Eppure tutto sta cambiando

ago 2, 2011 0 comments
Di Carlo Brunelli 
Troppo spesso, nel parlare di democrazia, si accomunano cose assai differenti tra loro.
La differenza tra la democrazia diretta e la democrazia rappresentativa era ben nota a quella classe borghese che, nel settecento, creò il moderno sistema democratico come modello di riferimento per la società capitalista. Il padre della liberaldemocrazia, Robert Alan Dahl, parla di una “evoluzione” che porta la democrazia diretta, basata sulla comunità locale, la partecipazione , sui principi di uguaglianza e solidarietà civile, ad essere sostituita dalla democrazia rappresentativa, basata sullo Stato-nazione, sulla divisione in “partiti”, sulla competizione sociale e sul principio assoluto della libertà.
Siamo portati – indotti a credere – che la democrazia rappresentativa sia sinonimo di “potere del popolo”. ma non è affatto così.
Si capì fin dall’inizio, ai primi dell’ottocento, che la democrazia rappresentativa non era stata disegnata a vantaggio del popolo, ma a vantaggio della borghesia al potere, che attraverso questo sistema “liberale” (perché non più basato su caste nobiliari) controlla il popolo e lo sfrutta dandogli l’illusione di essere lui a decidere. Il sistema più efficace per controllare il popolo è la divisione della società in gruppi di interesse e in “classi”. L’espressione di questa divisione sono i “partiti” (espressione di una parte della comunità).
Possiamo sintetizzare il meccanismo con l’immagine che mentre il popolo si scontra nella politica attraverso i partiti, i borghesi fanno i loro affari con l’ausilio di chi, dei politici, è chiamato a governare.
Ecco perchè i partiti sono diventati in pochi decenni una “casta” protetta, impunita e ben pagata.
Capitalismo e democrazia rappresentativa (sistema dei partiti) sono esattamente la stessa cosa in termini sociali.
Nella prima metà dell’ottocento, Proudhon affermava che: «”Capitale” in campo politico è sinonimo di “governo”. La concezione economica di capitalismo, quella politica di governo e quella teologica di Chiesa sono tre concetti identici, collegati in modi differenti. Attaccare uno solo di loro equivale ad attaccarli tutti. Quello che il capitale fa al lavoro, e lo Stato alla libertà, la Chiesa lo fa allo spirito. Questa trinità di assolutismo è rovinosa nella pratica tanto quanto nella filosofia. I mezzi più efficienti per opprimere il popolo sarebbero simultaneamente sopprimere e schiavizzare il suo corpo, la sua volontà e la sua ragione.»
Ecco perchè la crisi del capitalismo – crisi strutturale ed irreversibile – equivale alla crisi della democrazia rappresentativa e soprattutto dei partiti. Così come la gente non crede ormai alla capacità delle leggi economiche e della finanza di regolare la società e assicurare il benessere, così non crede più ai partiti.
Rispetto a quella operata da Marx, la critica di Proudhon e degli anarchici, appare più profonda e netta, mostrandosi oggi quasi profetica.
Proudhon aveva capito che il capitalismo non poteva funzionare ed avrebbe portato il sistema a mantenersi soltanto attraverso la guerra – guerra a nazioni, ad economie, – per poter riprodurre l’idea di una crescita illimitata i un mondo che invece dei limiti precisi li ha. Proudhon contrappone alla società dove la proprietà è del capitale, e a quella dove la proprietà è dello Stato (viste come due volti della stessa medaglia), l’idea che la proprietà può essere solo temporanea e legata al lavoro dell’individuo. Il sistema bancario basato sull’accumulo di capitali deve trasformarsi in un sistema bancario mutualistico. Lo Stato e l’idea di nazione deve dissolversi in un concetto aperto di federalismo che riporti la politica ai cittadini.
Il sogno di Proudhon, forse, sta cominciando ad avverarsi. Si diffondono nel mondo le banche etiche, ci stiamo riappropriando culturalmente, in un modo nuovo, della centralità del lavoro e del suo valore sociale. Le differenze tra partiti, lo stesso concetto di “destra e sinistra” sbiadiscono di fronte alla vividezza del sentirsi parte di ua comunità civile. Accade che quando una comunità reagisce, come in Val Susa, attaccata dal Capitale e dallo Stato, si scopre straordinariamente unita.
Sta accadendo qualcosa di grande e straordinario e non ce ne accorgiamo. Non se ne accorgono i politici che continuano a fare il loro lavoro di eterno sterile battibeccare. Non se ne accorgono gli economisti che continuano a percorrere lo stesso gesto come facevano i vecchi trenini a pile quando andavano a sbattere contro il muro e continuavano a farlo all’infinito.
I referendum dell’acqua e del nucleare son stati vinti dal popolo contro lo stato e il capitale. Sono stati vinti grazie a nuove forme di partecipazione. Le nuove tecnologie informatiche, la rete web, consentono di comunicare in modo affatto nuovo rispetto al passato. Il villaggio globale porta a riprodurre la dimensione della comunità su scala planetaria.
Possiamo pensare a forme di votazione on-line grazie alla firma digitale. A referendum settimanali, addirittura quotidiani su questioni in cui c’è da prendere una decisione. Non abbiamo più bisogno di rappresentanti. Tanto meno di partiti e di politicanti corrotti.
Sta iniziando l’era della Democrazia diretta su scala mondiale.


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