Mattarella: “Il 25 Aprile è un doveroso ricordo, un dovere morale e civile”

apr 25, 2019 0 comments

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«Festeggiare il 25 aprile - giorno anche di San Marco - significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esordito nel suo discorso al Teatro Da Ponte di Vittorio Veneto in occasione del 74mo anniversario per la festa della Liberazione.


«Il 25 Aprile è un “doveroso ricordo” che ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale (così ben cantato dal coro di ragazzi e adulti, complimenti al maestro Sabrina Carraro). È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro».
«Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazze italiane - ha proseguito il capo dello Stato - è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà di tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni.
Il Presidente ha ricordato le vittime di Marzabotto, Cefalonia, delle Fosse Ardeatine, i deportati nei campi di sterminio e le migliaia di soldati «anche di paesi stranieri e lontani che hanno fornito il loro prezioso contributo. Quel ricordo - ha detto Mattarella - ci spinge a stringerci intorno ai nostri simili e al Tricolore e all’inno nazionale così ben cantato da adulti e ragazzi del Coro del maestro Sabrina Carraro».
Il capo dello Stato ha parlato di un dovere morale e civile di conservare una memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente. «Il 25 aprile del 45 nasceva una nuova e libera Italia che troverà compimento nel ’48 con la scelta di diventare una Repubblica. Un’Italia che riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere, che rispetta diritti politici e sociali e ripudia di razzismo e discriminazioni».
Il presidente della Repubblica ha poi ricordato gli squilibri del Ventennio fascista. «Non c’era libertà di espressione, neppure sui giornali; gli oppositori venivano bastonati, deportai e uccisi. Le tre parole usate erano credere, obbedire e combattere. Obbedire agli ordini, anche quelli più insensati e crudeli,odiare i dissidenti, gli ebrei e gli stranieri. E c’era l’assurda convinzione che tutto si potesse risolvere con la violenza. Aggredire e soggiogare».

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