berlino era stato ospite di un connazionale e della sua famiglia. Nessuna abitazione vicina, nessun occhio indiscreto che rischiasse di spiare oltre il muretto e la rete di cinta. Il padrone di casa, Montasar, era in carcere per spaccio. Ha raccontato che Amri era tornato lì poche settimane prima dell’attentato in Germania. 

Anche Hanachi, l’accoltellatore di Marsiglia, era uno sbandato. Già conosciuto in Tunisia per piccoli crimini, in Francia era già stato arrestato e nel tempo aveva fornito 7 generalità diverse. Il giorno prima dell’attentato era finito di nuovo in guardina: cercava di fuggire da un negozio del centro commerciale della stazione lionese di Part-Dieu senza pagare una giacca da 39 euro. È stato rilasciato poche ore dopo in circostanze sulle quali il ministro dell’Interno, Gèrard Collomb vuol fare luce. Con il passaporto tunisino in tasca, ma senza permesso di soggiorno, per la Francia doveva essere accompagnato in aeroporto per l’espulsione. Invece è tornato subito in libertà. Agli agenti ha detto di essere senza dimora, divorziato e tossicodipendente. 

Ora l’inchiesta cerca il salto di qualità. Bisogna verificare se Amri e Hanachi siano stati nelle campagne di Aprilia nello stesso periodo, se si siano conosciuti, se possano aver progettato azioni comuni. Ma, soprattutto, se si siano appoggiati a una stessa cellula, in un luogo dove accanto ai lavoratori regolari che vivono della raccolta di kiwi, si annidano diversi irregolari. Invisibili, eludono ogni controllo. 

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