La giornata internazionale contro i test nucleari

ago 29, 2020 0 comments


Di Andrea Muratore
Il 29 agosto si celebra la Giornata Internazionale contro i test nucleari (International Day against Nuclear Tests, Idant), istituita nel dicembre 2009 dalle Nazioni Unite su proposta della delegazione kazaka e da allora dedicata alla sensibilizzazione contro la proliferazione incontrollata delle armi nucleari nel mondo e la loro sperimentazione attraverso test atmosferici e sotterranei.
La data celebra l’anniversario della chiusura del poligono nucleare sovietico a Semipalatinsk, situato proprio nel territorio del Kazakistan, avvenuta il 29 agosto 1991. A Semipalatinsk, situato nelle steppe del nord-est del Kazakistan, andò in scena oltre un quinto dei test nucleari condotti dopo il 1945: 456 per la precisione, svoltisi dal 1949 al 1989 senza che le autorità militari moscovite prestassero particolare attenzione alle conseguenze del fallout sull’ambiente e la popolazione locali. In totale, dopo la Seconda guerra mondiale le principali potenze hanno messo in scena 2.056 test di ordigni nucleari. In testa alla classifica ci sono gli Stati Uniti, con oltre il 50% del totale: 1.030 test, di cui 815 sotterranei e 215 atmosferici; l’Unione Sovietica prima e la Russia poi ne hanno svolti 715, tra cui quello della “Bomba Zar” del 1961 in cui detonò l’ordigno più potente mai messo in campo dall’uomo. La chiusura di Semipalatinsk nel 1991 segnò l’inizio dell’era del riflusso dei test atomici. Per quanto potenze come Pakistan e Corea del Nord si siano aggiunti da allora al club nucleare, dal 1993 il mondo ha conosciuto un sostanziale arresto dei test nucleari. A partire dal 1993, infatti sono stati solo 23 i test nucleari condotti. Tra questi, i maggiormente significativi sono risultati essere i due indiani e i due pakistani del 1998 e i più recenti test nordcoreani, mentre fuori tempo massimo apparirono già ai tempi i sei test atomici francesi condotti sull’atollo di Mururoa, sede di 196 esperimenti complessivamente, tra il 1995 e il 1996.
A dieci anni dalla prima celebrazione dell’Idant, la mobilitazione contro i test nucleari deve essere mantenuta alta: se è vero che la bomba atomica, mai impiegata in combattimento dopo i casi di Hiroshima e Nagasaki, è stata una fondamentale componente dell’equilibrio del terrore che ha salvato il mondo dall’olocausto nucleare durante la Guerra Fredda non si può altresì negare che gli impatti ambientali, sanitari e sociali dei test atomici condotti nella seconda metà del Novecento sono stati in diversi casi disastrosi.
I frutti avvelenati di questi test furono terribili: “Più di un milione di persone in Kazakistan furono esposte a fallout radioattivo durante i test atmosferici e sotterranei, e ampi tratti di terreno a Semipalatinsk e nelle aree circostanti sono ancora oggi contaminati. Ai giorni nostri il Kazakistan è ancora in lotta con le conseguenze ambientali e sanitarie delle esplosioni”: tumori infantili e malformazioni dei neonati sono ancora all’ordine del giorno nelle aree colpite, e lo stesso si può dire di altre aree contaminate dai test atomici. Gli atolli di Mururoa e Bikini, quest’ultimo sede di test statunitensi, hanno subito problematiche simili, e anche nella remota Amchitka, isola dell’Alaska sede di test dal 1965 al 1971, c’è il timore che sostanze radioattive possano in passato aver raggiunto le acque del Pacifico.
Non a caso Paesi come il Kazakistan, che hanno subito sulla propria pelle i danni collaterali della corsa agli armamenti, si sono messi in prima fila contro la proliferazione atomica. Astana dopo l’indipendenza ha smantellato l’arsenale nucleare ricevuto in eredità dall’Urss e, su pressione del presidente Nursultan Nazarbayev, ha proceduto a impegnarsi per “aumentare la consapevolezza sulle conseguenze dei test nucleari” e a spingere per “il loro azzeramento come uno dei primi passi necessari a costruire un mondo libero dal nucleare”. Il Kazakistan ha promosso la nascita di un’alleanza regionale con Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan per rendere l’Asia Centrale una regione libera da armi atomiche nel 2006 e, quattro anni dopo, ha ottenuto la prima celebrazione dell’Idant.
Mentre nuovi venti di corsa agli armamenti soffiano sul mondo, Usa e Russia sono in una fase di aperta competizione e rischiano di non rinnovare gli accordi New Start in scadenza a inizio 2021 con cui è stato ridotto il numero massimo di testate nucleari per i due Paesi, fissandolo a 1.550, ma anche i missili balistici intercontinentali (Icbm), i sottomarini nucleari lanciamissili (Slbm) e i bombardieri pesanti contemporaneamente operativi. Dopo la fine del Trattato Inf sui missili a medio raggio in Europa, la fine di New Start rilancerebbe pericolosamente la corsa al nucleare in tutto il mondo. Immaginare nei prossimi anni una fine negoziata degli arsenali atomici appare utopico e forse, in fin dei conti, problematico per la stessa pressione da essi esercitati sulle spinte conflittuali tra Paesi; tuttavia, il crollo del numero dei test nucleari ottenuto dopo la fine della Guerra fredda è un risultato da preservare e da consolidare in un sostanziale azzeramento. Ogni test è una ferita inferta al pianeta, a intere comunità, a Paesi divenuti martiri della corsa agli armamenti.

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