Spagna. Rajoy vuole il carcere per chi organizza proteste, anche su Internet

apr 27, 2012 0 comments
Spagna protesta
Negli ultimi giorni, sui Twitter spagnoli, uno dei più seguiti hashtag (parole precedute dal simbolo # che servono per segnalare e ricercare particolari tematiche su social network come Google+, identi.ca o Twitter appunto) è #HolaDictadura. Il motivo è che il governo di Mariano Rajoy ha annunciato l'intenzione di imporre un controllo sui social network e convertire in reato penale ogni incitazione o organizzazione di protesta attraverso questi mezzi.
Se l'iniziativa dovesse andare in porto, l'esecutivo di destra del Partito Popolare (PP) potrà perseguire i movimenti sociali e mettere in atto una sorta di detenzione preventiva dei manifestanti. Cosa che a ben vedere già accade, almeno in parte, visto che alcuni giovani sono stati arrestati a Barcellona durante l'ultimo sciopero generale, e attualmente restano in prigione con la motivazione che “podrìan reincidir”, potrebbero essere recidivi, dunque protestare di nuovo.
Proprio gli incidenti del 29 marzo a Barcellona sembrano aver fornito al governo il pretesto necessario per introdurre le nuove norme repressive. È a partire da allora infatti che l'esecutivo, assieme alla Giunta regionale della Catalogna, decise di promuovere riforme legislative per indurire la criminalizzazione di atti che qualificano come "guerriglia urbana" mossi da "gruppi anti-sistema radicali".
Nello spiegare ai giornalisti gli intenti dell'iniziativa, il ministro degli Interni spagnolo, Jorge Fernandez Diaz, ha descritto in anteprima alcune novità introdotte dalla riforma. Chiunque sia sorpreso a svolgere azioni che mirano ad "alterare gravemente l'ordine pubblico" potrà essere accusato di "coinvolgimento in organizzazione criminale".
Saranno parimenti considerate dei crimini le azioni che “si decidono attraverso qualsiasi mezzo, Internet o i social network, tese ad agire in modo coordinato per alterare l'ordine pubblico e provocare disordine con tecniche di guerriglia urbana”. “La sanzione minima per queste persone – ha continuato il ministro - sarà di due anni, di modo che i pubblici ministeri possono chiedere la detenzione preventiva e i giudici, nel caso, accordarla".

E non finisce qui. La riforma dell'esecutivo va ben oltre, e prevede anche l'introduzione del reato di disordine pubblico per chi faccia ingresso in edifici pubblici senza autorizzazione, "come nel caso delle occupazioni di agenzie e università, o per chi vi impedisca l'accesso, o infine chi produca danni, interruzioni o disturbi al regolare svolgimento di qualsiasi servizio pubblico". Tutte azioni comuni durante gli scioperi, quando si fa 'picchettaggio informativo' all'ingresso delle istituzioni o si bloccato gli accessi alle stazioni ferroviarie o alla metropolitana.
Un'altra iniziativa promossa dal governo è quella di includere fra i reati di violazione dell'autorità la resistenza attiva o passiva alle forze dell'ordine; un reato che se fosse stato in vigore durante la nascita del movimento degli indignados avrebbe permesso lo sgombero immediato di tutte le piazze di Spagna.
Ora, se analizziamo il provvedimento che il governo spagnolo si è detto intenzionato a prendere, ci accorgiamo che ci sono due aspetti della questione altrettanto preoccupanti. Il primo, più immediato, è relativo alle restrizioni del diritto di protestare, alla volontà di impedire ai cittadini di manifestare il proprio dissenso in forma organizzata
Ma è forse il secondo aspetto che deve far preoccupare di più gli spagnoli. Misure del genere, infatti, possono anche essere lette come una protezione preventiva da parte del governo in vista di prossime riforme difficili da sostenere per la popolazione. Chi si appresta dall'alto a calare la scure deve prima accertarsi che chi sta 'sotto' non abbia modo di difendersi, magari ribaltare la situazione. In quest'ottica le norme repressive che l'esecutivo dichiara di voler adottare potrebbero essere solo un mezzo per facilitare l'introduzione di misure ben più dure.
A.D.

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/crisi/spagna_rajoy_proteste_internet.html

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