Cos'è il Bilderberg, il think tank dei "poteri forti"

mag 30, 2019 0 comments

Di Giulia Giacobini

Il 30 maggio si terrà il 67° incontro del gruppo Bilderberg, un think tank che riunisce personaggi di spicco nel mondo della politica, dell’industria, della finanza e dei media provenienti da Europa e Stati Uniti ed è stato spesso preso di mira dai complottisti per i suoi caratteri elitari (si può partecipare solo su invito) e per l’alone di segretezza che circonda ogni conferenza (la location viene svelata solo due giorni prima dell’evento e le riunioni si svolgono a porte chiuse).
L’appuntamento, quest’anno, è a Montreux, in Svizzera.
 In tutto, saranno presenti 128 persone di cui tre italiani: Lilli Gruber, che fa parte anche dello steering committee, una specie di comitato eventi, l’ex premier Matteo Renzi e il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano Stefano Feltri. Tra gli ospiti internazionali spiccano invece Satya Nadella, Ceo di Microsoft, Jared Kushner, genero e consigliere di Donald Trump e Jens Stoltenberg, segretario della Nato.
Come riporta Agi, i temi in agenda sono undici e comprendono, tra l’altro, il futuro dell’Europa, i cambiamenti climatici, l’etica dell’intelligenza artificiale e le cyber minacce. Ecco come è nato e come è cambiato nel tempo.

La storia del primo incontro

Il primo incontro del gruppo Bilderberg si tenne dal 29 al 31 maggio del 1954, in piena guerra fredda, all’hotel De Bilderberg, ad Oosterbeck, nei Paesi Bassi. Il club, che allora non aveva un nome, iniziò ad essere così chiamato proprio per via dell’hotel in cui si era riunito.
L’obiettivo del meeting era quello di discutere le ragioni dell’antiamericanismo che in quegli anni serpeggiava nel continente e che Józef Retinger, studioso e consulente politico polacco, considerava il principale ostacolo alla creazione di una vera alleanza atlantica tra un’Europa di tipo federale e l’America del Nord.
Alla riunione, che venne organizzata da un comitato direttivo, presero parte tra gli altri, Retinger, il Principe olandese Bernard-Lippe-Bisterfeld, il banchiere David Rockfeller e il potente industriale olandese Rijikens.

Cosa succede oggi

Le conferenze annuali che si svolgono oggi sono molto più partecipate di quella del 1954. A Montreux andranno 128 persone ma il numero varia di anno in anno da un minimo di 120 a un massimo di 200. I membri, che possono presentarsi solo se precedentemente invitati, non sono fissi. Alcuni, come Lilli Gruber, vanno oramai da anni ma per Stefano Feltri quello di domani sarà il primo appuntamento. Tutti partecipano a titolo personale, e non come rappresentati di un’istituzione, e devono pagare le spese del viaggio e dell’alloggio.
Le riunioni si svolgono soprattutto in Europa, ogni quattro anni in America e sono sempre a porte chiuse. I giornalisti non sono invitati e, al termine, non vengono diffusi comunicati stampa. I membri possono però riprendere alcune idee in base alla Chantam House Rule che impedisce loro di rivelare l’identità degli oratori.

Le teorie del complotto

Le prime teorie complottiste sul gruppo Bilderberg si sono diffuse decenni prima della nascita di Internet e dei social media. Hugh Wilford, professore di Storia alla California State University, spiega che già nel 1954 la sinistra era convinta che dietro il gruppo si nascondesse la Cia e che la riunione fosse parte di un piano per aumentare l’influenza degli Stati Uniti in Europa.
Questa teoria fu alimentata anche dal passato di Retinger. La mente del gruppo entrò infatti in contatto con i Servizi segreti quando era a capo del governo polacco in esilio a Londra e lavorò inoltro come consigliere tra due le guerre per le rivolte in Messico.
Negli ultimi anni, il Bilderberg è stato accusato tra l’altro di voler ridurre sempre di più la sovranità degli stati (il gruppo sarebbe l’ultima reincarnazione di un’oligarchia che gestisce le sorti dell’umanità), di avere intenzione di sottomettere i poveri fino a renderli schiavi e di aumentare i conflitti. A questo proposito, Panorama ricorda che il club è stato considerato il responsabile dell’incidente di Tonchino, che scatenò la guerra in Vietnam, del conflitto in Jugoslavia e di quello in Iraq. Tutte nascono da una convinzione: le guerre aumentano il valore degli affari delle lobby delle armi e fanno gli interessi economici di alcuni membri del gruppo.

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