La strategia di Macron cambia gli equilibri politici

giu 5, 2018 0 comments
Il presidente francese Emmauel Macron (LaPresse)
Di Claudio Pasquini Peruzzi
La crisi economica dell’eurozona e le instabilità politiche hanno determinato un cambiamento radicale dei sistemi partitici tradizionali europei. A trarne beneficio sono stati, in particolar modo, i partiti populisti nelle loro diverse sfaccettature ed ideologie.
In Francia, tuttavia, l’ascesa al potere di una forza populista, in questo caso della destra nazionalista del Front National di Marine Le Pen, è stata impedita dall’entrata in scena di Emmanuel Macron. Presentatosi come una figura pragmatica e post-ideologica, il giovane Macron si è distaccato dal partito socialista, di cui è stato rappresentante in qualità di ministro dell’Economia e delle Finanze nel governo Hollande, proponendo agli elettori francesi un progetto di rinnovamento capace di irrompere sulla scena politica nazionale. La presenza di Macron, che è riuscito a porsi oltre i confini storico-ideologici della dicotomia destra-sinistra, ha capovolto l’equilibrio partitico ed istituzionale della Francia costringendo i partiti tradizionali, vittime di un’emorragia di voti senza precedenti, a cambiare approccio politico.
La strategia del nuovo inquilino dell’Eliseo è inequivocabile: spingere i partiti tradizionali, in particolar modo la destra conservatrice e repubblicana, verso la radicalizzazione ideologica affinché si possa ampliare lo spazio centrale su cui porre le basi per un elettorato trasversale e moderato.
Il partito della destra conservatrice e neo-gollista, Les Républicains, guidato da Laurent Wauquiez, è in una fase di ricomposizione interna – resa complessa dal conflitto tra l’ala moderata e quella più radicale – e di ricollocazione esterna vis-à-vis di un elettorato disperso. Con la vittoria di Wauquiez alle primarie repubblicane, il partito ha lanciato una doppia strategia: opposizione a Macron ed emulazione di Marine Le Pen.
Riconquistare la fetta dell’elettorato più moderato, sedotta dallo stile di Macron, non sarà tuttavia facile, soprattutto se si considera un dato interessante del Centro italiano studi elettorali (Cise), secondo cui il 57% degli elettori di François Fillon (ex candidato dei repubblicani) ha votato per Macron al ballottaggio contro la Le Pen. Inoltre, un’inchiesta condotta dall’Istituto francese di sondaggio d’opinione (Ifop) rivela che, se si fosse tornato a votare ad aprile 2018, e i repubblicani avessero candidato Wauquiez, quest’ultimo si sarebbe attestato all’8% dei consensi al primo turno mentre Macron avrebbe preso il 36% (+9% rispetto al 2017). Secondo il direttore generale dell’Ifop, Frédéric Dabi, il leader dei repubblicani “soffre della centralità di Macron ed ha un problema di spazio e posizionamento politico”.
Ed è per questo motivo che Wauquiez sta cercando, in particolar modo, di riconquistare il consenso di quel 18% degli elettori repubblicani più radicali che ha preferito la Le Pen a Macron. Per tentare di recuperare questa parte dell’elettorato confluito nel Front National, Wauquiez ha incominciato ad usare una retorica orientativamente più populista e sovranista su temi quali l’immigrazione e l’euroscetticismo, entrambi cavalli di battaglia della campagna elettorale del Front National. Il successore di Fillon si è infatti dimostrato abile nell’adattarsi ai sentimenti euroscettici ed anti-immigrazione ampiamente diffusi nell’opinione pubblica e sensibili all’elettorato della destra radicale. I toni duri rientrano nell’ottica di un avvicinamento strategico al Front National, nel tentativo di recuperare una parte dell’elettorato perso e di conseguenza restringere lo spazio politico della destra lepenista.
Detto ciò, il percorso sovranista intrapreso da Wauquiez rimane un fattore di divisione all’interno della destra repubblicana che rischia di accelerare ulteriormente la frammentazione del partito. La radicalizzazione del leader dei Lr potrebbe, infatti, spingere l’ala moderata ed europeista verso Macron, mentre quella più sovranista e nazionalista verso Marine Le Pen.

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