L'Effetto Lucifero: le teorie di Philip Zimbardo, l'esperimento di Standford e Abu Ghraib

gen 20, 2016 0 comments


Nell'agosto 1971 lo psicologo sociale Philip Zimbardo condusse un esperimento presso la Stanford University, il cui esito ancora oggi lascia atterriti per via di ciò che rivelò sul lato oscuro della natura umana. Nel libro L'Effetto Lucifero: Quando i Buoni Diventano Cattivi (edizioni Random House), Zimbardo rievoca nel dettaglio i giorni dello Stanford Prison Experiment.

La storia narra di come un allegro gruppetto di ragazzi della classe media si sia trasformata in una banda di sadici aguzzini nel corso di un esperimento psico-sociologico. La mutazione fu talmente radicale che l'esperimento dovette essere interrotto prematuramente a causa della pericolosa deriva in cui stava rapidamente scivolando. 

Gli Orrori di Abu Ghraib.
Nel 2004 Zimbardo prestò servizio come perito della difesa in un'udienza del processo contro i carcerieri del centro di detenzione iracheno di Abu Ghraib. Tutti noi nel maggio 2004 abbiamo visto le foto di giovani militari americani che esercitavano forme inimmaginabili di tortura sui civili che avrebbero dovuto sorvegliare. Gli abusi furono documentati da molte foto scattate dai militari stessi nel corso delle torture. Le immagini mostrano punzonature, schiaffi e calci ai detenuti; scene in cui sono calpestati e tenuti nudi e incappucciati, in cui i maschi sono obbligati a simulare atti erotici o trascinati con un guinzaglio attaccato al collo, oppure terrorizzati dal contatto con cani da attacco privi di museruola.

Nel suo libro il dott. Zimbardo fornisce una dettagliata analisi degli sconcertanti eventi di Abu Ghraib ricavata dagli elementi risultanti dai rapporti investigativi, da una serie di interviste raccolte personalmente, e da centinaia di foto mai pubblicate.

Ecco come Zimbardo ha parlato durante l'udienza.
"Gli eventi di Abu Ghraib mi hanno scioccato, ma non mi hanno sorpreso. I media e la gente di ogni parte del mondo si sono chiesti come sia potuto accadere che un gruppo di soldati selezionati, di entrambe i sessi, avessero potuto compiere azioni di siffatta malvagità. I vertici militari si sono affrettati a bollarli come 'canaglie' e 'mele marce.' Da parte mia invece mi sono subito chiesto che tipo di situazioni in quel blocco avessero condotto quei soldati a compiere azioni così degeneri.
La ragione per cui le immagini e le storie degli abusi di Abu Ghraib non mi hanno sorpreso, è che 30 anni fa assistei a scene molto simili nel corso di un esperimento che condussi personalmente presso la Stanford University: prigionieri denudati, incatenati, incappucciati, calpestati, umiliati e ridotti in uno stato di stress estremo. Alcune immagini del mio esperimento sono praticamente intercambiabili con le foto della prigione irachena."
L'Effetto Lucifero.
Il titolo del libro: L'Effetto Lucifero, si riferisce al processo di trasformazione dal bene al male che il mito attribuisce all'angelo più luminoso e prediletto da Dio. L'analogia fornisce lo spunto per dibattere delle trasformazioni umane dal bene al male. L'argomento intorno a cui ruota l'intero testo di Zimbardo è che il comportamento umano non sia solo il frutto della natura dell'individuo, ma anche dell'influenza di una serie di 'fattori situazionali e sistemici' che modellano il modo di agire individuale, a volte in manieradrasticaIl sociologo invita a prenderli seriamente in considerazione affinché gli individui appartenenti a qualsiasi gruppo, o detentori di qualsiasi tipo di potere, che vivano in una cultura imperfetta come la nostra, possano prendere le dovute precauzioni contro tali invisibili, ma spesso nefaste influenze 'oggettive.' Il libro è una sorta di accorata esortazione a tenere sotto stretto controllo oltre che se stessi e le proprie pulsioni, anche le leadership di ogni organizzazione, dagli stati, alle multinazionali, alle lobby politiche e religiose.

Le tre sfere di influenza considerate da Zimbardo sono: personasituazione, e sistema.

Persona.
L'individuo agisce in funzione delle personali ambizioni e motivazioni, spesso dettate dalla cultura e dalla casualità. Quanto più immorale è la cultura in cui la persona si trovi ad agire, maggiori sono le possibilità che in presenza di talune circostanze situazionali e sistemiche essa agisca immoralmente. Una delle situazioni più comuni capaci di innescare l'Effetto Lucifero èl'esercizio del potere. Il potere per affermare se stesso deve sottomettere, con le buone o con le cattive. Scegliere la strada del potere significa scegliere di agire in accordo a una serie di imperativi e logiche auto-conservative che spesso comportano ilsacrificio della persona sull'altare del ruolo, determinando la scissione tra coscienza e individuo.

Situazione.
Tali imperativi e logiche sono definiti da Zimbardo: situazioni. Le situazioni non influenzano solo il potere. Un cittadino oppresso da una situazione economica precaria si comporta in modo diverso da un cittadino benestante. Un cittadino socialmente integrato agisce in modo diverso da un cittadino emarginato. Un cittadino felice è diverso da un cittadino disperato. Un cittadino che goda della facoltà di esercitare una forma di potere sul proprio prossimo agisce in modo diverso da uno costretto a subire il potere altrui.
Secondo Zimbardo le forze situazionali governerebbero ogni apparato egregorico in cui si riduca la responsabilità del singolo.Quando le persone si sentono al servizio di qualcosa di 'più grande' che le include, sono indotte facilmente ad assumere comportamenti antisociali.
I soggetti che si sentono appartenenti ad un gruppo di potere - ad esempio un contingente militare o di poliziauna multinazionale,un'ideologiauna lobby - secondo Zimbardo vivono in un eterno presente in cui passato e futuro sono percepiti come elementi remoti e irrilevanti. Le emozioni dominano la ragione, e le azioni la riflessione.

Sistema.
Ogni fattore situazionale è prodotto dal sistema in cui prende forma. Per poter funzionare, un sistema basato sul debito deveprodurre cittadini e nazioni indebitati; è fisiologico. Un sistema basato sul liberismo darwinista, sul centralismo, il verticismo e la disparità non può che generare situazioni di frizione ed emarginazione. L'apparato di potere avendo accesso al quadro di comando del sistema, se non adeguatamente sorvegliato tenderà a modellarne la struttura in funzione della propria auto-tutela e contro l'interesse generale. La principale forma di auto-tutela del potere consiste nella creazione di strumenti tramite cui consolidare e accrescere la distanza tra il potere e il non potere. Un sistema in cui la sopravvivenza della persona umana non fosse subordinata al possesso di denaro - ad esempio - priverebbe il potere di un formidabile strumento di controllo, repressione e manipolazione; un sistema basato sul diritto naturale piuttosto che sul diritto positivo, sull'esperienza piuttosto che la cultura, la reputazionepiuttosto che la propaganda, lo spirito piuttosto che la materia, complicherebbe in misura notevole il compito autoconservativo del potere. In altre parole, il potere è tale in virtù degli strumenti che gli sono forniti dal sistema in cui è esercitato.

Lo Stanford Prison Experiment.
Quando era ancora uno studente di psicologia sociale Zimbardo fu colpito dalle idee dello studioso francese Gustave Le Bon; in particolare quella della de-individualizzazione per cui i soggetti appartenenti a un gruppo coeso tendano facilmente a smarrire l'identità personale, la coscienza, la responsabilità, e a sviluppare di conseguenza impulsi antisociali. Nell'estate del 1971 Zimbardo decise di dimostrare la teoria attraverso un esperimento che condusse nel seminterrato dell'Istituto di psicologia dell'Università di Stanford, Palo Alto, dove fu riprodotto fin nei minimi dettagli un ambiente carcerario.

Fra i 75 studenti universitari che risposero all'annuncio gli sperimentatori ne scelsero 24, maschi di ceto medio, fra i più equilibrati, maturi e meno soggetti a comportamenti devianti; i soggetti selezionati furono poi assegnati casualmente al gruppo dei detenuti o a quello delle guardie.

I prigionieri indossarono delle divise su cui erano stati applicati dei numeri identificativi, dei berretti di plastica, e fu loro posta una catena alla caviglia. Dopodiché fu loro comunicato un insieme di rigide regole a cui erano tenuti ad attenersi. Le guardie indossarono uniformi color kaki, occhiali da sole riflettenti che impedivano ai prigionieri di guardarle negli occhi; erano dotate di manganello, fischietto e manette, e fu concessa loro ampia discrezionalità circa i metodi da adottare per mantenere l'ordine e fare rispettare il regolamento.

Tale abbigliamento pose entrambi i gruppi in una condizione di de-individualizzazione.

I risultati andarono drammaticamente oltre le previsioni formulate dagli sperimentatori. Dopo appena due giorni si verificarono i primi episodi di violenza: i detenuti si strapparono le divise di dosso e si barricarono nelle celle inveendo contro le guardie; queste ultime iniziarono a intimidirli, umiliarli e sabotare il loro legame di solidarietà. Le guardie costrinsero i prigionieri a cantare canzoni oscene, defecare in secchi senza poterli vuotare, pulire le latrine a mani nude. A fatica le guardie e il direttore (Zimbardo) riuscirono a sedare un tentativo di evasione di massa. Al quinto giorno i prigionieri mostrarono sintomi di disgregazione individuale e collettiva: il loro comportamento si era fatto docile e passivo, il loro rapporto con la realtà appariva compromesso da disturbi emotivi, mentre le guardie continuavano a comportarsi in modo vessatorio e sadico. A quel punto l'esperimento fu interrotto suscitando da un lato la soddisfazione dei carcerati e dall'altro un certo disappunto da parte delle guardie, già del tutto assuefatte all'ebbrezza del potere.

L'Esperimento Carcerario di Stanford dimostrò come la sussistenza di talune condizioni esterne alla natura dell'individuo possa indurre potenzialmente chiunque a commettere atti atroci. Secondo Zimbaldo basta la 'giusta' combinazione di motivazioni personali, situazioni esterne e disponibilità di strumenti sistemici, per far si che una qualsiasi persona equilibrata si lasci sopraffare dalle pressioni situazionali sviluppando comportamenti antisociali.

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