Spese pazze in Liguria, Rixi condannato a 3 anni e cinque mesi. Salvini: “Accetto le sue dimissioni”

mag 30, 2019 0 comments


Di Matteo Indice

Il tribunale di Genova ha stabilito che l’attuale viceministro alle Infrastrutture Edoardo Rixi è colpevole per le spese della Lega nel consiglio regionale ligure fra il 2010 e il 2012 e lo ha condannato a 3 anni e 5 mesi, superando la richiesta dell’accusa. L’esponente del Carroccio avrebbe rischiato in automatico di perdere il seggio in Parlamento, ma non la nomina a vicario del grillino Danilo Toninelli e si sarebbe aperto uno scenario come nell’affaire Siri: senza dimissioni volontarie, doveva essere il premier a portare in Consiglio dei ministri la revoca delle deleghe.

E però la Lega ha bruciato i tempi. Rixi ha preparato le dimissioni, rimettendo a Matteo Salvini l’ultima parola. E il vicepremier del Carroccio gli ha dato via libera. «Le accetto per tutelare l’esecutivo», le parole dello stesso Salvini. Rixi ha poi ribadito: «Sono tranquillo, ho sempre agito per il bene degli italiani. Conto sull’assoluzione perché non ho mai commesso alcun reato, ma per l’amore che provo per l’Italia e per non creare problemi al governo ho consegnato nelle mani di Matteo Salvini le mie dimissioni». A quel punto il capo della Lega ha dato l’ok, disinnescando la potenziale bomba per l’esecutivo.


Disinnescata la minaccia di tenuta per il governo
È necessario fissare alcuni paletti. Il procuratore aggiunto Francesco Pinto aveva chiesto per Rixi la condanna a 3 anni e 4 mesi, addebito di peculato e falso, per cinque capi d’imputazione. Il politico risponde di esborsi per oltre 30 mila euro sostenuti perlopiù dai suoi ex colleghi Maurizio Torterolo e Francesco Bruzzone (il secondo è oggi senatore), approvati in qualità di capogruppo. Tra le spese sospette figurano pranzi e cene in giorni festivi, in Costa Azzurra oppure – e di queste a Rixi si chiedeva conto in prima persona – per partecipare a raduni a Pontida. In altri frangenti sarebbero stati fatti passare come pagati dai consiglieri, e poi vidimati sempre da Rixi, scontrini in realtà di collaboratori esterni al partito, che quindi non avevano diritto al risarcimento.

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