Perché il Tibet è di nuovo al centro dello scontro tra Cina e Stati Uniti

apr 30, 2018 0 comments
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Di Lorenzo Vita
Il Tibet torna al centro dello scontro fra Cina e Stati Uniti. Un problema atavico nelle relazioni fra i due Stati e che adesso è di nuovo la pietra dello scandalo.
Il motivo è da ricercare in una risoluzione del Senato degli Stati Uniti in cui si parla esplicitamente del Tibet. Una risoluzione che ha mandato su tutte le furie il governo cinese, il quale ha accusato Washington di intromettersi in questioni che non riguardano nessun altro Paese, se non la Cina stessa.
E visti i rapporti estremamente tesi fra Cina e Stati Uniti, la scelta di compiere questo gesto da parte americana risulta in qualche modo tesa allo scontro. Nessuno, al Congresso, poteva credere che Pechino avrebbe taciuto di fronte a questo atto della Camera alta degli Stati Uniti.
Come si legge nel testo ufficiale della risoluzione, il Senato non solo ha riconosciuto il ruolo essenziale del Dalai Lama per la pace nel mondo, ma si legge anche che “afferma il proprio sostegno ai diritti umani e alle libertà fondamentali del popolo tibetano, incluso il loro diritto all’autodeterminazione e la protezione della loro distinta identità religiosa, culturale, linguistica e nazionale”. Parole molto importanti che significano un vero e proprio guanti di sfida per il governo cinese, da sempre avverso a ogni tipo di privilegio da concedere ai tibetani.
Ma c’è di più. Il Senato Usa “esprime la sensazione che l’identificazione e l’installazione di leader religiosi buddisti tibetani, tra cui un futuro quindicesimo Dalai Lama, sia una questione che dovrebbe essere determinata esclusivamente all’interno della comunità di fede buddista tibetana, in conformità con il diritto inalienabile alla libertà religiosa“. E aggiunge, sempre nella risoluzione, di considerare un’indebita interferenza qualunque tentativo del governo della Cina di inserirsi nelle scelte dei buddisti del Tibet.

La reazione di Pechino

Come ci si attendeva, la Cina ha respinto con forza queste dichiarazioni del Senato americano. Il tabloid internazionale del governo Global Times, riporta le parole di Hua Chunying, portavoce del ministero degli Esteri cinesi, con cui accusa gli Stati Uniti di ingerenze in affari interni. “Alcuni funzionari statunitensi dovrebbero concentrarsi sul servire la propria gente, ma, sfortunatamente, hanno scelto di ignorare i loro problemi interni, mentre hanno espresso un insolito entusiasmo e fatto commenti irresponsabili sugli affari interni di altri Paesi“. Queste le parole di Hua.
La portavoce degli Esteri cinesi, secondo quanto scrive il People’s Daily, ha anche detto: “La risoluzione riflette il fatto che alcune persone negli Stati Uniti siano sempre state inspiegabilmente ignoranti e arroganti“. Parole di fuoco, ma che servono a far comprendere la tensione molto forte fra i due Paesi riguardo al dossier-Tibet.
Un tema che divide da sempre Washington e Pechino. L’ultimo esempio, in tal senso, fu l’invito alla Casa Bianca al Dalai Lama da parte di Barack Obama, allora presidente Usa. In quell’occasione, il governo cinese lanciò accuse molto gravi nei confronti degli Stati Uniti, accusati di ospitare una persona che predicava il separatismo nel territorio cinese.
Un problema che per Xi Jinping è di assoluta priorità e che sta cercando in ogni modo di sradicare. Il Tibet, per l’importanza strategica, per il suo enorme territorio e per la sua ricchezza, è considerato un pilastro della politica di Pechino. Ogni tentativo di fomentarne la secessione è considerato un pericolo per la sicurezza nazionale. Dopo Taiwan, un altro caso in cui Pechino e Washington sembrano di nuovo ai ferri corti.

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