Jobs Act, i veri effetti sui precari: tutelato solo un disoccupato su dieci

nov 14, 2014 0 comments
lavoro jobs act

Di Roberto Ciccarelli

Il Jobs Act come mai nes­suno ve lo ha rac­con­tato fino ad oggi. Un dos­sier dell’asso­cia­zione XX maggio-Flessibilità Sicura, dal 2007 nel Forum del Lavoro del Par­tito Demo­cra­tico, ha ana­liz­zato le attuali pro­po­ste del governo Renzi, insieme a quelle dell’opposizione e della mino­ranza Pd e ha descritto quali saranno i veri effetti sulla vita dei pre­cari una volta entrata in vigore la nuova riforma del lavoro. A dispetto degli annunci sulle novità epo­cali con­te­nute nel prov­ve­di­mento all’esame del par­la­mento, la pre­ca­rietà non verrà affatto supe­rata e, anzi, rischia di peggiorare. Il pre­mier Renzi e il mini­stro del lavoro Poletti sosten­gono, tra l’altro, che il Jobs Act uni­ver­sa­liz­zerà l’assicurazione per la disoc­cu­pa­zione Aspi a tutti i pre­cari. Gli esperti dell’associazione XX mag­gio ha con­dotto un rigo­roso «fact-checking» su que­sta affer­ma­zione e non hanno tro­vato trac­cia di que­sto auspi­cio nella legge delega. L’Aspi, in realtà, sarà estesa solo ad altri 46.577 col­la­bo­ra­tori coor­di­nati e con­ti­nua­tivi (Cococo), quelli con più di tre mesi di con­tri­buti ver­sati. La pla­tea di lavo­ra­tori che potrebbe acce­dere al «nuovo» sus­si­dio di disoc­cu­pa­zione cre­sce­rebbe fino a 317.656 per­sone, un numero che com­prende 267.079 col­la­bo­ra­tori a progetto. A set­tem­bre i disoc­cu­pati hanno rag­giunto quota 3,2 milioni. Sem­pre che rie­sca ad appro­vare tutti prov­ve­di­menti della legge delega, il governo pre­vede di assi­cu­rare un sus­si­dio solo a un decimo di loro. Reste­ranno esclusi i para­su­bor­di­nati e le par­tite Iva iscritte alla gestione sepa­rata dell’Inps (1,8 milioni), gli auto­nomi iscritti all’ex Enpals e tutti i liberi pro­fes­sio­ni­sti, tra i quali si sono radi­ca­liz­zate le nuove forme di pre­ca­rietà, in par­ti­co­lare dai 40 anni in giù. Senza con­tare che non pre­vede alcuna misura di tutela per i circa quat­tro milioni di pre­cari. «Più che un’universalizzazione dei diritti, que­sto è un ossi­moro» com­menta Andrea Dili, por­ta­voce dell’associazione XX Maggio. L’esecutivo pre­vede inol­tre l’azzeramento dei con­tri­buti per i nuovi assunti a tempo inde­ter­mi­nato con uno stan­zia­mento da 1 ‚9 miliardi. «Anche se con­si­de­riamo que­sto bonus, il lavoro dipen­dente resterà sem­pre più costoso per l’impresa. Senza con­tare che gli sgravi durano solo tre anni — aggiunge Dili — Sarà sem­pre più con­ve­niente per l’impresa pre­fe­rire i bassi com­pensi degli ati­pici o delle par­tite Iva». Gli sgravi dure­ranno tre anni, men­tre i pre­cari con­ti­nue­ranno a essere pagati sem­pre meno e le aziende potranno deci­dere uni­la­te­ral­mente la quan­tità effet­tiva da assu­mere, quando gli ser­vi­ranno. Un mec­ca­ni­smo che la can­cel­la­zione dell’articolo 18 per i neo-assunti e il «con­tratto a tutele cre­scenti» cer­ta­mente non neu­tra­lizza. Anzi, si apre uno sce­na­rio paradossale. La legge cosid­detta «Biagi» can­cellò i co​.co​.co, Renzi invece li ripor­terà in vita. «Que­sta pos­si­bi­lità darebbe alle imprese che vogliono abusa>rne mag­giore libertà di farlo per­ché toglie­rebbe quelle regole e quelle tutele intro­dotte per i co​.pro. ma assenti per i co​.co​.co», aggiunge Dili. Altro ele­mento che getta un’ombra di grande incer­tezza sulla legge delega è la pro­po­sta sul com­penso minimo fis­sato per legge. «Ãˆ dif­fi­cil­mente appli­ca­bile a tutti i set­tori indi­stin­ta­mente e com­plesso da adot­tare per le sin­gole pro­fes­sio­na­lità – sostiene Dili – Il minimo per legge finirà per essere più basso della più bassa delle tariffe pre­vi­ste dalla con­trat­ta­zione col­let­tiva». In pra­tica, il Jobs Act non cam­bierà nulla per i collaboratori. Nata per creare occu­pa­zione, la riforma spin­gerà invece i col­la­bo­ra­tori ad uscire da que­sto rap­porto di lavoro; con­ti­nuerà ad impo­ve­rire gli auto­nomi che gua­da­gnano in media soli 723 euro netti men­sili, men­tre con lo stesso red­dito lordo ad un lavo­ra­tore dipen­dente restano in tasca 1283 euro men­sili netti. Così facendo Renzi e Poletti non faranno altro che raf­for­zare una ten­denza ormai accer­tata: dal 2007 al 2013 sono stati regi­strati circa 350 mila col­la­bo­ra­tori in meno, di que­sti quasi 200 mila solo tra il 2012 e il 2013. Una cata­strofe. «In Ita­lia la fles­si­bi­lità dev’essere pagata di più della sta­bi­lità. O fac­ciamo un sistema di que­sto tipo – con­clude Dili — oppure l’alternativa sarà quella di abbas­sare i com­pensi dei lavo­ra­tori, facendo con­cor­renza alla Roma­nia o al Viet­nam. Ma que­sta strada è arri­vata alla fine. Dopo non c’è più nulla».

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