Intervista a Enzo Remo Rossi: la pandemia, "Il Mostro" e la speranza

apr 13, 2021 0 comments


Intervista di Salvatore Santoru a Enzo Remo Rossi *

Il mostro è nato in piena pandemia, esattamente il 20 aprile 2020. È una fotografia perfetta di quello che ci è accaduto. La prima parte del brano è dedicata al nostro passato, alla spensieratezza e alla bellezza della natura che ci circonda. Poi, come dice la canzone, “improvvisamente qualcuno entra in noi” condizionando brutalmente la nostra vita. La seconda parte è la creazione e la mutazione che il virus ha portato nel nostro quotidiano. L’ultima sezione è dedicata alla speranza che tutto possa tornare come prima. 


Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Enzo Remo Rossi, artista toscano classe 1960 che lo scorso 8 marzo ha pubblicato il tuo ultimo singolo intitolato “Il mostro”, un pezzo tipicamente cantautorale che racconta i cambiamenti e le battaglie affrontate nel corso della pandemia, ma anche la speranza di un ritorno alla normalità.


“Il mostro” è un pezzo che parla della pandemia, quindi di lotta e bruschi cambiamenti, ma anche di speranza. Quando è importante secondo te il concetto di speranza nella vita delle persone?

La speranza è una gentile concessione che madre natura nella sua purezza ci ha donato nei momenti in cui vengono a mancare i punti di riferimento che ci aiutano a vivere. Quando l’illusione di un ritorno alla normalità zoppica e cade ancora, sconvolgendoci, ci si aggrappa a quella che i latini chiamavano “speme”.


Potremmo dire che la musica è stata per te un’ancora di salvezza in quel periodo? Oppure ci sono stati dei momenti nella tua vita in cui lo è stata?

La musica essendo universale non ha spazio e tempo definiti anche se vive di pause, ritmi e velocità. Nel duro momento ha contribuito a consolare e lenire le profonde ferite causate dalla costrizione pandemica. Nel mio percorso umano inoltre è sempre stata presente aiutandomi a vivere i momenti più tristi e difficili della mia esistenza.


Il tuo prossimo disco “Impressioni di ottobre” vede la partecipazione di tuo figlio Daniele. Sei stato tu ad iniziarlo alla musica? 

La sicurezza non ce l’ho ma so che i figli d’arte esistono. Quando Daniele era piccolo gli piaceva tanto ascoltarmi e voleva sempre cantare con me. Presto anche lui, con il suo pianoforte ha iniziato a comporre brani, pretendendo il mio giudizio. Sono orgoglioso di lui che musicalmente è molto preparato e umile nelle sue notevoli creazioni.


Cos’è meglio: fare parte di un coro o cantare da solisti?

Posso dire che sono due emozioni completamente diverse. Nella prima sei immerso in un mare di note che cullano la tua immaginazione esaltando i tuoi sensi. Tante voci diventano una, grande, profonda, aulica, dolce, canonica e chiudendo gli occhi fa volare la tua fantasia. La seconda deve mettere in evidenza le stesse cose della prima ma sei da solo a dialogare musicalmente con il pubblico.


Hai voglia di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

No, potrei dire tante cose ma creerei solo confusione, mentre quello che mi sento di affermare è che non possiamo sempre nasconderci perché così facendo non conosceremo mai il nostro autentico valore. Mettersi in discussione, a volte, serve per capire se siamo in sintonia con quelli che ci stanno accanto, vicini e lontani.

* Realizzata in collaborazione con lo staff di Conza Press

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