La firma del patto di difesa tra Arabia Saudita e Pakistan segna un passo storico in una relazione che affonda le radici negli anni Settanta, quando i tecnici e i militari pakistani contribuirono a costruire la Guardia Nazionale saudita. Oggi, in un contesto regionale attraversato da guerre, tensioni e da un progressivo disimpegno americano, il legame si fa più stringente e assume i contorni di una vera alleanza militare. L’intesa prevede che un’aggressione a uno dei due Paesi sia considerata un’aggressione all’altro, formula che riecheggia i meccanismi di mutua difesa della NATO.
La domanda cruciale, inevitabilmente, è se questo accordo porti l’Arabia Saudita sotto l’ombrello nucleare di Islamabad. Riad non ha mai nascosto di considerare l’arsenale pakistano una garanzia estrema, soprattutto di fronte all’avanzamento del programma nucleare iraniano. Il Pakistan, unico Paese musulmano dotato di armi atomiche, non ha mai adottato una dottrina del “no-first-use”, lasciando aperta la possibilità di un impiego preventivo. L’elemento nucleare aggiunge dunque un livello di deterrenza che potrebbe dissuadere Teheran da azioni aggressive, ma che allo stesso tempo aumenta il rischio di escalation in caso di crisi.
L’accordo arriva all’indomani dell’attacco israeliano contro la leadership di Hamas a Doha, episodio che ha scioccato le monarchie del Golfo e sollevato interrogativi sulla reale affidabilità delle garanzie di sicurezza statunitensi. Per anni Washington è stata il garante ultimo della sicurezza regionale, ma l’accondiscendenza verso le operazioni israeliane in Siria, Libano e persino contro infrastrutture iraniane ha generato un crescente malcontento. L’impressione, in molti ambienti arabi, è che la priorità strategica americana resti l’asse Israele-Golfo solo finché serve a contenere l’Iran, non a proteggere i partner da ogni minaccia.
La scelta saudita di allearsi formalmente con Islamabad è complessa anche perché il Regno mantiene relazioni sempre più intense con l’India, rivale storico del Pakistan. Dopo la quasi-guerra aerea di maggio, che aveva portato India e Pakistan sull’orlo di un conflitto nucleare, l’Arabia Saudita ha continuato a investire nell’economia indiana, segno di una strategia multi-vettore che mira a non dipendere da un solo partner. Per Islamabad, invece, il patto è anche un messaggio a Pechino e Washington: il Pakistan resta legato alla Cina sul piano economico, ma cerca di mantenere aperti i canali con gli Stati Uniti, come dimostrato dalla recente visita del feldmaresciallo Munir alla Casa Bianca.
Gli analisti sottolineano che questo patto potrebbe trasformarsi in un elemento di stabilizzazione se riuscirà a rafforzare la deterrenza reciproca e a contenere le ambizioni iraniane. Ma il rischio è che diventi un moltiplicatore di instabilità , soprattutto se Israele continuerà a colpire obiettivi in Siria, Libano e Iran con il tacito benestare americano. In un tale scenario, la possibilità che Riad chieda supporto diretto a Islamabad – anche sotto forma di armi nucleari pronte all’uso – non può essere esclusa.
L’alleanza Riad-Islamabad segna un cambio di paradigma: il Medio Oriente non è più una regione in cui Washington detiene il monopolio della sicurezza. Emergono alleanze regionali autonome, in grado di agire anche in assenza di un via libera americano. È l’inizio di un sistema di sicurezza “a geometria variabile”, dove attori regionali si dotano di strumenti per proteggere i propri interessi, anche se ciò significa sfidare l’ordine tradizionale costruito attorno agli Stati Uniti.
Arabia Saudita. Un patto con il Pakistan che cambia gli equilibri di sicurezza del Medio Oriente
Di Giuseppe Gagliano
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