Commemorazione del magistrato Rocco Chinnici e del commissario Beppe Montana vittime della Mafia
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare alcuni eroici
esponenti della lotta alla mafia: il giovane commissario della squadra mobile sezione "Catturandi" Beppe
Montana (33 anni), ucciso, mentre ritornava da una gita in mare, dai colpi di una 357 Magnum e di una
calibro 38, in data 28 luglio 1985 a Porticello di Santa Flavia e il capo dellUfficio Istruzione di Palermo
Rocco Chinnici, assassinato giorno 29 luglio 1983, alle 8 del mattino, insieme al maresciallo dei carabinieri
Mario Trapassi, all'appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della scorta del magistrato, e al portiere dello
stabile di via Pipitone Federico, Stefano Li Sacchi.
Entrambi i due autorevoli personaggi avevano inferto colpi mortali a Cosa Nostra; essi guardavano lontano
ed avevano inaugurato tecniche investigative e strategie d’indagine “olistiche”: comprendevano le
interrelazioni tra affari loschi e business d’alto rango. I colpevoli venivano inchiodati da una rete di indizi,
prove e testimonianze allineate con metodo e logica fuori dal comune. Divenne così evidente il rapporto
strettissimo tra malavita e classi dirigenti. Le banche andavano setacciate e monitorate; da lì una pista si
sarebbe creata ed avrebbe condotto ai grandi burattinai, che spesso sceglievano la via della latitanza e
scovarli in un territorio omertoso, in cui erano all’ordine del giorno le estorsioni, le minacce, il controllo
degli appalti, ma anche gli omicidi, la corruzione, le intimidazioni, non solo non era semplice ma
condannava a una fine terribile. Per la prima volta si utilizzò esplosivo nei confronti di un uomo dello Stato
(Rocco Chinnici): un tale gesto così feroce denotava la barbarie vendicativa dei boss, ma nel contempo
esprimeva quasi il desiderio di annientare completamente ogni traccia fisica di colui che avesse osato sfidare
un sistema potentissimo e intoccabile.
“La mafia è stata sempre reazione, conservazione, difesa e quindi accumulazione della ricchezza. Prima era
il feudo da difendere, ora sono i grandi appalti pubblici, i mercati più opulenti, i contrabbandi che percorrono
il mondo e amministrano migliaia di miliardi. La mafia è dunque tragica, forsennata, crudele vocazione alla
ricchezza. [...] La mafia stessa è un modo di fare politica mediante la violenza, è fatale quindi che cerchi una
complicità , un riscontro, una alleanza con la politica pura, cioè praticamente con il potere. Se lei mi vuole
chiedere come questo rapporto di complicità si concreti, con quali uomini del potere, con quali forme di
alleanza criminale, non posso certo scendere nel dettaglio. Sarebbe come riferire della intenzione o della
direzione di indagini” (Rocco Chinnici)
Chinnici intuì che i cugini Nino ed Ignazio Salvo, “i cugini Salemi”, con il controllo delle esattorie della
regione, attraverso la “Satris”, gestivano una quantità di denaro enorme da impiegare in attività illecite.
Aveva rapporti di amicizia e collaborazione con il commissario Boris Giuliano, il procuratore Gaetano
Costa, il magistrato Cesare Terranova e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con il quale sostenne la
futura legge n. 646 /82 (chiamata "Rognoni-La Torre") che introduceva l’articolo 416 bis (delitto di
associazione a delinquere di stampo mafioso). Istituì il pool antimafia, circondandosi di magistrati
coraggiosi, determinati e capaci (Giovanni Falcone; Paolo Borsellino; Giuseppe Di Lello); lavorare in team
significò scambiare informazioni e deduzioni in gruppo, raggiungendo la sincronia e compiutezza
impareggiabili di un meccanismo da orologio di altissima precisione. Proprio per tale motivo doveva essere
eliminato.
Beppe Montana, amico, collaboratore di Boris Giuliano e del giudice Antonino Cassarà , contribuiva alle
indagini e arresti di personaggi latitanti altamente pericolosi (rapporto denominato come “Michele Greco +
161”; “Blitz di San Michele”, maxi retata che aveva portato in gabbia 600 mafiosi).
La motivazione della medaglia d’oro al valor civile racconta perfettamente quale fosse la tempra morale del
commissario: “Sprezzante dei pericoli cui si esponeva nell'operare contro la feroce organizzazione mafiosa,
svolgeva in prima persona e con spirito d'iniziativa non comune, un intenso e complesso lavoro investigativo
che portava all'identificazione e all'arresto di numerosi fuorilegge. Sorpreso in un agguato, veniva
mortalmente colpito da due assassini, decedendo all'istante. Testimonianza di attaccamento al dovere spinto
fino all'estremo sacrificio della vita”.
IL CNDDU propone come attività didattica afferente alla tematica in oggetto, l’utilizzazione del cooperative
learning per sviluppare e potenziare le capacità del singolo in rapporto al gruppo, al fine di rendere più
efficace il raggiungimento di un obiettivo comune; attraverso l’apporto delle qualità specifiche di ciascuno,
ispirandosi proprio alla compatta sinergia del pool antimafia, i team di studenti potrebbero realizzare una
serie di simulazioni / prodotti multimediali / ricerche relative ai successi dello Stato contro l’illegalità nelle
loro regioni.
“in ogni caso sono i giovani che dovranno prendere domani in pugno le sorti della società , ed è quindi giusto
che abbiano le idee chiare. Quando io parlo ai giovani della necessità di lottare la droga, praticamente indico
uno dei mezzi più potenti per combattere la mafia. In questo tempo storico infatti il mercato della droga
costituisce senza dubbio lo strumento di potere e guadagno più importante.
Nella sola Palermo c'è un
fatturato di droga di almeno quattrocento milioni al giorno, a Roma e Milano addirittura di tre o quattro
miliardi. Siamo in presenza di una immane ricchezza criminale che è rivolta soprattutto contro i giovani,
contro la vita, la coscienza, la salute dei giovani. Il rifiuto della droga costituisce l'arma più potente dei
giovani contro la mafia.” (Rocco Chinnici)
Prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU
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