SIRIA: RIFLESSIONI DAL VICINO LIBANO

mag 13, 2012 0 comments
Di Luca Paolo Cirillo

Continuano le esplosioni, continuano le morti. Il gioco si ripete: il governo accusa gli insorti, gli insorti accusano il governo. Ma cosa accade in Siria? Di chi è questa rivoluzione? Una possibile risposta arriva dal Libano

 

Giudicare dall’esterno è sempre difficile. Ma se per questo “esterno” si intende il Libano, e con precisione Tripoli, la cosa diviene di gran lunga possibile. La città del nord ospita una ingente quantità di rifugiati siriani, è la roccaforte sunnita del paese ed è ormai divenuta la base della resistenza rivoluzionaria oltreconfine.
Basta osservare i colori, ascoltare i canti delle manifestazioni che qui inesorabilmente si ripetono ogni venerdì per capire che taglio sta prendendo questa rivoluzione.
Dal proposito laico, volto solo al conseguimento della tanto agognata Hurryya (in arabo “Libertà”), la piega che sta prendendo la rivoluzione siriana sembra assumere, giorno dopo giorno, i connotati di ciò che è accaduto precedentemente in Egitto e Tunisia.
Dalla popolazione studentesca alle lunghe barbe che siedono in parlamento il salto è breve.
L’esempio dell’Egitto è palese. Il ritorno di Rashid Ghannouchi in Tunisia può altrettanto illuminare i fatti.
Nascosti da un velo di laicità e facendo uso di chi in questa laicità ci credeva, i movimenti religiosi del paese stanno man mano prendendo il sopravvento nella guida della rivoluzione. Certo, chiedono solo “Libertà, rispetto e diritti umani”. Ma sentirlo dire da chi ha quattro mogli segregate in casa, impossibilitate ad incontrare il mondo e coperte inesorabilmente dal burka, per così dire, in versione integrale, dove nemmeno agli occhi è lasciata libertà, fa un po’ strano.
Sempre meno bandiere della Siria libera, sempre più bandiere dallo sfondo nero con in bianco scritto chiaramente “Non c’è altro Dio al di fuori di Allah”. Sempre meno canti allegri ed illusori “Ya al-Mahlah al-Hurryya” (“Ah la dolce libertà”), sempre più “Takbir: Allah Akbar!”
Della utopia di una Siria laica, libera e democratica resta ben poco.
Con il passare del tempo la situazione degli insorti si aggrava sempre più. Mancano ai rivoluzionari tutti i beni di prima necessità ed il loro aiuto sono accorse, nella maggior parte dei casi, varie associazioni islamiche sunnite, di fonti saudite. Credete che nel momento che la rivoluzione dovesse trionfare queste scompariranno?
E cosa dire delle baby-gang che attaccano le scuole sciite con pietre e fuoco ormai quotidianamente? Stiamo parlando di una rivoluzione contro Bashar Al-Assad, dittatore temibile ed indiscutibilmente antidemocratico, o di una ennesima guerra di confessione?
E cosa succederebbe alle minoranze cristiane? A me sembra di ricordare che anche in Piazza Tahrir si proclamava che queste dovessero essere rispettate, che si ci auspicava una civile convivenza tra le varie confessioni. Il massacro e poi l’esodo dei Copti nel post-Mubarak ci ha rivelato un’altra verità.
La Siria si avvia al giorno d’oggi a diventare un altro stato islamico. La popolazione è all’80% musulmana sunnita e ciò che potrebbe succedere, molto verosimilmente, nel caso la rivoluzione dovesse trionfare è un altro genocidio di genti innocenti ed inconsapevoli. Fino ad ora la dura dittatura di Bashar Al-Assad aveva tenuto a bada con il suo straziante sistema di servizi segreti l’emergere di qualsiasi dissidenza religiosa. Nel momento in cui questo “sorvegliare” dovesse venire meno gli antichi rancori torneranno a galla e si assisterà, con la consueta tranquillità, ad un ennesima strage e trasformerebbe questa rivoluzione, partita per giuste ed onorevoli cause, in una ennesima pagina nera da leggere sui libri di storia.

Da Nena News

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