Di Antonio Rossini
Il 19 luglio del 1992, ore 16.59, morirono con Paolo Borsellino anche
gli agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li
Mili, Walter Eddie Cosima e Claudio Traina.
Una morte annunciata, detta e ridetta senza che lo Stato avesse fatto
nulla per impedirla. La morte peggiore è toccata a lui, perché più di
tutti aveva saputo che doveva morire dagli stessi sicari della mafia.
Paolo Borsellino, in quei giorni di grande dolore per la scomparsa
dell’amico Giovanni Falcone, che lo aveva spinto a restare e combattere
nel Tribunale Penale, si sentiva ormai un uomo solo che percorre
l’ultimo tratto di strada verso una sentenza già scritta e da eseguire.
Quel 19 luglio 1992, non ci fu il tempo per rendersi conto di nulla, di
riflettere, perché i boia di Cosa Nostra avevano già preparato tutto e
mancava solo un bottone da schiacciare. Per la mafia, un agguato di
facile impresa, grazie alla negligenza - e altro... - dei soliti poteri
istituzionali. Ripetutamente Agostino Catalano aveva chiesto il divieto
di parcheggio in via D’Amelio. Responsabilità mai pagate da un sindaco,
da un assessore, da un addetto al servizio, dal questore dal prefetto,
giù giù fino all’ultimo funzionario. Lo avrebbero ucciso comunque ma non
con la partecipazione dello stato.
Borsellino è l’uomo che ha sofferto e provato cos’è la solitudine e la
fuga delle istituzioni per le quali lavori e compi sacrifici.
Ricordiamo tutti gli agenti delle scorte ammazzati dalla mafia che il
più delle volte restano nel dimenticatoio. Ricordiamo E. Basile, G.
Costa, C.A.dalla Chiesa, Chinnici, Cassarà, Falcone e tanti altri non
citati. Ad Antonio Caponnetto gli onori degli uomini onesti e liberi che
combattono ancora questo assurdo sistema.
Giovedì 19 luglio, tutta l’Italia ha ricordato il sacrificio di questo
esemplare magistrato vittima della mafia, della politica e dei servizi
deviati, che ha dovuto difendere sino all’ultimo giorno della sua vita, e
da solo, tutto quello che era stato fatto per tentare di sconfiggere la
piaga della mafia.
In queste stesse ore, si badi bene, è andato in onda una vergognosa
storia parallela che coinvolge il capo dello Stato in carica e l’ex
vicepresidente del Csm nonché ex ministro dell’Interno, Mancino,
indagato a Palermo per quella che è stata definita una “trattativa
Stato-mafia”. Un patto scellerato per attenuare, in cambio della fine
della strategia criminale stragista, le misure di rigore nei confronti
dei boss detenuti nelle carceri. Ma Napolitano ha protestato. “lui” non
può essere intercettato. Lui è “istituzionalmente irresponsabile”. Anche
quando concede “consigli” a un indagato. Per molto meno, solo per delle
“voci”, Giovanni Leone di spessore e calibro superiore, fu sollevato
dal Quirinale.
Occorre accertare la verità, altro che distruggere le intercettazioni.
Tutto deve essere fatto alla luce del sole, per onorare la memoria di
due grandi Italiani quali sono stati Borsellino e Falcone e tutte le
vittime della mafia, altro che occultare la trattativa per farla franca.
Se Mancino e/o altri hanno interferito, devono pagare.
Da Rinascita
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