Proteste in Israele. Il paradosso dei militari contro la riforma di Netanyahu

lug 24, 2023 0 comments


Di Davide Malacaria

Nessun compromesso sulla riforma giudiziaria in Israele: le proteste non si placano e si va allo scontro aperto. Il dialogo tra governo e opposizione per limare la riforma giudiziaria proposta da Netanyahu è fallita e il premier ha deciso di portarla alla Knesset (il parlamento), che ha dato voto favorevole (mentre scriviamo è stata approvata la prima tranche).

Ma l’opposizione, che da mesi dà vita a manifestazioni di massa, non si arrenderà e le strade israeliane continueranno a riempirsi di cittadini avversi al provvedimento, che giudicano liberticida perché sottomette la magistratura alla politica (cioè a Netanyahu, che in tal modo spera di eludere il processo nel quale è imputato).

Il carattere militare delle proteste

Ma se a scendere in campo sono i cittadini, e soprattutto i laici che si contrappongono agli ultra-ortodossi che appoggiano il governo (si tratta, infatti, anche di uno scontro religioso), a organizzare le proteste e a dargli forma, secondo Gideon Levi, sono i militari e i dirigenti dell’intelligence.

“Non c’è dubbio che la protesta ha un carattere militarista, che ne oscura le fondamenta civili”, scrive Levi su Haaretz.

E specifica: “Questa protesta ha assunto il colore kaki brillante e le tonalità blu elettriche dell’aeronautica militare israeliana. La sua lingua è militare, la maggior parte dei suoi leader sono ex militari. Il rifiuto di servire [nell’esercito ndr.] è la sua arma più efficace e il suo obiettivo finale è mantenere lo stato com’era prima”.

Proteste in Israele contro la riforma giudiziaria voluta da Netanyahu

Proteste in Israele contro la riforma giudiziaria voluta da Netanyahu

“Sembrava che Israele fosse maturato e si fosse svezzato dalle sue malattie infantili militariste”, annota ancora Levi, “dall’adorazione dei generali e dal culto del servizio militare, ma è arrivato il movimento di protesta e ha dimostrato che il militarismo non è affatto tramontato”.

“Al contrario, ha raggiunto nuove vette. Non c’è prova migliore di questa: quando finalmente è emersa una protesta democratica, essa si fonda su basi militari. È una zona militare, anche se aperta”.

Da qui il punto dolente: “Non c’è contrasto maggiore di quello esistente tra militari – un’organizzazione palesemente non democratica – e democrazia. Questo non vuol dire che un esercito non possa esistere laddove c’è democrazia, o che un esercito sia necessariamente antidemocratico. Ma può essere l’esercito il custode della democrazia? Siamo come la Turchia?”.

Un’occasione sprecata

“Dove esattamente i nostri generali hanno imparato le regole della democrazia, nelle basi dell’esercito? Nella casbah di Nablus? Nella tirannia militare esercitata su un altro popolo, che poi è stata la sua principale occupazione per decenni?”. Dove il riferimento ovvio è ai palestinesi.

“Israele è andato ancora oltre. Anche gli ex capi dei suoi servizi segreti si sono eretti a protettori della democrazia. Persone la cui vocazione è l’abuso, la cui routine consiste in arresti di attivisti politici e in uccisioni, nell’estorsione crudele e nello sfruttamento delle debolezze di un gran numero di persone, in interrogatori sotto tortura così come in rapimenti senza alcun controllo giudiziario, sono ora gli artefici della protesta democratica”.

E, in conclusione dell’articolo, un esempio che spiega in maniera esemplare il paradosso che abita queste manifestazioni e i suoi tanti protagonisti, cittadini comuni sinceramente preoccupati per il futuro del loro Paese.

“’Ho un figlio ad Hawara, e questo è quello che ci stanno facendo’, ha gridato questo fine settimana un manifestante a Tel Aviv, avvolto in una bandiera israeliana, sotto i getti di un cannone ad acqua azionato dalla polizia. Ha un figlio che opprime i palestinesi al checkpoint di Hawara, ne va fiero, e per questo si batte per la democrazia”.

Forse Levi generalizza eccessivamente nel suo J’accuse, dal momento che non tutti gli israeliani sono a proprio agio con il duro regime imposto al popolo palestinese. Nondimeno la sua analisi sul carattere delle manifestazioni è di interesse notevole.

La protesta di questi mesi contro le leggi liberticide di Netanyahu erano un’occasione storica per aprire la via a un nuovo rapporto tra i due popoli. È stata deliberatamente sprecata e, anche se lo scontro sarà vinto dalle opposizioni, per i palestinesi cambierà poco o nulla. Anche per questo definire tali proteste come un moto pro-democrazia appare quantomeno inadeguato.

FONTE: https://www.piccolenote.it/mondo/proteste-israele-militari-contro-netanyahu

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