USA:lo accusano di aver costruito una bomba, ma è solo un orologio

set 17, 2015 0 comments



Ahmed vive da sempre a Irving, a 20 km da Dallas, e ha una passione sfrenata per l’ingegneria: nel tempo libero costruisce radio e ripara go-kart. Questo è il suo primo anno alla MacArthur, la scuola superiore della sua città, e desiderava fare una buona impressione su un suo insegnante. Per questo lunedì mattina si è presentato in classe con l’orologio, costruito la sera precedente, e lo ha mostrato al suo professore. «Lo ha trovato molto bello - ha riferito Ahmed a Dallas Morning News - ma mi ha detto di non mostrarlo agli altri professori». Un consiglio saggio che Ahmed, però, non ha seguito: l’orologio si è messo a suonare durante l’ora di inglese e Ahmed, a lezione finita, ha mostrato alla sua insegnante cosa aveva interrotto la sua lezione. È stato a quel punto che la situazione è degenerata. «Lei continuava a dire: “Sembra una bomba”, e io le dicevo: “A me non sembra una bomba”, ma non è servito a nulla», racconta il ragazzo. La professoressa ritira l’orologio, e chiama il preside. Nel giro di poche ore, Ahmed viene interrogato da quattro agenti di polizia, portato via in manette e identificato, con tanto di raccolta delle impronte digitali. Non è stato trattenuto in riformatorio, ma la scuola l’ha sospeso per tre giorni.  

Ma qual è la sua colpa? L’accusa è quella di aver costruito una bomba finta che avrebbe potuto scatenare il panico a scuola, eppure Ahmed ha sempre detto chiaramente che si trattava solo di un orologio, e nulla più. A riconoscerlo è anche un portavoce del dipartimento di polizia, che però aggiunge che il ragazzo avrebbe dovuto fornire «una spiegazione più ampia». Il preside per il momento si è limitato a rilasciare un generico commento: «Chiediamo da sempre ai nostri studenti e al nostro personale di segnalare ogni oggetto sospetto». Ma sulla scuola pesano già accuse di razzismo: Ahmed è musulmano e ha la pelle scura. Suo padre - Mohamed Elhassan Mohamed, di origini sudanesi - non ha dubbi: «Mio figlio è stato frainteso perché si chiama Mohamed e a causa dell’11 settembre». Oggi è in programma un incontro tra i genitori di Ahmed e le autorità scolastiche.  

Intanto, però, la polemica si sta allargando - il Consiglio per le relazioni tra americani e islamici ha annunciato che indagherà sulla questione - e rimbalza sui media internazionali. Persone di tutto il mondo esprimono vicinanza con la famiglia del ragazzo usando l’hashtag #IStandWithAhmed, e accusano la scuola di islamofobia. L’account ufficiale del liceo MacArthur, invece, rimane silente, tempestato da tweet che gli rinfacciano quanto si può leggere sul suo sito web ufficiale: «la nostra missione è provvedere un ambiente di apprendimento sicuro e positivo che promuova il successo degli studenti».  

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