L’ombra della Wagner in Siria: perché è il terzo incomodo tra Usa e Russia

lug 1, 2023 0 comments


Di Valerio Chiapparino

La guerra in Ucraina, fortunatamente, non ha ancora fatto registrare uno scontro diretto sul campo tra le forze russe e quelle americane. È però nella Siria martoriata dalla guerra civile che Mosca e Washington si sono affrontate in quella che è stata definita la battaglia più letale dalla fine della guerra fredda. Decine, forse centinaia le vittime tra i sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad cadute sotto i colpi micidiali dell’esercito yankee. Tra i morti un numero elevato di uomini col passaporto russo appartenenti al famigerato gruppo paramilitare Wagner. Ma cosa è successo davvero il 7 febbraio 2018?

Per provare a capirlo dobbiamo fare un passo indietro e tornare all’autunno del 2015 in Siria quando il presidente russo Vladimir Putin si schiera al fianco di Assad e a protezione della sua base navale di Tartus, l’unico suo avamposto nel Mediterraneo, contro l’avanzata dei terroristi dello Stato Islamico. Ufficialmente impegnata a combattere gli uomini del Califfato, la Russia, con il beneplacito di Damasco, subappalta ai soldati della Wagner la protezione di installazioni russe e del governo siriano.

Il gruppo di paramilitari guidato da Yevgeny Prigozhin, l’ex “chef di Putin”, agisce in Siria attraverso una compagnia chiamata Evro Polis, la stessa organizzazione a cui il regime siriano affida l’occupazione e la difesa di giacimenti petroliferi, di gas e minerari. Ottenere il controllo degli impianti prima dell’arrivo dei ribelli anti-Assad è alla base dell’accordo firmato da Evro Polis. Tale intesa prevede che il 25% della produzione di ogni giacimento occupato finisca nei forzieri della Wagner. Nel 2017 tale organizzazione controlla almeno quattro tra i più grandi giacimenti di petrolio e gas più del paese (Al-Mahr, Al-Shaer, Jihar e Jazar) in grado di generare introiti per decine di milioni di dollari l’anno. Questo fiume di soldi permette l’erogazione di paghe generose ai suoi coscritti. Secondo la testimonianza rilasciata al Wall Street Journal da un ex comandante della Wagner, Marat Gabidullin, lo stipendio per un agente impiegato in combattimento in Siria era all’epoca di 240 mila rubli al mese (circa tremila dollari). Il confronto con il salario di un militare regolare russo, poco più di 400 euro, rende l’idea di come la creatura di Prigozhin rappresenti un’attrattiva per molti giovani russi.

È in Siria che la Wagner impara e affina i metodi brutali che diventeranno poi, dall’Africa all’Ucraina, uno dei suoi marchi di fabbrica. Nel 2017 i paramilitari della Wagner presidiano l’impianto di Al-Shaer a difesa degli attacchi dell’Isis. Durante un assalto dei terroristi dello Stato Islamico, alcuni soldati siriani che affiancano i russi cercano di fuggire. Uno di loro, Muhammad Ismail, viene fermato da uomini della Wagner e filmato mentre viene sottoposto a torture e mutilazioni che culminano con la sua uccisione.

È in questo scenario di caos e violenza senza limiti che si prepara lo scontro mortale tra i miliziani anti-Assad, e i loro alleati americani, e l’esercito siriano assistito da un imponente contingente della Wagner. La Siria della guerra civile è infatti un puzzle in cui gli accordi, le alleanze e i nemici sono più mobili della sabbia nel deserto durante una tempesta. Indebolito il Califfato islamico, riprendono le ostilità tra le forze di Damasco e la coalizione delle Syrian Democratic Forces (Sdf), una formazione eterogenea sostenuta e addestrata da Washington e composta a maggioranza da curdi siriani.

Il 7 febbraio 2018 nell’area a sud-est di Deir ez-Zor, città in precedenza in mano all’Isis da poco liberata dall’esercito regolare siriano, le forze pro-Assad sono quindi pronte a sferrare l’attacco contro un avamposto avversario al fine di strappare ai ribelli antigovernativi il giacimento di gas di Conoco a Khasham. I primi scontri cominciano all’alba quando circa 250 miliziani cercano di attraversare il fiume Eufrate senza successo. Il corso d’acqua segna un confine naturale tra l’esercito siriano che ne controlla la sponda occidentale e l’opposizione siriana che controlla quella orientale. Come riportato dal New York Times, le tensioni erano già cominciate nei giorni precedenti quando le truppe americane, avevano chiesto spiegazioni sui movimenti sospetti dei nemici attraverso una linea di comunicazione di “deconfliction”. I militari russi avevano risposto sostenendo di non avere il controllo sui combattenti presenti in quel momento nella zona. Sin da subito questa affermazione non appare credibile in quanto i sistemi di spionaggio americani avevano intercettato comunicazioni in russo da parte delle truppe ostili.

Secondo una ricostruzione del magazine tedesco Spiegel, nel primo tentativo di sfondamento non sarebbero state coinvolte le forze russe e gli americani avrebbero risposto con colpi di avvertimento. A partire dal pomeriggio appare però sempre più chiaro per gli americani che una forza d’assalto più numerosa, composta da almeno 500 uomini e 27 veicoli tra cui anche alcuni carri armati, è pronta a sferrare l’attacco. Quando al sopraggiungere dell’oscurità le forze pro-Assad aprono il fuoco, i militari americani intimano subito ai russi di fermare l’offensiva. Andato a vuoto questo tentativo di de-escalation, l’esercito USA scatena una vera e propria tempesta di fuoco. Vengono infatti impiegati droni Reaper, F-22, F-15, B52, AC-130 ed elicotteri Apache. Al termine dei bombardamenti aerei che andranno avanti per tre ore, le truppe di terra statunitensi riescono a mettere in fuga quello che resta del battaglione nemico.

Non ci sono numeri definitivi su quello che è accaduto quella notte. L’unica cosa certa è che la coalizione filo-americana non ha registrato vittime riportando un solo ferito tra i curdi siriani. Il bilancio per il campo avversario è decisamente più drammatico. Inizialmente Mosca conferma solo quattro cittadini russi morti non escludendo poi però la possibilità che ce ne siano altri. Secondo le fonti consultate dal New York Times, i caduti tra le forze pro-Assad sarebbero tra le 200 e le 300 unità con un’alta possibilità che la maggior parte siano appartenenti all’organizzazione Wagner. Mosca ha negato di aver impiegato nella battaglia di Khasham uomini arruolati nelle sue forze armate ma i mercenari di Prigozhin sarebbero stati comunque addestrati nelle basi del ministero della difesa e coordinati sul campo dall’esercito russo.

Pur trattandosi di una pesante sconfitta in termini di perdita di vite umane, la Wagner all’indomani degli scontri ottiene importanti riconoscimenti sia da Damasco che da Mosca. il governo siriano, riconosciuto il sacrificio compiuto dai paramilitari, “premia” la loro dedizione. A fine 2019 i paramilitari arrivano a detenere i diritti su giacimenti di petrolio e gas per 26 mila chilometri quadrati. Nel 2021 ai mercenari russi viene inoltre concesso anche lo sfruttamento di un giacimento offshore.

Le azioni della Wagner in Siria colpiscono però soprattutto il presidente russo. La battaglia di Khasham rende chiaro a Putin come le forze di Prigozhin possano essere dispiegate in altri teatri di combattimenti, prima in Africa e poi in Ucraina. Mosca realizza allora così che l’organizzazione paramilitare possa svolgere il “lavoro sporco” per suo conto e in veste non ufficiale, almeno in quella fase, potendo assorbire perdite insostenibili per l’esercito regolare russo. È forse in quel momento che il potenziale di un’organizzazione pronta ad essere usata come carne da cannone e il desiderio di vendicare le morti sulla riva dell’Eufrate cominciano ad accecare definitivamente il giudizio dello zar lasciandogli intravedere visioni di una ritrovata grandezza. Il resto è storia di questi giorni.

FONTE: https://it.insideover.com/guerra/lombra-della-wagner-in-siria-perche-e-il-terzo-incomodo-tra-usa-e-russia.html

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