Il ministro dell’Interno tedesco e il “piano di Trump” per l’Europa

giu 4, 2018 0 comments
Di Francesco Boezi
Horst Seehofer, da poco ministro dell’Interno del governo guidato da Angela Merkel, sta facendo parlare di sè. Secondo alcune interpretazioni, sarà proprio l’esponente della Csu a mettere in discussione, nel futuro più o meno imminente, la leadership nel centrodestra della Cancelliera. Vediamo perché.  
Il dibattito tedesco sta interessando sempre di più il tema dell’immigrazione. Seehofer, a differenza della Merkel, ha un’idea molto più restrittiva. I due, in passato, hanno discusso sull’islam. La religione musulmana, aveva dichiarato l’ex ministro della Sanità del governo Khol, non appartiene alla Germania. La nazione tedesca, secondo l’interpretazione del bavarese, è stata “forgiata” solo da cristianesimo. La Merkel all’epoca si è affrettata a discostarsi dall’esponente del governo che presiede. I due leader hanno poi chiarito sulla vicenda, ma la diversità di vedute rimane evidente.
Intanto c’è la questione dei cosiddetti “centri di ancoraggio”. L’esponente della Csu è convinto della bontà di questa soluzione: i migranti, sino alla determinazione del loro permesso di soggiorno, dovrebbero restare all’interno di questi luoghi adibiti all’ospitalità. C’è, però, chi mette in evidenza la presunta pericolosità di un provvedimento che porterebbe all’isolamento, quindi alla mancata integrazione. A fare da contorno alla discussione, ancora, c’è il possibile scandalo del centro asilanti di Brema.
Il ministro tedesco ha optato per la chiusura dell’ufficio migranti della città dei musicanti dei fratelli Grimm. La sensazione è che le domande dei richiedenti asilo presentassero più di qualche irregolarità, ma bisognerà aspettare le verifiche del caso per affermare qualche certezza. Potrebbe essere mancato un controllo preventivo sui requisiti. Di sicuro c’è che Seehofer sarà ascoltato, la settimana prossima, da una commissione apposita. Un caso che rischia di scuotere la già precaria tenuta dell’esecutivo teutonico. 
Il bavarese ha dichiarato di voler rivedere Schengen, cioè il trattato sulla libera circolazione in Europa, e guarda con interesse a un’alleanza strategica in chiave geopolitica con Austria e Ungheria al fine di raggiungere questo scopo. Sebastian Kurz e Viktor Orban, insomma, come possibili interlocutori per il futuro. Se la Merkel  è impegnata nella salvaguardia e nella strenua difesa delle istituzioni sovranazionali, il ministro baverese sembrerebbe intenzionato a scardinare le basi della cosiddetta “solidarietà comunitaria”, tanto da simpatizzare per la chiusura delle frontiere e per le politiche protezioniste promosse dal gruppo di Visegrad. 
Ieri, mentre il governo italiano giurava al Quirinale, è arrivata la notizia del rafforzamento dei controlli per la frontiera del Brennero da parte di tedeschi e austriaci, che hanno deciso di agire in modo congiunto. Il sovranismo ha aperto una breccia sul suolo tedesco. Seehofer non è il solo a voler ridiscutere le politiche sull’immigrazione. La Csu, che nel governo Merkel ha quattro ministeri, si sta spostando a destra. La crescita di Alternative Fur Deutschland dimostra l’esistenza di uno spazio politico che i bavaresi non vogliono farsi “fregare”. Specie in vista del ritiro dalla politica della Merkel. Poi ci sono le venture elezioni per il Parlamento europeo. 
Steve Bannon, per la seconda volta in pochi mesi, si è recato in Italia. L’ex chief strategist ha applaudito alla nascita del governo Conte, ma l’impressione è che la sua presenza nel vecchio continente non sia così slegata dalla strategia di Trump per l’Europa. Bannon, dicono i ben informati, è stato sì “cacciato” dalla Casa Bianca, ma conterebbe ancora molto.

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