La violenta realtà della Svezia sta sostituendo la sua immagine pacifica

apr 21, 2018 0 comments

Di Paulina Neuding

 Stoccolma — La Svezia potrà anche essere nota per la sua musica pop, per l’IKEA e per il suo sistema di protezione sociale generoso. Ma è sempre più associata anche a un numero crescente di reclute dello Stato Islamico, alle esplosioni e agli assalti con bombe a mano.

All’inizio dell’anno, nel giro di due settimane, nel paese ci sono state cinque esplosioni. Ormai la cosa non è inusuale – gli Svedesi si sono abituati ai titoloni sui crimini violenti, alle intimidazioni dei testimoni e alle esecuzioni delle gang. In un paese a lungo noto per la sua sicurezza, gli elettori hanno scelto “legge e ordine” come la questione più importante alla vigilia delle elezioni di settembre.

Tuttavia l’argomento del crimine è delicato, e il dibattito sulla questione, nella società scandinava in cui il consenso viene orientato dai media, viene delimitato dai tabù.

Per comprendere la questione del crimine in Svezia, è importante notare che la Svezia ha tratto beneficio dal diffuso declino della violenza omicida nelle società occidentali, in particolare per quello che riguarda la violenza spontanea e le uccisioni legate all’alcolismo. Tuttavia il calo totale degli omicidi in Svezia è stato molto minore che nei paesi confinanti.

Gli omicidi legati alle gang, ormai principalmente un fenomeno legato a uomini con un background da immigrati nelle comunità parallele del paese, sono aumentati da 4 all’anno nei primi anni ’90 a circa 40 nello scorso anno. A causa di ciò, la Svezia è passata da essere un paese con un basso livello di criminalità ad avere tassi di omicidi significativamente più alti rispetto alla media dei paesi dell’Europa Occidentale. Il disordine sociale, con auto date a fuoco, attacchi ai primi soccorritori e persino rivolte, è un fenomeno ricorrente.

Le sparatorie sono diventate così comuni che non ottengono più nemmeno i titoli dei giornali, a meno che siano spettacolari o implichino omicidi. Le notizie degli assalti sono velocemente rimpiazzate dai titoli sugli eventi sportivi e sulle celebrità, e i lettori sono ormai desensibilizzati nei confronti della violenza. Per la generazione precedente, bombe contro la polizia e rivolte erano eventi estremamente rari. Oggi leggere di questi incidenti è considerato parte della normalità quotidiana.

Il crescente livello di violenza non è passato inosservato da parte dei vicini scandinavi della Svezia. I norvegesi usano comunemente la frase “condizioni svedesi” per descrivere il crimine e il disordine sociale. Il punto di vista della Danimarca è stato esplicitato quando il presidente della NATO e Primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen ha dichiarato in un’intervista a una TV svedese: “Uso spesso la Svezia come esempio deterrente”.

Come reazione il governo svedese ha lanciato una campagna internazionale per “l’immagine della Svezia” per minimizzare la crescita del crimine, sia con una strategia sui media sia attraverso campagne pagate con i soldi delle tasse. Durante una visita alla Casa Bianca lo scorso marzo, il Primo ministro svedese Stefan Löfven ha ammesso che il suo paese ha problemi con la criminalità e in particolare con le sparatorie, ma ha negato l’esistenza di “zone no-go” (zone in pratica al di fuori del controllo dello Stato, dove è pericoloso avventurarsi, NdVdE). Il ministro dell’istruzione svedese, Gustav Fridolin, è stato in Ungheria ed ha lanciato lo stesso messaggio.

Ma la realtà è diversa per chi vive sul territorio: il capo del sindacato dei paramedici Ambulansförbundet, Gordon Grattidge, e il suo predecessore Henrik Johansson mi hanno riferito recentemente in un’intervista che alcuni isolati sono senza dubbio delle zone no-go per le ambulanze – a meno che non vengano scortate dalla polizia.

Gli svedesi non sono abituati a grandiose manifestazioni di orgoglio nazionale, ma il concetto di un “Modello svedese” – quello su cui il paese ha molto da insegnare al mondo – è una parte essenziale nell’immagine di sé della nazione.

Dal momento che il crimine è intimamente legato al fallimento del paese nell’integrazione degli immigrati, la crescita della violenza è un argomento delicato. Quando il governo svedese e l’opposizione si riferiscono alla Svezia come una “superpotenza umanitaria”, perché ha aperto le porte a più immigrati in relazione al numero di abitanti rispetto a tutti gli altri paesi dell’UE, ci credono davvero. Il che ha provocato contorsioni notevoli.

In marzo, il ministro del Mercato del lavoro, Ylva Johansson, è apparsa alla BBC, dove ha dichiarato che il numero di casi di stupri e violenze sessuali stava “diminuendo, diminuento, diminuendo”. In realtà, era vero proprio il contrario, cosa che la Johansson ha più tardi ammesso, scusandosi.

Analogamente, in un editoriale sul Washington Post, l’ex Primo Ministro Carl Bildt ha descritto la politica di immigrazione del paese come una storia di successo. Non si è soffermato sulla questione dei crimini violenti. A seguito di ripetuti attacchi a dicembre contro istituzioni ebree – incluso il bombardamento di una sinagoga a Göteborg – Bildt ha utilizzato lo stesso giornale per sostenere che l’antisemitismo non è un problema rilevante in Svezia.

“Storicamente, in Svezia sono stati i cattolici ad essere visti come una minaccia pericolosa, che doveva essere combattuta e limitata” ha sostento Bildt, apparentemente inconsapevole che le leggi da lui citate si applicavano anche agli ebrei. I matrimoni misti erano illegali e l’ostilità si basava sull’idea che gli ebrei fossero una razza inferiore. Il tentativo di Bildt di relativizzare l’attuale antisemitismo con argomenti storici strani ed errati dimostra quanto nervosamente le élite svedesi reagiscono alle notizie negative che riguardano il loro paese.

Un altro esempio spettacolare è il sito ufficiale del governo, nella sezione “Fatti riguardo all’immigrazione, all’integrazione e al crimine in Svezia”, che vorrebbe sfatare i miti riguardanti il paese. Una delle “false affermazioni” che il governo vorrebbe sfatare è che “non molto tempo fa, la Svezia ha conosciuto il suo primo attacco terroristico di stampo islamico”.

La cosa è sorprendente, considerate che il Jihadista uzbeko Rakhmat Akilov si è dichiarato colpevole dell’assalto terroristico su un camion che ha ucciso cinque persone a Stoccolma lo scorso aprile e ha giurato fedeltà all’ISIS prima dell’assalto stesso. Akilov, che al momento è sotto processo, ha orgogliosamente ribadito il suo sostegno all’ISIS e dichiarato che il suo intento era di uccidere cittadini svedesi. Aveva inoltre contatti documentati con jihadisti internazionali.

Il pretesto del governo per negare l’attacco terroristico islamico in Svezia è che nessun gruppo islamico l’ha rivendicato ufficialmente. Data l’importanza che oggi viene attribuita alla lotta alle “fake news”, la manomissione da parte del governo svedese di fatti politicamente scomodi risulta particolarmente irresponsabile.

A volte serve un osservatore esterno per mettere le cose nella giusta prospettiva. Un recente articolo di Bojan Pancevski sul Sunday Times di Londra ha puntato l’attenzione sull’immigrazione e i crimini violenti. L’articolo ha destato scalpore in Svezia e viene visto da molti almeno in parte come il motivo per cui i ministri degli Esteri del Regno Unito e del Canada hanno emesso “consigli per chi viaggia” nei riguardi del paese, citando il rischio di esplosioni e crimini legati alle gang. “Danno l’idea che la violenza sia fuori controllo”, ha dichiarato Stefan Sintéus, il capo della polizia di Malmö.

Non sembra che il capo della polizia si renda conto che sia i “consigli per chi viaggia”, sia l’articolo possano riflettere una qualche realtà. Dopo tutto, solo pochi giorni prima la stazione di polizia di Malmö era stata oggetto di un assalto con bombe a mano. Mentre nei primi giorni del mese una macchina della polizia è stata distrutta da un’esplosione, sempre nella stessa città.

I funzionari forse saranno rassegnati alla situazione. Ma per un paese dell’Europa Occidentale in tempo di pace, è ragionevole ritenere questi livelli di violenza come fuori controllo.


Traduzione di Malachia Paperoga per http://vocidallestero.it/

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