Sergio Casabianca, L'INTERVISTA: l'album "DE VISU", le sue influenze & il BAKU JAZZ FESTIVAL

ott 19, 2023 0 comments

  
Sergio Casabianca è un chitarrista, compositore e didatta jazz originario di Catania, classe 1990. Dal 6 ottobre 2023 è disponibile il suo nuovo album, "De Visu", prodotto dalla TRP
Casabianca è stato ospite a importanti contest italiani ed internazionali, tra cui vi è da segnalare il “Baku Jazz Festival”.

Di seguito ecco alcune domande relative a De Visu, alle sue influenze musicali, alla scena jazz e tanto altro.


  • Recentemente è uscito il tuo album “De Visu”, anticipato dall’omonima title track.  Parlaci di esso
  • De Visu è un disco in guitar trio, edito da TRP, in cui sono presenti 9 composizioni originali scritte da me ed arrangiate per questo organico. Si tratta di un disco di jazz contemporaneo, ma non è pensato per aderire direttamente ad una corrente ben precisa. Infatti, l'album contiene materiale che ho composto sia anni fa che poche settimane prima della registrazione e presenta diverse sfumature musicali e stilistiche che mi hanno accompagnato e continuano a farlo. Nel disco troviamo una vena più marcatamente jazz con alcuni brani dal mood swing, più o meno moderno; troviamo anche un accenno, tutt'altro che timido, alla musica black di matrice funk ed hip-hop; è presente anche una vena artistica più rilassata, eterea e languida tipica di un sound più europeo.
  • Con me hanno suonato Riccardo Grosso, al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria.

  • “De Visu” è un brano particolarmente intricato e tecnico ma, allo stesso tempo, suona piacevolmente orecchiabile e il suo ascolto trasmette sensazioni di rilassatezza e leggerezza.
    Al riguardo, hai dichiarato che è una composizione a cui sei molto legato grazie al mood che sprigiona e al particolare sound che lo contraddistingue.  Approfondisci questo aspetto


    De Visu, il brano che dà il titolo all'intero disco, è come una sorta di breve ed intenso viaggio musicale nella mia mente. Probabilmente si notano diverse influenze stilistiche, peraltro anche contrapposte, e la voglia di modificare e ricalcolare costantemente un percorso.
    Si tratta, non a caso, dell'ultimo brano che ho composto in ordine cronologico prima di registrare il disco. E' come se fosse una sorta di manifesto, un riassunto delle mie voglie creative e del materiale contenuto nell'album. Il mood è infatti vario, a tratti oscuro e pungente, a tratti divertente ed accattivante.
    Non mancano anche momenti di stasi e rarefazione. 
    Ovviamente tutti questi aspetti necessitano della giusta dose di attenzione ed anche di una "sana follia" e libertà creativa mentre la musica viene condivisa dai musicisti del trio. Per questo adoro suonare questo brano.

    Oltre alla menzionata title track, a quale altro brano (o brani) dell’album sei più legato o semplicemente reputi degno di una ‘menzione speciale’?

    Per rispondere vorrei citare almeno un paio di brani. Raining in my house, traccia numero 9 del disco, è sicuramente un brano che ho nel cuore perchè per molto tempo ha rappresentato la sonorità principale che volevo conferire al trio. Ha una struttura breve, di 16 battute in swing-feel ed un mood tra l'energico e l'oscuro.
    Un altro brano che vorrei segnalare possiede tratti distintivi decisamente opposti: si tratta di Sire, una ballad dal taglio quasi cinematografico che è il secondo brano della playlist. 
    Il tempo è lento e la struttura non troppo corta, ma ho provato davvero tanta emozione nel registrare questa composizione.
    Sono molto felice anche dell'energia di Desk of Love e della melodia di Fondamenta nuove.

    Parlaci delle influenze musicali del disco

    Sicuramente le influenze musicali non sono poche e sono legate ai miei ascolti, non solo in ambito jazz.
    Per tanti anni ho ascoltato con grande attenzione e passione Kurt Rosenwikel, che reputo uno dei più importanti esponenti del progresso nel mondo della chitarra jazz degli ultimi 20 anni. Anche Gilad Hekselman, Lage Lung, Rotem Sivan e Mike Moreno sono stati importanti per la mia ispirazione. Da inserire sicuramente anche Nir Felder ed il grandissimo Julian Lage per l'aspetto legato all'uso delle solid-body, chitarre che ho nel cuore. Amo molto anche alcuni pianisti, dalla tradizione al moderno: Bill Evans, Michel Petrucciani, Esbjorn Svensson, Aaron Parks. Inutile negare, tuttavia, che le influenze che mi portano a comporre idee e temi possano essere legati tanto al pop quanto dalla musica classica essendo cresciuto, a partire dai 5 anni tra Beatles, Rolling Stones e Beethoven o Brahms o Ravel. 
  • Come vedi la scena odierna jazz e quali sono i compositori o gli ensemble, specialmente in Italia, che reputi di maggior interesse?
  • La scena del jazz è ovviamente sempre in continua mutazione ed aggiornamento. Tuttavia c'è così tanta musica da ascoltare che è difficile sia seguire solo le ultime uscite che cibarsi di tradizione. Il mio ascolto sta sempre nel mezzo, cercando di fondere sensazioni e stilemi della musica di ieri e di oggi. Negli ultimi anni ho seguito con attenzione ed interesse giovani musicisti in grande ascesa come Luca Zennaro, Simone Basile, Michelangelo Scandroglio, Paolo Zou, Enrico Morello, Alessandro Presti. 
Non saprei, dunque, dire cosa possa essere di maggiore interesse ma personalmente sono incuriosito dal modo in cui questi musicisti progrediscono in termini di musica e carriera.
Ovviamente restano sempre grandi i progetti delle figure di spicco del jazz italiano, che ben conosciamo.


Oltre al jazz, a quali altri stili musicali ti ispiri e sei più legato?

Sin da bambino ho conosciuto, ascoltato ed amato la grande musica degli anni '50,'60 e '70. Sono cresciuto con Beatles, Rolling Stones, Procol Harum da un lato, Chicago, Elvis, CCR ed altri ancora dall'altro. L'adolescenza rock con Deep Purple e Led Zeppelin mi ha portato direttamente a vivere e sognare di rock, hard rock e metal nel cuore della giovinezza. 
Sono ascolti che talvolta mi stuzzicano ancora ma negli ultimi periodi sono molto più votato ad un ascolto interessato verso la musica classica: il sinfonismo di Beethoven, le sonate per pianoforte, alcuni lavori di Ravel, Satie e Prokofiev hanno avuto un grande impatto sulle mie ore di riflessione e rielaborazione del materiale musicale. 
Inutile nascondere, per mischiare tranquillamente sacro e profano, che sono molto aperto e riconoscente nei confronti del grande pop mondiale degli ultimi 30 anni circa, fino ai giorni nostri.

Quali sono i tuoi chitarristi preferiti e/o di riferimento, jazz o meno?

Come detto in precedenza, senza dubbio sono stato per anni innamorato delle idee e del sound di Kurt Rosenwinkel.
Mike Moreno, Gilad Hekselman, Rotem Sivan e Lage Lund sono alcuni dei chitarristi a cui mi ispiro maggiormente. Probabilmente i due che però mi stimolano più da vicino nel mio processo creativo sono Jesse Van Ruller e Jonathan Kreisberg, per motivi timbrici e stilistici.
E' innegabile essere legato anche alla grande tradizione: Kenny Burrell su tutti, persino prima di Wes, Hall e Pass, per la sua grande sincerità e la sua verve blues. 
Pat Metheny, invece, resta ancora il chitarrista più abile, musicale, sincero e moderno che finora ho potuto ascoltare, apprezzare ed ammirare. 

- Hai partecipato, tra gli altri, al noto e prestigioso contest internazionale “Baku Jazz Festival”. Quanto ti ha dato, sia artisticamente che personalmente, tale esperienza e quanto reputi fondamentale la musica e l’arte in generale come ‘ponte tra civiltà’ e culture, specie di questi tempi?

Viaggiare grazie alla musica è una grande soddisfazione. Sono andato in un luogo così particolare e lontano solo per il fatto di essere un musicista che, dopo una selezione, è stato invitato a partecipare. Questa prima riflessione sicuramente risponde ad una buona parte della domanda: la musica è un po' come una carta d'imbarco e ti permette di recarti in luoghi di ogni tipologia e dalla diversa cultura semplicemente per essere te stesso e dare il tuo apporto comunicativo e collaborativo. Per lo stesso motivo, la musica e l'arte in generale,restano senza alcun dubbio dei linguaggi universali che possono avvicinare culture, tradizioni e popoli. Lo stesso festival di Baku era parzialmente improntato sulla commistione tra jazz, musica tradizione azera e world music in genere. Sono molto contento di essermi confrontato con quella realtà e aver stretto alcune amicizie musicali. Senza dubbio, nella musica che scriverò in futuro, ci sarà anche un po' di Baku. Magari un giorno tornerò lì con un mio progetto!

Progetti per il futuro?

Mi sto muovendo su diverse strade che puntano tutte a progredire pian piano in vari ambiti.
Senza dubbio cercherò di portare su più palchi il mio trio per suonare il nuovo album. Stiamo programmando una serie di concerti tra primavera ed estate, ma non voglio svelare nulla.
De Visu è musica da condividere!
Conoscendomi, avendo inoltre già altra musica nel cassetto, potrebbe non tardare una nuova registrazione nel prossimo anno.
Ponendo l'attenzione sulla mia didattica personale, invece, continuerò a studiare, insegnare e scrivere per guitarprof.it, uno dei maggiori blog di chitarra italiani con cui collaboro da fine 2020.

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