GAZA: SERVE REALPOLITIK

ott 31, 2023 0 comments


Di Dario Rivolta 

In merito alla crisi di Gaza e al comportamento del governo italiano occorre distinguere tre aspetti: l’atteggiamento più opportuno da tenersi, cosa sarebbe più “giusto” fare e cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni, settimane, mesi.
Su cosa è opportuno è bene affermare che sia il nostro governo sia la maggioranza degli europei si stiano comportando nel migliore dei modi possibili. Il rischio di un allargamento del conflitto con conseguenze gravi anche per tutti noi è realistico ed è necessario evitare che si crei un clima di netta frattura tra l’occidente e il mondo islamico, in particolare arabo, frattura che potrebbe portare ad una guerra e non ricucirsi per decenni. 

Chi segue la politica internazionale sa che pressoché nessuno dei governi arabi avrebbe la minima intenzione di intervenire in questa faccenda, particolarmente sgradita anche per loro. Tuttavia, nonostante siamo di fronte a governi autocratici, anche costoro devono tener conto dell’opinione della maggioranza dei loro popoli. Seppur fatto solo a fini propagandistici, per decenni quelle popolazioni sono state nutrite con slogan anti-israeliani e, per quanto l’unità del mondo arabo sia una chimera, moltissimi arabi ci credono davvero e solidarizzano, almeno a parole, con i palestinesi. È difficile anche per un governo fortemente autoritario non tener conto di un sentimento molto diffuso che lo stesso governo ha alimentato per anni al fine di creare un nemico esterno comune che aumenti il senso interno di appartenenza e taciti le possibili opposizioni.

Un discorso a parte ma ancora più pericoloso, per quanto con nette differenze, riguarda la Turchia e l’Iran. Il cinico Erdogan vede nell’attuale crisi di Gaza una carta da giocare per inseguire il suo disegno egemonico, mai sopito, su tutto il medio oriente. L’Iran, in preda a una forte delegittimazione interna del regime ma ancora in possesso di tutti gli strumenti coercitivi necessari al mantenimento al potere di una classe dirigente corrotta e squalificata, con l’aiuto dato ai palestinesi pensa di ottenere, in un modo o nell’altro, tre obiettivi contemporaneamente:
– impedire il temuto accordo, già in dirittura d’arrivo, tra Arabia Saudita e Israele,
– riaffermare il suo progetto di essere guida di tutto il mondo islamico medio-orientale (in concorrenza con turchi e sauditi),
– offrire un nemico alla propria opinione pubblica, sufficiente per ristabilire una qualche unità nazionale e marginalizzare così le contestazioni più accese.
Il vero rischio di allargamento del conflitto al momento viene proprio da Teheran, magari con l’utilizzo dei suoi proxi e cioè le milizie filo-iraniane in Iraq, Hezbollah in Libano, gli Houthi in Yemen e, naturalmente, Hamas in Palestina.
Uno schieramento netto e senza sfumature a favore di Israele da parte dei Paesi europei e dell’Italia non farebbe che alimentare l’odio anti-occidentale sempre presente tra le popolazioni arabe (seppur non sempre conscio o dichiarato) e giustificare la “necessità” di un intervento al fianco di Hamas.
È dunque per evitare quel clima pericoloso che, opportunamente, i nostri governi insistono nel richiamare le ragioni umanitarie a difesa dei civili di Gaza contro i perduranti attacchi israeliani.

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali

FONTE E ARTICOLO COMPLETO: https://www.notiziegeopolitiche.net/gaza-servono-meno-tifoserie-e-piu-realpolitik/

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